“L’accordo sindacale è centrale e il suo percorso inizia oggi”. Così il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli ha riassunto l’incontro in videoconferenza di stamani (martedì 22 dicembre), sull’ex Ilva, fra governo, sindacati, Invitalia e ArcelorMittal. Al termine di un’ora e mezzo di confronto, sono stati delineati tutti i temi riguardanti il piano industriale, che erano già stati illustrati nei summit precedenti, sfociati nell’accordo del 10 dicembre scorso che ha sancìto l’ingresso dello Stato nel capitale dell’azienda dell’acciaio. Non si registrano sostanziali novità, ma dopo lo start di oggi, la trattativa di merito inizierà a gennaio, il cui calendario verrà fissato al più presto, con una serie di approfondimenti tecnici.

Nel corso dell’incontro è stato presentato l’esito del confronto tra governo, ArcelorMittal e Invitalia in tutti questi mesi, per quanto riguarda l’accordo di coinvestimento e i relativi assetti societari che, peraltro, confermano le anticipazioni di queste settimane e la necessità che su di esso si esprima l’Antitrust europeo, sul cui parere tutti i soggetti presenti al tavolo si sono dichiarati ottimisti.

Dopo gli interventi dei ministri Patuanelli, Gualtieri (Economia) e Catalfo (Lavoro), è toccato all’amministratore delegato di Invitalia, Arcuri, riprendere le fila del negoziato, che ha portato all’accordo del 10 dicembre. La risalita produttiva dell’acciaieria inizierà già dal prossimo anno, è stato annunciato al tavolo. “Con l’intesa di due settimane fa - ha specificato l’ad – è stata designata Invitalia come soggetto pubblico. Obiettivo è ora quello di mettere a punto un piano di rilancio dell’impianto di Taranto per ottenere la piena occupazione, con un livello di sostenibilità ambientale compatibile. Ma anche recuperare profili di competitività che l’azienda aveva perso”.

A Taranto, in pratica, si farà un impianto europeo di acciaio ‘verde’ (forno elettrico e dri, cioè preridotto), aprendo una sorta di pagina nuova per la politica industriale italiana e per l’impianto pugliese. “In quello stabilimento, chiuderemo l’anno a 3,4 milioni di tonnellate di acciaio, ma nel 2021 prevediamo un aumento di produzione a circa 5 milioni, più del 50% rispetto alla situazione attuale", ha aggiunto Lucia Morselli, amministratore delegato di ArcelorMittal.

Sul piano industriale, è stata poi delineata la road map che attende ArcelorMittal nel nuovo assetto pubblico-privato: aumento della produzione con livelli minimi attuali per arrivare a regime di piano, nel 2025, a otto milioni di tonnellate di acciaio, partendo da cinque milioni l’anno prossimo. Un terzo della produzione a regime verrà da forno elettrico e alla fine è prevista la piena occupazione di tutti i 10.700 addetti. Gli investimenti saranno pari a 3,1 miliardi, dei quali 260 milioni per il forno elettrico, 900 milioni per i due impianti di preridotto, 1,3 miliardi per investimenti produttivi. 400 milioni a fini ambientali, che determineranno una sostanziale riduzione delle emissioni, pari addirittura al 75% in meno (per effetto dell’introduzione del forno elettrico e del Dri).

Positivo il commento dei sindacati sul negoziato odierno. “Il piano industriale è stato presentato nelle sue linee fondamentali con qualche elemento di dettaglio in più. Si conferma, anche sul piano, la sostanza delle anticipazioni, con un progetto di ridefinizione degli assetti del sito di Taranto, con un ciclo di produzione misto tra altoforni e forno elettrico, oltre alla realizzazione di due impianti di produzione Dri”, hanno affermato in una nota congiunta Francesca Re David e Gianni Venturi, rispettivamente segretaria generale Fiom e segretario nazionale Fiom, responsabile della siderurgia.

 


Anche riguardo all’aspetto occupazionale, ci sono novità: è stata garantita la piena occupazione per tutti i dipendenti, con una progressiva riduzione della cassa integrazione. “C’è però una differenza sostanziale rispetto all’accordo del 2018 e preoccupa l’allungamento dei tempi", aggiungono i due sindacalisti: "Ci troviamo di fronte a un piano che prevede uno slittamento di due anni, arrivando al 2025. L’accordo di due anni fa stabiliva il riassorbimento, da subito, di 10.700 lavoratori e il vincolo occupazionale per i 1.700 lavoratori in amministrazione straordinaria, presenti nel sito di Genova, dopo l’accordo di programma che ha portato alla chiusura dell’area a caldo”. Re David e Venturi così concludono: “I temi dell’innovazione, degli investimenti, della sostenibilità ambientale e delle ricadute occupazionali sono per noi tutti aperti e devono essere affrontati in un negoziato, una volta definita l’agenda degli incontri di gennaio”, hanno concluso i due dirigenti sindacali.