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I più fortunati, gli addetti alla manutenzione dell’impianto, lavorano ancora anche se solo qualche giorno a settimana. Ma la maggior parte dei 68 dipendenti di Funivie spa, la “ferrovia aerea” di Savona che da più di un secolo trasporta carbone dal porto a Bragno scavallando l’Appennino, è in cassa integrazione da un anno e mezzo. E adesso dal 1° ottobre potrebbero scattare le procedure per la messa in liquidità dell’azienda, oggi in mano a un commissario straordinario, mettendo così a rischio il futuro di tutti i dipendenti. La cassa integrazione è garantita fino a novembre, e al momento non è stata rinnovata. “Ho 55 anni e due figli che vanno a scuola - racconta Paolo, dipendente di Funivie da 27 anni che ha partecipato al presidio unitario dei lavoratori organizzato dai sindacati Cgil, Cisl e Uil e dalle categorie Filt Cgil, Fit Cisl e Uil Trasporti sotto il palazzo della Provincia a Savona –. Qui siamo tutti persone non più giovani, abbiamo davanti un baratro”.
L’impianto è fermo dal 2019, dopo che i quattro piloni sono stati danneggiati dalle frane causate dal maltempo e mai più sistemati. “Chiediamo non solo il ripristino e la messa in sicurezza del sistema funiviario – spiegano Andrea Pasa, segretario generale Cgil Savona, e Fabrizio Castellani, segretario generale Filt Savona –, ma anche un nuovo progetto economicamente e ambientalmente sostenibile, che preveda l’utilizzo del trasporto su ferro e su fune”.
Quella della Funivie è una storia che parte dal secolo scorso. Un tracciato di 18 chilometri, con 520 metri di dislivello, per il trasporto del carbone sui mille “vagonetti” che partivano dal porto e arrivano fino a Bragno. Nei decenni ci sono state modifiche al percorso ma l’impianto è rimasto funzionante fino al 2019. Poi una serie di vicissitudini burocratiche, commissariamenti, crac delle aziende per arrivare al fallimento e alla restituzione delle concessioni e la sospensione dei fondi pubblici. Nei giorni scorsi l’annuncio della liquidazione dell’attività. “Incontreremo il commissario straordinario, ma il ministro delle Infrastrutture deve intervenire con un nuovo commissario per la gestione dell’impianto - concludono Pasa e Castellani –. È assurdo dire che a Savona servano più infrastrutture ma non si fa nulla per salvare questo impianto sostenibile anche dal punto di vista ambientale”.