Dopo la piazza, il contrasto al decreto legge sicurezza arriva in Commissione Giustizia. La Cgil ha voluto esprimere tutta la sa contrarietà sia nel metodo che nel merito. Non ha usato mezze parole la segretaria confederale Lara Ghiglione nel dire che la trasformazione del disegno di legge in decreto è “un abuso della decretazione d’urgenza, motivata da pretestuose ragioni emergenziali”. Questo procedimento esclude di fatto “il confronto parlamentare e mina le basi dello Stato di diritto”. Inoltre, le criticità già evidenziate da giuristi e accademici nella fase di discussione del ddl “sono state ignorate, nonostante fossero emerse incongruenze, antinomie giuridiche e norme in contrasto con la Costituzione”.

Repressione al posto di prevenzione

Il decreto sostituisce politiche di inclusione sociale e prevenzione del disagio con misure repressive che colpiscono poveri, migranti, emarginati e lavoratori. Il risultato “è una militarizzazione dei rapporti sociali e un uso distorto del concetto di legalità, che finisce per reprimere le rivendicazioni legittime e le forme pacifiche di dissenso”, sottolinea Ghiglione.

Tra gli articoli più gravi, secondo la Cgil, vi sono il 12, 13, 14, 19 e 20, che limitano drasticamente il diritto di sciopero e introducono nuovi reati legati a manifestazioni pubbliche, come il blocco stradale e ferroviario. “Una scelta che criminalizza il conflitto sociale, specie nei settori già duramente colpiti dalla crisi, come logistica, commercio e industria”.

Più carcere, meno diritti

Il sindacato sottolinea anche l’allarmante inasprimento delle pene e l’introduzione di nuove fattispecie penali, spesso formulate in modo vago, che violano i principi di tipicità e proporzionalità. Colpiscono in particolare le norme che criminalizzano la resistenza passiva nei centri di detenzione e nelle carceri, fino a punire le donne incinte o con figli con la reclusione o l’allontanamento come sanzione disciplinare.

“Invece di affrontare il sovraffollamento carcerario o il mancato rispetto dei diritti umani, – continua Ghiglione – il governo introduce nuove aggravanti e reati, aggravando il contenzioso giudiziario e disattendendo l’obiettivo dichiarato della riforma della giustizia”.

Il paradosso della “sicurezza armata”

Il decreto prevede anche la possibilità per le forze dell’ordine di portare l’arma fuori dal servizio. Una misura che, secondo la Cgil, non aumenta la sicurezza ma espone a nuovi rischi, delegittimando il principio per cui la sicurezza pubblica deve rimanere nelle mani dello Stato, non essere privatizzata. Allo stesso tempo, nulla viene fatto per migliorare le condizioni di lavoro degli operatori della sicurezza, penalizzati da carenze di organico, risorse e da contratti inadeguati.

La vera sicurezza è giustizia sociale

Per Ghiglione “la vera sicurezza non si costruisce con manganelli e manette, ma investendo su lavoro stabile e ben retribuito, sanità, scuola, trasporti, cultura e lotta alla marginalità sociale”. Il dl 48/2025, al contrario, “reprime i deboli e assolve i potenti. Colpisce chi protesta e tutela chi evade o sfrutta, invertendo i principi di giustizia”. Di fronte a questa deriva, la Cgil promette battaglia su tutti i fronti democratici e costituzionali.