"Da morto, don Peppino è riuscito a fare i miracoli che aveva provato a fare in vita". A parlare è Pasquale Corvino, animatore di una delle cooperative nate a Casal di Principe, in provincia di Caserta, sui beni confiscati alla camorra. Realtà che creano lavoro, offrono occasioni di socialità ai cittadini più svantaggiati, promuovono il territorio. Per questa comunità, il primo passo del cambiamento è avvenuto proprio dopo l'omicidio di don Peppe Diana. "Un atto di una violenza inaudita che ha toccato nel profondo la coscienza collettiva".
"Prima che un prete e uno scout – ricorda Pasquale Corvino – don Peppino era un uomo. Un uomo schietto che credeva nelle proprie idee. Quando alla fine degli anni Ottanta iniziò il flusso delle migrazioni, fu tra i primi a organizzare gli immigrati, andando contro la mentalità locale dell'epoca. Riusciva a creare rapporti umani fortissimi".
Pasquale ha frequentato le scuole elementari con Peppino e sorride mentre lo descrive come un bambino molto vivace. "Da ragazzi ci incontravamo negli unici posti di Casal di Principe in cui era possibile: il cinema e i bar. Condividevamo una grande passione per la musica: per un periodo, con altri amici, ci piaceva frequentare i festival dell'Unità. Memorabile quella volta che andammo a Roma per ascoltare Bob Dylan e Santana". E così conclude: "Quando è stato ucciso, la reazione dei casalesi è stata veramente forte perché don Peppino era un figlio di Casal di Principe e a quella comunità aveva dato tutto se stesso".