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Il 27 novembre del 1980, a pochi giorni dal terremoto dell’Irpinia, Enrico Berlinguer, segretario del Partito Comunista Italiano, pronuncia nel corso di una riunione straordinaria della direzione del partito a Salerno una frase destinata a passare alla storia. “La questione morale - dirà - è divenuta oggi la questione nazionale più importante”.
In realtà il copyright del binomio linguistico non è interamente suo. Il primo a utilizzarlo - almeno nel dopoguerra (così si intitolava un vecchio scritto di Giuseppe Mazzini del 1886) - è in effetti Pietro Ingrao.
Il caso di Wilma Montesi1 scriveva in veste di giornalista su l’Unità nel 1953 - rappresenta “una seria questione morale” a causa di un “torbido settore di affari equivoci, di traffici di droga, di corruzione, che sconfina nel mondo politico ufficiale”.
Gli anni Ottanta
Quando Berlinguer parla di “questione morale” quasi trent’anni dopo il contesto è molto mutato, così come il significato che si attribuisce a quella categoria. Categoria concettuale oltre che linguistica che Berlinguer riprende il 28 luglio del 1981 rilasciando a Eugenio Scalfari un'intervista destinata a passare alla storia.
I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela: scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società e della gente, idee, ideali, programmi pochi o vaghi, sentimenti e passione civile, zero. Gestiscono interessi, i più disparati, i più contraddittori, talvolta anche loschi, comunque senza alcun rapporto con le esigenze e i bisogni umani emergenti, oppure distorcendoli, senza perseguire il bene comune. La loro stessa struttura organizzativa si è ormai conformata su questo modello, e non sono più organizzatori del popolo, formazioni che ne promuovono la maturazione civile e l’iniziativa: sono piuttosto federazioni di correnti, di camarille, ciascuna con un “boss” e dei “sotto-boss”. La carta geopolitica dei partiti è fatta di nomi e di luoghi. (…) I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le sue istituzioni, a partire dal governo. Hanno occupato gli enti locali, gli enti di previdenza, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali, gli ospedali, le università, la Rai TV, alcuni grandi giornali. Per esempio, oggi c’è il pericolo che il maggior quotidiano italiano, “il Corriere della Sera”, cada in mano di questo o quel partito o di una sua corrente, ma noi impediremo che un grande organo di stampa come il “Corriere” faccia una così brutta fine. Insomma, tutto è già lottizzato e spartito o si vorrebbe lottizzare e spartire. E il risultato è drammatico. Tutte le “operazioni” che le diverse istituzioni e i loro attuali dirigenti sono chiamati a compiere vengono viste prevalentemente in funzione dell’interesse del partito o della corrente o del clan cui si deve la carica. Un credito bancario viene concesso se è utile a questo fine, se procura vantaggi e rapporti di clientela; un’autorizzazione amministrativa viene data, un appalto viene aggiudicato, una cattedra viene assegnata, un’attrezzatura di laboratorio viene finanziata, se i beneficiari fanno atto di fedeltà al partito che procura quei vantaggi, anche quando si tratta soltanto di riconoscimenti dovuti (…) La questione morale non si esaurisce nel fatto che, essendoci dei ladri, dei corrotti, dei concussori in alte sfere della politica e dell’amministrazione, bisogna scovarli, bisogna denunciarli e bisogna metterli in galera. La questione morale, nell’Italia d’oggi, fa tutt’uno con l’occupazione dello stato da parte dei partiti governativi e delle loro correnti, fa tutt’uno con la guerra per bande, fa tutt’uno con la concezione della politica e con i metodi di governo di costoro, che vanno semplicemente abbandonati e superati. Ecco perché dico che la questione morale è il centro del problema italiano. Ecco perché gli altri partiti possono provare d’essere forze di serio rinnovamento soltanto se aggrediscono in pieno la questione morale andando alle sue cause politiche.
Le parole di Lama su Berlinguer
“Credo che la caratteristica dominante della sua personalità - affermava Luciano Lama su Rassegna Sindacale il 15 giugno 1984, pochi giorni dopo la sua morte - fosse una concezione morale molto alta della vita, ivi compresa quella politica. Aveva spiccato il senso del dovere che riguarda anche il militante di partito, l'uomo pubblico. Sentiva che la funzione di un uomo pubblico carico di tante responsabilità politiche deve accoppiarsi al senso morale della vita privata e pubblica, che purtroppo oggi non è molto frequente. Tutto questo spiega il suo impegno nel tenere alta nel partito e in Italia la cosiddetta questione morale. Era, poi, un uomo che credeva molto nelle sue idee, si batteva con durezza, era in certi momenti testardo, cocciuto. Però non era uno che in nome della propria verità rifiutava a priori il confronto e lo scontro. Era un vero democratico (…) Berlinguer era un uomo che sosteneva con forza l'idea dell'etica nella politica. Ci credeva davvero. Ci sono quelli che non vogliono proprio sentire parlare di etica, anzi stabiliscono due categorie diverse: uno è il campo della morale, l'altro il campo della politica. Quindi politica come carriera, come successo, come potere, forse anche come corruzione. Poi la morale. Bene: questa scissione lui proprio non l'accettava, era il rovescio esatto della concezione che aveva dell'integrità. Certo, capita spesso che chi ha questa concezione della vita politica viene definito integralista, moralista. Lo è veramente se pretende di fare agli altri la lezione che magari non applica alla propria persona, Del resto il rispetto è sincero anche da parte dei ladri. Non è vero che i ladri disprezzano gli onesti, non è vero che i corrotti disprezzano gli integerrimi. Alla base di questo sentimento di solidarietà, di dolore sincero, c'è un sentimento profondo che riguarda un uomo che aveva una diversità: quella di essere pulito, quella di mettere gli interessi personali al di sotto di quello che lui considerava il bene del paese”.
È anche per questo che Enrico Berlinguer ci manca. È anche per questo gli abbiamo voluto bene.
1 Il 9 aprile 1953 una giovane donna viene trovata cadavere sulla riva di Torvajanica. La sconosciuta è Wilma Montesi, aspirante attrice romana. Per gli inquirenti ha partecipato a una festa a base di droghe e sesso in un villino di Capocotta. Con lei, un parterre di personaggi molto influentitra i quali Piero Piccioni, figlio di Attilio, ministro degli Esteri del governo Alcide De Gasperi.