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Secondo i dati Istat a giugno 2020 il calo degli occupati rispetto a giugno 2019 è di 752 mila unità. Si tratta di un calo straordinario che in un solo anno fa scendere il tasso di occupazione al 57,5%. Se poi consideriamo solo il dato a partire da febbraio, il mese precedente al lockdown, il calo dell’occupazione è di 600 mila unità.
Anche mensilmente gli occupati continuano a calare (-46 mila rispetto a maggio), nonostante la ripresa di molte attività. Occorre tenere presente la gravità di questi dati, nonostante il blocco dei licenziamenti e l’altissimo ricorso alla Cig, altrimenti il risultato sarebbe stato disastroso. Motivo per cui queste misure devono continuare.
Il numero totale degli occupati torna indietro di diversi anni, a 22 milioni 700 mila unità. La diminuzione annua di 613 mila dipendenti è prevalentemente basata sul calo di 548 mila contratti a termine, nonostante a giugno la diminuzione di questa tipologia contrattuale abbia fatto registrare una battuta d’arresto. Si conferma che chi ha pagato prima gli effetti della crisi sono i precari, con i contratti in scadenza che non sono stati rinnovati. Anche il calo degli indipendenti (140 mila unità annue) è presumibile che riguardi in modo significativo chi è economicamente dipendente da un unico committente.
L’aumento mensile dei disoccupati è di 149 mila unità. Per il secondo mese consecutivo si inizia consistentemente a riassorbire il travaso con una inattività che resta ancora a numeri record (+899 mila) nell’ultimo anno. Purtroppo nei prossimi mesi la disoccupazione salirà molto, come previsto da tutte le statistiche, passando dall’attuale 8,8 a oltre l’11%.
Anche a giugno va evidenziato che l’occupazione, sia su base annua che mensile, cala nelle classi di età comprese tra i 15 e 49 anni, con un picco di -437mila occupati fra 35 e 49 anni. Si mantiene invece una crescita, seppur attenuata, fra gli over 50, con conseguente invecchiamento della popolazione lavorativa. È molto preoccupante il fatto che le donne registrino un così forte calo di occupati nel mese di giugno, e che continui ad aumentare l’inattività. I giovani tra i 15 e i 24 anni fanno registrare una percentuale doppia o tripla di calo dell’occupazione rispetto alle altre fasce di età fino a 49 anni.
I dati, insomma, continuano a confermare l’effetto drammatico e pervasivo della pandemia sul lavoro, nonostante la “ripresina” produttiva in atto. E confermano anche tutti i problemi esistenti nei sistemi di produzione e nei meccanismi di sviluppo italiano. Le scelte delle prossime settimane dovranno dunque ancor più coniugare l’emergenza con le prospettive di un nuovo sviluppo.
Mentre si programma il recovery plan, e verificato che con lo scostamento di bilancio di agosto è confermato il ricorso alla cassa integrazione e il blocco dei licenziamenti, tutte le risorse disponibili devono essere immediatamente impiegate in progetti e attività cantierabili che diano fiato a una ripresa produttiva che le imprese non in crisi devono però sostenere in maniera molto più forte rispetto ai mesi passati.
Fulvio Fammoni, presidente della Fondazione Di Vittorio