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Lo scorso anno scolastico gli alunni con disabilità che hanno frequentato le nostre aule sono stati quasi 338 mila, rappresentando il 4,1% del totale degli iscritti e 21 mila in più rispetto all’anno precedente. E se è vero che il numero degli insegnanti di sostegno è aumentato del 10%, il dato grave è che uno su tre arriva dalle graduatorie comuni, cioè non ha la specializzazione. Questa – e altre criticità – viene segnalata dall’ultimo rapporto Istat “L’inclusione scolastica degli alunni con disabilità. Anno 2022-2023”.
La questione degli organici
Organico di diritto e di fatto: è uno dei problemi annosi della scuola italiana che si fa sentire ancor di più in un contesto così “sensibile”. In organico di diritto gli insegnanti di sostegno, ricorda Manuela Calza, segretaria nazionale Flc Cgil, sono 126.170 mila e questo grazie a una stabilizzazione avvenuta negli anni.
Tuttavia ce ne sono altrettanti che vengono poi assegnati in deroga durante l’anno scolastico per necessità sopravvenute: nuove certificazioni, aggravamenti di situazioni di disabilità o ricorsi ai Tar delle famiglie che chiedono più ore: “Questa situazione spalanca le porte alla precarietà e spesso queste deroghe vengono attivate ad anno abbondantemente avviato, il che ovviamente dal punto di vista pedagogico e didattico non va bene”, commenta la dirigente della Flc.
Un dato, questo, che ci sottolinea anche il rapporto dell’Istat: il 12% dei docenti viene assegnato in ritardo. A pesare sul sistema è anche una forte discontinuità nella didattica: il 60% degli alunni con disabilità cambia insegnante per il sostegno da un anno all’altro, il 9% nel corso dello stesso anno scolastico.
Quanto ai numeri, è vero che l’Istat parla di un rapporto di 1,6 alunni per insegnante (migliore di quello previsto dalla legge 244/2007, che è 2), ma questa proporzione si determina grazie ai posti in deroga (con tutte le inefficienza sopra segnalate) altrimenti saremmo a 2,5: cioè meno di quanto previsto dalle norme.
Pochi specializzati
La seconda grande questione che rischia di mettere a rischio un modello di inclusione efficace risiede nel fatto che un terzo degli insegnanti (67 mila) non sono specializzati, vengono cioè dalle graduatorie comuni, anche tra i 126 mila in organico di diritto, perché spesso non ci sono sufficienti insegnanti con il titolo. Un fenomeno, scrive l’Istat, più frequente nelle regioni del Nord, dove la quota di insegnanti curricolari che svolge attività di sostegno sale al 42%, mentre si riduce al 15% nel Mezzogiorno.
Strumentazione tecnologica spesso inadeguata
Più di una scuola su quattro definisce insufficiente la dotazione di postazioni informatiche adatte agli alunni con disabilità. Una carenza che aumenta nel Mezzogiorno dove una scuola su tre segnala tale problematica. Anche gli ausili didattici non sono sempre adeguati: il 7,3% degli studenti, infatti, non ne dispone. Si sale al 15% per i sistemi informatici per la lettura e lo studio e al 18% per i software che sostengono il potenziamento delle abilità di base. A soffrire di più di questa carenza è il Mezzogiorno (8,7%), mentre nelle scuole del Nord siamo al 5,9%.
“Questo tipo di dotazioni sono certamente importanti – commenta la sindacalista – ma non credo che la tecnologia possa essere la soluzione. L’inclusione si fa con personale stabile e adeguatamente formato, a cui vanno certamente forniti gli ausili necessari, e, ovviamente, anche con spazi adeguati”.
Il buco nero dell’edilizia
E anche su questo aspetto i dati resi noti dal rapporto Istat non sono affatto incoraggianti, anche se purtroppo non sorprendono. Solo una scuola italiana su tre, infatti, è pienamente accessibile per gli alunni con disabilità, con percentuali ancora peggiori al Sud. Nel 50% dei casi manca un ascensore o un ascensore adatto al trasporto delle persone con disabilità. Troppe anche le scuole sprovviste di servo scala interno (35%), bagni a norma (26%) o rampe interne per il superamento dei dislivelli (24%).
E, ancora, solo il 17% delle scuole dispone di segnalazioni visive per studenti con sordità o ipoacusia mentre le mappe a rilievo e i percorsi tattili sono presenti solo nell’1,2% delle scuole.
Dulcis in fundo, nonostante questa situazione, solo l’11% delle scuole ha effettuato nel corso dell’anno scolastico lavori per abbattere le barriere architettoniche.
“Sono dati inquietanti – chiosa Calza –. Si possono avere le migliori tecnologie, i migliori computer, ma se un ragazzo o una ragazza non possono andare in bagno o comunque muoversi liberamente all’interno dell’edificio, è molto difficile parlare di inclusione”.
Un modello da difendere
Insomma, le criticità sono tante. Tuttavia non va dimenticato, conclude Calza, “che il modello italiano di inclusione degli alunni con disabilità è un unicum nel mondo e va difeso e valorizzato. Migliorato, senz’altro, ma difeso nel suo assunto più importante e cioè che il docente di sostegno assegnato è un esperto di pedagogia speciale e di didattica che rappresenta un valore aggiunto per tutta la comunità scolastica e non solo per il ragazzo o la ragazza disabile”. Un’idea avanzatissima di inclusione in cui, una volta tanto, l’Italia rappresenta un’eccellenza, ma le eccellenze, se non le si nutre, rischiano di non essere più tali.