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Il 2 marzo 1948 cade in contrada Raffo (Petralia Soprana), sulle Madonie, il capolega della Federterra Epifanio Li Puma, mezzadro e socialista. Il 1° aprile viene assassinato a Camporeale - al confine tra le province di Trapani e Palermo - il segretario della Camera del lavoro Calogero Cangelosi, anch’egli socialista.
Al centro, nel tempo e nello spazio, fra questi due delitti si colloca, il 10 marzo, l’assassinio di Placido Rizzotto, partigiano, socialista, segretario della Camera del lavoro di Corleone e dirigente delle lotte contadine.
Li Puma è freddato dai colpi di fucile provenienti da due uomini a cavallo mentre lavora il suo pezzo di terra davanti al figlio. Un omicidio efferato che va ad aggiungersi all’ampio corollario di morti nell’ambito del movimento operaio e contadino per mano della criminalità organizzata nel secondo dopoguerra siciliano.
Scriveva Girolamo Li Causi sulle colonne de l’Unità a pochi giorni dal suo assassinio, il 17 marzo 1948, esattamente una settimana dopo il rapimento di Placido Rizzotto:
Il 2 marzo a Petralia Soprana in provincia di Palermo, grosso comune al centro di una decina di borghi contadini, disseminati in una zona in cui impera sovrano il latifondo, mentre zappava il suo spezzone di terra, presente il figlio undicenne, veniva trucidato il vecchio compagno Epifanio Li Puma capo contadino che da 30 anni lottava contro i baroni, contro gli Sgadari, i Mocciari, i Pottino. Il delitto per ammissione stessa delle autorità, è politico: tutti sanno chi lo ha premeditato, organizzato ed eseguito. Anche la polizia lo sa. Li Puma veniva freddamente atterrato da due briganti della banda di Dino, banda che vive grazie alla complicità dei baroni che le assicurano ospitalità, sussistenza, protezione. Niente giustifica l’efferato delitto. Li Puma, padre di nove figli, contadino poverissimo aveva trascorso tutta la sua esistenza lavorando la terra, dirigendo la lega contadina di Petralia, organizzando la cooperativa “La Madre terra” che da tre anni è in lotta con i signori feudali per il possesso meno precario della terra, per più umane condizioni di esistenza. Dal Marchese proprietario, al campiere che indica ai banditi la vittima perché non sbaglino, ai sicari rotti ad ogni delitto la catena è limpida. Ma la polizia come già per altre decine di contadini capilega trucidati in questi ultimi mesi non vuole scoprire i mandanti e archivia le pratiche (…).
Nonostante ai funerali, a Petralia Soprana, saranno apertamente denunciati i mandanti dell’omicidio di Epifanio Li Puma, nessuno pagherà per la sua morte. Le indagini saranno archiviate e non si celebrerà mai nessun processo.
Il prezzo pagato dai sindacalisti
Raccontava Emanuele Macaluso in una bella intervista in occasione del 70° anniversario di Portella della Ginestra:
Non sono in molti a ricordarlo ma dall’inizio del 1947 e fino a prima dell’attentato erano stati ammazzati già tre sindacalisti: tutti uomini di valore, dirigenti e militanti del calibro di Accursio Miraglia, Pietro Macchiarella, Nunzio Sansone. Anche se va detto che le intimidazioni, quando non addirittura gli atti terroristici contro il movimento sindacale e i suoi leader erano cominciati nell’immediato dopoguerra, con l’attentato del 16 settembre ’44 a Girolamo Li Causi, all’epoca segretario del Pci siciliano, avvenuto durante un comizio a Villalba. Quel giorno io mi salvai per miracolo: ero al suo fianco e ricordo per filo e per segno gli attimi che fecero seguito alla sparatoria scatenata dagli uomini di don Calogero Vizzini, dove risultarono ferite 14 persone e in occasione della quale lo stesso Li Causi fu colpito a una gamba, un fatto che lo renderà claudicante per il resto della sua vita. A cadere sotto i colpi della mafia erano soprattutto sindacalisti della Cgil… Esclusivamente della Cgil! Unitaria fino al 1948, della Cgil post-scissione in seguito. Andrea Raja, Gaetano Guarino, Nicolò Azoti, erano tutti sindacalisti della Cgil e, in particolare, dirigenti del movimento contadino e bracciantile. E del resto furono compiuti soprattutto tra i capi delle lotte per la terra i primi omicidi della criminalità organizzata agli inizi del Novecento, da Luciano Nicoletti a Bernardino Verro, e nel tragico marzo-aprile del 1948, con gli efferati assassini di Epifanio Li Puma, Placido Rizzotto e Calogero Cangelosi”. “Quale era il nostro convincimento? Che era un prezzo da pagare…
“Per la Cgil e per le forze di progresso - scriverà anni dopo Carlo Ghezzi - la lotta alle mafie, alle violenze, a ogni forma di illegalità antica o nuova hanno sempre rappresentato una delle grandi priorità, quasi una precondizione per poter puntare ad avere un ruolo e a svolgere una funzione per uno sviluppo diverso del Paese. Un impegno per il quale sono stati pagati pesanti tributi, che però hanno saputo conferire grande spessore e grande concretezza alla capacità del sindacato di guidare anche nei momenti più difficili, contro la mafia e contro le diverse forme di criminalità organizzata, le forze migliori del Mezzogiorno e dell’Italia”.
Oggi come ieri.