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Il 29 luglio 1976 Tina Anselmi viene nominata - prima donna nella storia d’Italia - ministra del Lavoro e della Previdenza sociale nel terzo governo Andreotti. Dirigente del sindacato dei tessili dal 1945 al 1948 e del sindacato degli insegnanti elementari dal 1948 al 1955, la partigiana Gabriella è, dal 1958 al 1964, incaricata nazionale dei giovani nella Democrazia cristiana. Deputata dal 1968 al 1992, dal 29 luglio 1976 è ministra del Lavoro e della previdenza sociale nel governo Andreotti III. Dopo l’esperienza al Ministero del lavoro, è nominata ministro della sanità nei governi Andreotti IV e V.
Nel 1981, nel corso della VIII legislatura, viene nominata presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulla Loggia massonica P2 di Licio Gelli. Riceve nel 2009 il Premio Articolo 3 per il 2008 come “riconoscimento all’attività svolta durante tutta una vita spesa - anche a rischio della medesima - al servizio della libertà e dei valori di uguaglianza sanciti proprio dall’articolo 3 della nostra Carta Costituzionale”.
Definita dai suoi compagni di partito la “Tina vagante” per la sua indipendenza e imprevedibilità, Tina Anselmi è una delle tante donne che hanno cambiato - con fatica e determinazione - la storia del nostro Paese. La prima opportunità di accesso alle donne alla partecipazione politica sono le elezioni amministrative del 10 marzo 1946 che vedono una partecipazione di massa delle donne con una affluenza superiore all’89%. In quella occasione vengono elette circa 2000 candidate nei consigli comunali, di cui la maggior parte in liste di sinistra.
“Le italiane - scriverà Tina Anselmi - fin dalle prime elezioni, parteciparono in numero maggiore degli uomini, spazzando via le tante paure di chi temeva che fosse rischioso dare a noi il diritto di voto perché non eravamo sufficientemente emancipate. Non eravamo pronte. Il tempo delle donne è stato sempre un enigma per gli uomini. E tuttora vedo con dispiacere che per noi gli esami non sono ancora finiti. Come se essere maschio fosse un lasciapassare per la consapevolezza democratica!”.
Nel 1977 Tina sarà tra i primi firmatari della legge italiana che apriva alla parità salariale e di trattamento nei luoghi di lavoro, nell’ottica di abolire le discriminazioni di genere fra uomo e donna. “(…) la disoccupazione femminile - diceva nell’occasione - si mantiene costantemente più elevata della disoccupazione maschile; (…) le donne, insieme ai giovani, rappresentano la quasi totalità degli impiegati nel lavoro nero (…) le donne sono occupate in numero notevole in attività marginali, stagionali e temporanee (…) il tasso specifico di attività femminile, anche se non diminuisce in modo rilevante, resta comunque fermo rispetto ad una ricerca di occupazione in continuo aumento”.
Dopo l’esperienza al ministero del Lavoro, la partigiana Gabriella sarà anche ministra della sanità nei governi Andreotti IV e V. Proprio in questo periodo la legge 23 dicembre 1978, n. 833 istituirà il Servizio Sanitario Nazionale. Profondamente credente, impronterà la sua attività politica sul principio della laicità, firmando nel 1978, in qualità di Ministro della Salute, la Legge 194 per l’interruzione volontaria della gravidanza.
Sarà più volte proposta come auspicabile candidata alla Presidenza della Repubblica e nel 2006 il blog Tina Anselmi al Quirinale enuncerà dieci ragioni per candidarla: “(…) Per il suo impegno nella liberazione dal fascismo e successivamente nell’opera di ricostruzione politica e sociale dell’Italia; Per i risultati che ha raggiunto nel corso della sua carriera politica attraverso incarichi di governo e istituzionali; Per le doti di equilibrio e dirittura morale, d’intransigenza istituzionale che le hanno fatto guadagnare il consenso più ampio e disinteressato di tutte le parti politiche; Per l’impegno che ha profuso fuori dagli incarichi politici per promuovere una cultura di pace e di giustizia sociale; Per aver esaltato il ruolo della donna nella politica e nella società, attraverso il suo esempio di vita e la sua attività politica (si deve a lei la legge sulle pari opportunità); Perché rappresenta la memoria dell’antifascismo, un valore fondamentale su cui si è costruita la storia dell’Italia contemporanea e che oggi rischia di essere sottovalutato; (…) Perché scegliere una donna al Quirinale è un forte segnale di apertura e cambiamento”.
Un forte segnale di apertura e cambiamento che, fiduciose, ancora attendiamo.