PHOTO
Il federalismo fiscale, dopo parecchi anni di scontri politici e dopo l’approvazione in via preliminare dello scorso 11 settembre, è infine diventato un disegno di legge vero e proprio. Il Consiglio dei ministri stamattina aveva come unico punto all'ordine del giorno la riforma federale, e insieme al ddl delega è stato approvato il decreto legge che mette a disposizione dei comuni un miliardo e 310 milioni di euro (compresi i fondi per Roma capitale e per Catania) per riequilibrare i conti degli enti locali, compensando così l'abolizione dell'Ici e sbloccando il “fronte del no”, costituito da sindaci e amministrazioni locali di ogni colore politico. Ora il ddl si avvia ora a varcare le aule parlamentari. Come annunciato dal ministro per le Riforme Umberto Bossi, inizierà il suo cammino dal Senato ma, secondo il suo collega all’Economia Giulio Tremonti, ci vorranno almeno due anni per vederne gli effetti pratici.
Il documento. In un documento allegato al comunicato stampa diffuso oggi dal Consiglio dei ministri sono state esposte le linee guida del provvedimento. Vediamone i punti salienti. “Il disegno di legge – si legge nel documento - reca una delega per dare attuazione all'articolo 119 della Costituzione, con cui e' stata in particolare stabilita l'autonomia di entrata e di spesa di Comuni, Province, Citta' metropolitane e Regioni, con l'attribuzione a tali enti di tributi propri e di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibili al loro territorio, oltre ad un fondo perequativo statale, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacita' fiscale per abitante'. Con l'attuazione dell'articolo 119, in sostanza, sara' superato il sistema di finanza regionale e locale finora improntato a meccanismi di trasferimento, in cui le risorse finanziarie di Regioni ed enti locali non vengono stabilite e raccolte dagli enti che erogano i servizi ma derivano loro, in misura significativa, dallo Stato.
Autonomia impositiva e finanziamento. Finisce il sistema di finanza derivata, sulla base della spesa storica, e si passa gradualmente all'autonomia impositiva ed al criterio dei costi standard: al posto del finanziamento della spesa storica, si fara' riferimento ai costi corrispondenti ad una media buona amministrazione. Viene prevista, inoltre, l’autonomia di entrata e di spesa di Regioni ed enti locali. Ci saranno quindi tributi di cui le amministrazioni regionali e locali potranno determinare autonomamente i contenuti. Le Regioni disporranno, per il finanziamento delle spese connesse ai livelli essenziali delle prestazioni (sanita', istruzione, assistenza e trasporto pubblico locale), di tributi regionali da individuare, di una aliquota o addizionale Irpef, della compartecipazione regionale all'IVA e di quote specifiche del fondo perequativo. In via transitoria, poi, le spese saranno finanziate anche con il gettito dell'Irap fino alla data della sua sostituzione. Per le altre spese le Regioni disporranno infine di tributi propri, e i Comuni di tributi propri derivanti da tributi gia' erariali.
Garanzie per gli enti locali. I tributi degli enti locali saranno stabiliti dallo Stato o dalla Regione, in quanto titolari del potere legislativo, con garanzia di un significativo margine di flessibilita' e nel rispetto dell'autonomia propria dell'ente locale, che disporra' di compartecipazioni al gettito di tributi erariali e regionali a garanzia della sua stabilita'.
Citta' metropolitane e Roma capitale. Sono previste specifiche disposizioni per le aree metropolitane, la cui autonomia di entrata e di spesa dovra' essere commisurata alla complessita' delle piu' ampie funzioni. Con uno specifico decreto legislativo, inoltre, sara' disciplinata l'attribuzione delle risorse alla citta' di Roma, conseguenti al ruolo di “Capitale della Repubblica” e sara' poi disciplinata l'attribuzione a Roma di un proprio patrimonio. Il Consiglio dei Ministri ha gia' autorizzato la presentazione dei un apposito emendamento su questo procedimento.
Coordinamento dei diversi livelli di governo. Secondo il decreto del Cdm, dovra' essere garantita la trasparenza delle diverse capacita' fiscali per abitante prima e dopo la perequazione, in modo da rendere evidente i diversi flussi finanziari tra gli enti. Il testo stabilisce il concorso all'osservanza del patto di stabilita' per ciascuna Regione e ciascun ente locale nonche' l'introduzione a favore degli enti piu' virtuosi e meno virtuosi di un sistema premiante e di uno sanzionatorio'.
Attuazione dell'articolo 119 della Costituzione. Nel ddl delega è prevista una specifica disciplina per l'attribuzione di risorse aggiuntive ed interventi speciali in favore di determinati enti locali e Regioni. Gli interventi sono finanziati con contributi speciali dal bilancio dello Stato, con i finanziamenti dell'Unione europea e con i cofinanziamenti nazionali. E' prevista anche la possibilita' di forme di fiscalita' di sviluppo. Viene data inoltre attuazione al sesto comma dell'articolo 119 sul trasferimento di beni dallo Stato al patrimonio di Regioni ed enti locali'.
Regioni speciali. I decreti di attuazione dei rispettivi Statuti dovranno assicurare il concorso delle Regioni speciali al conseguimento degli obiettivi di perequazione e di solidarieta' ed all'esercizio dei diritti e doveri da essi derivanti. Specifiche modalita' saranno individuate per le Regioni a statuto speciale i cui livelli di reddito pro-capite siano inferiori alla media nazionale.
Salvaguardia zona Euro. L'attuazione della legge deve essere compatibile con gli impegni finanziari assunti con il patto europeo di stabilita' e crescita. Le maggiori risorse finanziarie rese disponibili a seguito della riduzione delle spese determineranno una riduzione della pressione fiscale dei diversi livelli di governo.