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Oggi è la festa della polizia, quale occasione migliore per osservare il decreto con gli occhi di un poliziotto. Uno di quelli che ha fatto indagini, che è stato per le strade delle nostre città per contribuire – per davvero – a creare sicurezza per i cittadini e le cittadine. Uno di quelli che la lotta alla criminalità organizzata l’ha fatta per davvero.
Molto critico è il segretario generale del Silp Pietro Colapietro sul decreto sicurezza. Innanzitutto, non vi è alcuna ragione di necessità e urgenza che giustifichi la trasformazione del disegno di legge in decreto. E la motivazione che così si introducono nell’ordinamento norme a favore delle forze dell’ordine non corrisponde al vero. Di nuovo c’è solo che la tutela legale passa da 5 a 10 mila euro, per il resto tutto rimane come prima. Certo non è così che si costruiscono condizioni di lavoro dignitose per gli uomini e per le donne delle forze dell’ordine, né si garantisce sicurezza ai cittadini e alle cittadine.


Nell’annunciare il decreto sicurezza il governo ha insistito su tutti i provvedimenti che riguardano le forze di polizia, dalle tutele per gli agenti all’assistenza legale. Il dl è un passo avanti?
Assolutamente no, rappresenta l'ennesimo tentativo di porre l'attenzione su una categoria, ma di fatto non cambia nulla. La tutela legale è un istituto che già esiste, l’unica novità è l’aumento a 10 mila euro della somma a disposizione per l’eventuale tutela legale, ma la possibilità di accedere a tale somma è remota perché la procedura è assai farraginosa. Quindi molti di noi non riusciranno mai ad avere quel beneficio che, ripeto, già esiste.
E che dire dell’enfasi che il governo ha posto nel presentare il provvedimento?
Qui vedo un rischio gravissimo: l'eccessiva enfasi che hanno voluto dare al decreto, ponendo la maggioranza di governo come l’unica “a favore” delle forze dell’ordine, rischia di alimentare una percezione di impunità che mina la fiducia dei cittadini nelle istituzioni. Anche dal punto di vista del messaggio hanno sbagliato. Questo può addirittura esacerbare le tensioni sociali, aumentare il rischio di attacchi contro le forze dell'ordine. Ripeto: di fronte a qualcosa che già esiste, hanno messo un di più economico sapendo che poi è difficile da ottenere.
Cosa, invece, sarebbe utile?
Bisognava intervenire sul “regolamento di disciplina” che è vecchio di 40 anni e non è più adeguato. Ma non è un caso che non si voglia metter mano al regolamento: è improntato a una concezione fortemente gerarchizzata e poco democratica, di certo non è interesse di questo governo cambiarlo.
Insomma, è un’operazione di facciata…
Senza dubbio. Per di più facendo intendere che esiste chi è favore delle forze dell’ordine e chi no: questo è un pericoloso, genera uno scollamento nel rapporto di terzietà, di neutralità della polizia. Le forze dell'ordine sono di tutti e devono anche apparire tali. Le operazioni che il governo sta facendo tendono a scollare le forze dell'ordine dai cittadini: in un contesto sociopolitico così delicato questo genera un problema in più, complicando il rapporto tra forze dell'ordine e cittadinanza.
Sul resto del decreto, qual è il tuo giudizio?
Il resto del decreto serve più al governo che ai poliziotti. Non c'è una misura che possiamo ritenere utile al lavoro che svolgiamo. Un esempio? L'aumento di alcune pene relative per i reati nei confronti degli anziani non serve. Davvero possiamo credere che quello serva come deterrente? Assolutamente no. Dovremmo mettere al sicuro l'anziano attraverso una protezione, affrontando il problema di solitudine, di isolamento, in accordo con i servizi sociali, andandoli a trovare e con una preparazione adeguata per evitare le truffe. Chi truffa l’anziano non si lascia fermare dal rischio di due mesi di carcere in più.
E riguardo i provvedimenti sui minori?
Dal “decreto Caivano” in poi, le politiche repressive sono servite soltanto a una cosa: l’aumento dei ragazzi e delle ragazze negli Ipm. Stiamo parlando di numeri drammatici, il 37 per cento di reclusi in più. Contemporaneamente è stato destrutturato l’istituto della messa in prova come pena alternativa, che si fondava su un percorso educativo che serviva al minore. Il poliziotto, in altri termini, svolge o dovrebbe svolgere una missione di aiuto, di soccorso nei confronti dei più fragili, oltre che di prevenzione e contrasto effettivo alla criminalità.
Cos’altro non ti convince?
Le intercettazioni telefoniche ridotte a 45 giorni sono un vero problema. Tutti sappiamo che in 45 giorni non riusciamo nemmeno a capire da dove partire a fare indagini. Riguardo poi i provvedimenti sulla corruzione, l'abuso d’ufficio e i reati definiti satelliti, non solo non si contrasta la criminalità organizzata, ma si corre il rischio di favorirla. Siamo di fronte a un vero mancato investimento, non solo economico ma normativo e di strumenti, nella lotta di contrasto alla criminalità, e si sposta l’attenzione su altro.
Ad esempio sull’immigrazione…
Ci sono 12 mila poliziotti e poliziotte impegnati sul fronte dell'immigrazione, svolgono molto lavoro burocratico che potrebbe essere benissimo fatto da altri perché il problema dell'immigrazione non è un problema di emergenza. Il governo, invece, vuole dare carattere emergenziale al fenomeno, affrontandolo solo con la repressione, distogliendo personale dal lavoro che, per antonomasia, dovrebbe essere di prevenzione e contrasto alla criminalità. Ecco, mentre si contrabbandano per nuovi provvedimenti quelli già esistenti, il governo non interviene per affrontare le vere emergenze.
A cosa ti riferisci?
Oggi in questi in questi due settori, prevenzione e contrasto alla criminalità, siamo assolutamente carenti. A questo occorre aggiungere la strutturale carenza di personale, il fatto che non ci sono concorsi, non ci sono scorrimenti di graduatorie, non ci sono le risorse sufficienti per finanziare una sicurezza partecipata, per finanziare chi svolge questo lavoro. Prendiamo lo straordinario: siamo obbligati a farlo, viene remunerato pochissimo e per di più pagato a distanza di 22 mesi, quasi due anni. Tutto questo è inaccettabile. Il decreto sicurezza contiene contemporaneamente norme a effetto placebo e a effetto mediatico.
Segretario, allora, come definire questo decreto?
Molte norme, compresa quella sui blocchi stradali o sulle proteste nelle carceri, sono lontane da una concezione democratica della sicurezza, partecipata, inclusiva. Il decreto limita di fatto spazi di libertà e non serve a dare efficienza alla macchina, dignità a chi svolge questo lavoro, non serve a contrastare la criminalità organizzata. Lo ritengo controproducente, serve probabilmente al governo per distrarre l'attenzione da altri problemi. E tanto meno c’era la necessità di una decretazione di urgenza, non c’era alcuna ragione per trasformare il ddl in dl. Per costruire sicurezza serve migliorare le condizioni di vita dei lavoratori e delle lavoratrici delle forze dell’ordine, occorre metterli in condizione di svolgere quella professione bellissima che è di vicinanza soprattutto agli ultimi, ai meno abbienti. Queste norme vanno invece a contrastare il disagio, i giovani, i minori, e questo per un poliziotto non può che essere mortificante.