Sei inquilini su 10 sono morosi, la metà lascia l’appartamento senza aver estinto i suoi debiti. In generale, più della metà degli affittuari è in ritardo con i pagamenti. I dati emergono dall’indagine dell’agenzia specializzata SoloAffitti, che ha costruito una banca dati ad hoc, entrando nel dettaglio dell’emergenza affitti.

L'inquilino insolvente è per lo più maschio (68,8 per cento) e ha un'età compresa tra i 40 e i 49 anni (31,7), mentre la morosità è decisamente più contenuta tra i giovani sotto i 30 anni (1,8 per cento) e gli over 70 (6,3).

Se si guarda all’entità dell’affitto, si scopre che l'insolvenza è maggiore nei contratti a basso costo. Il 63,9 per cento dei casi di insolvenza riguarda affitti inferiori a 500 euro al mese, mentre il 6,3 per cento degli inquilini morosi paga canoni superiori ai 750 euro.

40 per cento del reddito

“È il risultato di due anni di mancati interventi da parte di questo governo a favore della casa e delle politiche abitative – spiega Stefano Chiappelli, segretario generale del Sunia, il sindacato degli inquilini della Cgil -. Gli stipendi rimangono al palo mentre i canoni continuano a incidere in modo enorme sul reddito delle famiglie, arrivando a toccare punte del 40-50 per cento”.

Il che significa, stando alla definizione fornita dal Parlamento europeo, che le famiglie hanno un problema di alloggio: nel 2023 all’interno della Ue il 10,6 per cento dei nuclei residenti in zone urbane e il 7 per cento di quelli rurali ha visto i costi abitativi superare il 40 per cento del reddito disponibile. Che cosa comporta questo? Che non riescono a pagare, anche quando gli affitti sono inferiori a 500 o 700 euro. Non è un caso che il 6,3 per cento degli inquilini morosi paga canoni superiori ai 750 euro.

Problema domanda-offerta

Una situazione che è aggravata, secondo l’indagine di SoloAffitti, dal forte squilibrio esistente tra la crescente domanda di case in affitto, pari a più 229 per cento nell'ultimo anno, e un'offerta che non riesce a soddisfare la richiesta.

“Il problema, dicono, è che c’è una parte dei proprietari che non affitta perché ha paura che l’inquilino non vada più via dall’appartamento, che sia insolvente o che ci sia un blocco degli sfratti, come accaduto nel periodo del Covid – riprende Chiappelli -. A parte che il blocco è stato un provvedimento limitato nel tempo e legato alla pandemia, la vera questione è che gli inquilini non ce la fanno a fare fronte a tutto, spese, bollette, oneri. Per questo si arretrano. È anche vero che gli sfratti diminuiscono, ma questo sta accadendo perché si riduce il numero degli alloggi con contratti di lunga durata, sempre più presi e gestiti dalle piattaforme per gli affitti turistici. La ricerca dell’Agenzia delle entrate lo dice chiaramente”.

Affitti brevi in Europa

Il fenomeno riguarda tutta l’Europa. Secondo l’Eurostat, nel 2023 sono state prenotate 719 milioni di notti nei Paesi Ue tramite le quattro grandi piattaforme di prenotazione online, Airbnb, Booking, Expedia Group e Tripadvisor, con una crescita superiore al 20 per cento rispetto all’anno precedente. Ogni notte, quindi, quasi due milioni di persone hanno soggiornato in alloggi a breve termine. A guidare la classifica delle mete che nel 2023 hanno fatto registrare più presenze, c’è Parigi con quasi 20 milioni di ospiti, seguita da Roma con 12 milioni e mezzo di notti prenotate sulle piattaforme on line, Barcellona, 10,9 milioni, Lisbona, 10,5 milioni, Milano al sesto posto con quasi 7 milioni di ospiti.

Il boom italiano

E in Italia? Complice una fiscalità di enorme vantaggio e nessuna limitazione ai valori dei canoni applicati, dal 2019 a oggi quasi 110 mila interi alloggi della piccola proprietà non sono più disponibili per la locazione residenziale e oltre 120 mila sono stati sottratti alla locazione di lungo periodo (contratti superiori ai 3 anni; fonte Osservatorio del mercato immobiliare dell’Agenzia delle entrate).

Nessun sostegno

“Nonostante la grave emergenza abitativa che stiamo vivendo, anche questa volta la manovra di bilancio non prevede alcuna misura concreta per affrontare il crescente disagio di milioni di cittadini – aggiunge Chiappelli -. Ancora una volta non vengono rifinanziati i fondi di sostegno all’affitto e per la morosità incolpevole, non ci sono risorse per recuperare il patrimonio di edilizia pubblica né quelle per dare ai Comuni la possibilità di affrontare il disagio delle famiglie, e neppure si mette mano a una regolamentazione degli affitti brevi. A parte un benefit per chi decide di abitare a cento chilometri dalla sede di lavoro, non c’è niente”.

Rischio decreto Sicurezza

Anzi, una novità l’ha introdotta questo governo, fanno notare dal Sunia, ma è negativa e preoccupante: nel decreto Sicurezza all’articolo 8 c’è un inasprimento delle pene da 2 a 7 anni per chi non ha un contratto regolare. “Il rischio è che finiscano in quella fattispecie le famiglie che hanno un contratto scaduto e uno sfratto in corso – conclude Chiappelli -, ma pagano un compenso come indennità di occupazione senza titolo. Chiediamo di ritirare il decreto e in particolare questa previsione”.