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All’ex Ilva altri mille addetti sono finiti in cassa integrazione. La motivazione addotta dal gruppo Arcelor Mittal è il perdurare dell’emergenza Covid. I sindacati non ci stanno e hanno chiesto al governo di intervenire. A Genova ieri nel tardo pomeriggio è scattato uno sciopero che si protrarrà, per ora, fino alle 7 di mattina di lunedì. Per quel giorno è stato indetto un presidio, l’appuntamento è davanti alla portineria. Il commento espresso nel comunicato delle rsu Fim Fiom e Uilm parla di “totale mancanza di un piano strategico del gruppo Arcelor Mittal Italia. Arcelor Mittal e Ilva in Amministrazione Straordinaria trattano, all'insaputa dei lavoratori, futuri assetti del gruppo in Italia e lasciano allo sbando la siderurgia, settore strategico della produzione nazionale. Le aree su cui è situata la siderurgia genovese, dove vige l'Accordo di Programma, non possono essere trascurate ed impoverite da una gestione schizofrenica”. Parole confermate dal segretario generale dei metalmeccanici della Cgil provinciale, Bruno Manganaro: “l’azienda, in modo secondo noi illegittimo, ieri alle tre del pomeriggio ci ha annunciato l’intenzione di proseguire la cassa integrazione Covid, mentre ormai da settimane siamo dentro a una ripresa di produzione, d’accordo anche con la Prefettura, operando tutte le sanificazioni e applicando le procedure corrette di lavoro. Siamo arrivati al punto che erano rientrati quasi 650 lavoratori su mille e invece l’azienda ha deciso questo passo indietro. Si riduce di nuovo la forza lavoro di 200 unità. A noi sembra una provocazione, ci sembra che questa mossa sia dentro a una strategia nazionale in cui l’azienda, dopo aver firmato quel protocollo segreto con il governo, non ha messo in campo alcun rilancio produttivo. Ci sarà anche la crisi, ci sarà anche l’emergenza sanitaria, ma mi sembra che stia utilizzando questi elementi per altri fini, o per ricattare il governo o abbandonare definitivamente. Noi non ci stiamo, ci sentiamo presi in giro, rifiutiamo questa misura e chiediamo che i lavoratori ripartano. Ci sono le condizioni e questa ci sembra una scelta industriale e politica che va al di là della situazione”. Cosa c’è davvero dietro a questa scelta di rinnovare la cassa covid quindi? “Sicuramente l’idea di risparmiare, di considerare l’Itaia, da parte del gruppo Mittal, qualcosa di negativo, arrivando anche a ipotizzare che si stiano preparando ad abbandonare gli stabilimenti del nostro Paese. Quindi se riescono ad ottenere dal governo ancora finanziamenti o la possibilità di individuare migliaia di esuberi, magari rimangono. Altrimenti abbandonano e, facendolo, lasciano il deserto: quindi chi verrà dopo avrà grandi difficoltà a far ripartire il tutto”. La lettura del leader della Fiom genovese parla di una strategia nazionale. Del resto i primi a scoprire le intenzioni del gruppo di prorogare gli ammortizzatori sociali erano stati i dipendenti di Taranto che ieri mattina ne sono venuti a conoscenza una volta giunti in fabbrica per il primo turno, quello delle 7. L’azienda glielo aveva comunicato a notte fonda e il loro badge era disattivato.
Anche nel sito di Novi Ligure, in provincia di Alessandria, da ieri impianti di fatto fermi: lavorano solo gli operai che servono per assicurare la manutenzione ordinaria.
Uno scenario preoccupante in una congiuntura di crisi mondiale.