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“Avanti, dunque, compagni! - diceva Enrico Berlinguer aprendo i lavori del XIII Congresso nazionale del Pci e parlando ai 1.043 delegati, rappresentanti di 1.521.028 iscritti - Impegniamo in questa lotta tutte le forze nostre, che sono presenti in ogni dove: dalle fabbriche ai campi, dalle scuole agli uffici, agli stessi apparati statali; dai quartieri delle città ai più sperduti comuni; nel mondo del lavoro ed in quello artistico e culturale. E il nostro appello va anche a quei nostri compagni e fratelli emigrati costretti a cercare all’estero quel pane che le classi dirigenti hanno loro negato. È questo potenziale sterminato di energie che deve essere mobilitato, non soltanto per la prova elettorale che ci attende, ma per un obiettivo più ampio: quello di unire e organizzare i lavoratori italiani in classe dirigente, per costruire una nuova Italia, per avanzare, nella democrazia, verso il socialismo”.
Berlinguer manterrà la guida del Partito dal marzo 1972 fino alla sua morte, giunta improvvisa l’11 giugno 1984 a Padova, dove si trovava per un comizio pubblico in vista delle imminenti elezioni europee.
“Lavorate tutti - diceva quel giorno in quello che diventerà a tutti gli effetti un testamento - casa per casa, azienda per azienda, strada per strada, dialogando con i cittadini, con la fiducia per le battaglie che abbiamo fatto, per le proposte che presentiamo, per quello che siamo stati e siamo, è possibile conquistare nuovi e più vasti consensi alle nostre liste, alla nostra causa, che è la causa della pace, della libertà, del lavoro, del progresso della nostra civiltà!”.
“Se asciughiamo una lacrima - dirà Pajetta il giorno dei suoi funerali - è per veder chiaro. Ricordate le sue ultime parole: lavorate. Compagno Berlinguer sappiamo come vuoi essere ricordato, ce lo hai gridato a Padova, con un ultimo sforzo”.
Al funerale, a Roma il 13 giugno, partecipa circa un milione e mezzo di persone. Il corteo con la bara sfila dalla sede del Pci, in via delle Botteghe Oscure, a Piazza San Giovanni. Un lamento collettivo risuona in continuazione: “Enrico, Enrico”.
Scriveva Lietta Tornabuoni: “Nel chiaro leggero dell’aria serale nel vento fresco che muove migliaia di bandiere rosse in piazza San Giovanni, Pertini pallido e sfinito si piega a baciare la bara di Berlinguer. La gente lo chiama, lo applaude per tanto tempo, e l’onda del battimani è più forte delle note solenni della musica d’addio. Un milione e mezzo di persone, magari di più, impossibile contarle. Il segretario comunista ha avuto dopo la morte il suo comizio più grande, l’emozione più profonda e il consenso più vasto di tutta la vita. Una folla sterminata, addensata nella piazza ma unita anche nei cortei e altrove per l’intera città, venuta da tutta Italia: bandiere rosse, pugni chiusi levati, fiori rossi, striscioni, canti alti o sommessi. Grida: Enrico, Enrico. Fazzoletti rossi. Cartelli. Uno dice: La grande forza dell’uomo è il pensiero. Tu hai saputo pensare. Grazie, Enrico; altri ripetono con affettuosità familiare Ciao, Enrico; Addio è l’unica grande parola stampata in rosso su quella prima pagina de l’Unità che molti portano spiegata in mano o sul petto, come un emblema di lutto o un modo di espressione. Una immensa manifestazione di forza, disciplina e serietà: ma anche di una malinconia triste, solitaria e finale. Partita dalla sede del Partito comunista in via delle Botteghe Oscure, la bara nel furgone dalle pareti di cristallo, preceduta dalla musica, seguita dai familiari e dai compagni, soffocata di fiori, passa a fatica tra fitte pareti di gente commossa, e dal brutto palazzo rosso percorre uno scenario unico al mondo: il Campidoglio michelangiolesco e i Fori imperiali, le torri medievali e le colonne dei templi pagani e cristiani di Roma. Un corteo lunghissimo ma puntuale: è l’ora fissata anche dalla televisione le quattro e mezzo, quando arriva in piazza San Giovanni. Una piazza speciale: tra le più vaste della città, distesa in pendenza davanti alla basilica, limitata al fondo dalle antiche mura, da quarant’anni è la casa e il palcoscenico dell’emozione comunista, di vittorie, speranze e dolori del Partito”.
Il 17 giugno alle elezioni europee il Pci decide di lasciare Enrico Berlinguer come capolista. Il Partito comunista italiano raggiungerà il 33,3 per cento superando la Democrazia cristiana. Sarà questo l’ultimo regalo del segretario al suo partito, quel Partito che era riuscito a portare al suo massimo storico, quando nel 1976 il Pci era arrivato al 34,4 per cento.