“L'Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme. Essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino una solidarietà di fatto”.

Mai quanto in questo momento risuonano attuali le parole con cui Robert Schuman ha aperto la sua dichiarazione il 9 maggio di 70 anni fa. Solidarietà, uguaglianza, condizioni uguali per tutti, sono le parole che ripete nel suo intervento gettando le basi per la costruzione della futura Unione europea.

E parlando di solidarietà, non posso non ringraziare tutte le onge le Associazioni presenti, in rappresentanza di tutti i movimenti impegnati ad aiutare i nostri cittadini, europei e non europei.

L´Europa, reduce da una terribile guerra che aveva lasciato macerie e ferite profonde, morali e materiali, nella popolazione, risorge grazie alla lungimiranza politica di grandi leaders.

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E come Europa

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Uomini che ripartono rimettendo in ordine semplici concetti per rendere robusta la costruzione europea. In primo luogo per realizzare uno spazio di pace e cooperazione fra Nazioni che da sempre hanno combattuto le une contro le altre.

L´Unione europea ha 70 anni ed ha vissuto già momenti difficili. E lo sono stati anche gli ultimi anni, con la dirompente crisi economica del 2008, dalla quale siamo usciti con grande difficoltà; con la Brexit che ha portato al recesso di uno Stato Membro; con l’attuale pandemia che sta mettendo in ginocchio l'economia dei singoli Stati e dell’Europa nel suo insieme.

La crisi attuale é forse la più profonda che ci troviamo ad affrontare perché riguarda tutti, nessuno escluso, e dimostra ancora di più quanto ormai siamo dipendenti gli uni dagli altri.

Siamo il più grande mercato mondiale, abbiamo economie profondamente interconnesse tra loro e i problemi di un paese si riflettono su tutti gli altri.

Questa crisi ci sta insegnando che solo insieme si può ripartire. Il Covid ha messo a nudo le certezze di chi pensava che poteva farcela da solo. Questa prova ha infranto questa prospettiva.  L'unica cosa che potrà salvarci e permettere di risollevare le nostre economie e proteggere i nostri cittadini è nella consapevolezza che dobbiamo camminare insieme, più spediti rispetto al passato. Ma senza una risposta comune nessuno potrà risollevarsi.

In queste settimane abbiamo potuto intraprendere misure di contenimento in alcuni Stati sulla base delle esperienze fatte da chi era stato colpito per primo; abbiamo sperimentato la solidarietà perché gli aiuti sono arrivati principalmente dall’interno dell'Europa.

Abbiamo messo a disposizione, da un Paese all’altro, ospedali, risorse umane, macchinari e materiale sanitario grazie anche al grande lavoro della protezione civile.

I cittadini europei adesso si aspettano molto dall'Europa e noi dobbiamo essere all’altezza delle loro aspettative.

Il lavoro è soltanto all'inizio. Dovremo essere capaci di mobilitare una grande quantità di risorse in grado di far ripartire velocemente un’economia completamente bloccata. E dovremo farlo velocemente, perché i cittadini, le imprese non possono aspettare.

Abbiamo una grande responsabilità davanti a noi. Dobbiamo proteggere l'Europa ed i suoi confini da ingerenze esterne, perché in questa fase siamo molto fragili e vulnerabili e c’è bisogno di proteggere e difendere il nostro patrimonio comune - culturale, industriale, turistico- e le ricchezze dei singoli stati da azioni speculative e predatorie. Diciamolo chiaramente: non vogliamo che l’Europa sia terra di conquista, perché se perdiamo il nostro valore potremmo diventare subalterni e compromettere il nostro stile di vita.

L´Europa a 6 ha compiuto un lungo cammino fino ad arrivare, oggi, a 27 Paesi. E resta ancora un esempio, se guardiamo a quanti sforzi stanno compiendo i paesi dell'area balcanica, come Albania e Macedonia del Nord, per rispondere ai criteri previsti dal processo di adesione.

Questo é un segnale politico molto forte. L´Europa per molti é un modello economico e democratico su cui vale la pena investire e con l'adesione dei Balcani Occidentali si realizzerà la coincidenza tra lo spazio politico e lo spazio geografico europeo.

La crisi economica e finanziaria ha portato all'aumento della disoccupazione e la crescita delle disuguaglianze sia tra le nazioni che all'interno di esse. Dobbiamo ripartire dai giovani e dalle donne che rischiano di essere fortemente penalizzati e ai quali deve andare tutto il nostro sostegno concreto. Non vogliamo che la presenza delle donne nelle nostre società venga compromessa e ci faccia tornare indietro.

In questo momento abbiamo davanti una grande sfida: quella di varare un Piano per la ripresa dell’economia europea che sia all’altezza della spirale catastrofica provocata da questa crisi.

Le previsioni economiche di primavera, presentate questa settimana dalla Commissione europea, fotografano una situazione di grande necessità, in tutti i Paesi membri, ma non in modo eguale.

Il Parlamento europeo è pronto a contribuire alla definizione del Piano. In particolare siamo pronti a negoziare una nuova proposta di Bilancio pluriennale che abbia dimensioni adeguate ad affrontare l’emergenza. E siamo pronti a negoziare uno strumento per la ripresa che consenta rapidamente di risollevare con risorse reali l’economia europea puntando sugli investimenti.

Sono questi i 2 pilastri da cui dobbiamo ripartire per delineare la nuova Europa, affinché sia sempre più leader della lotta ai cambiamenti climatici, ma che sia anche capace di produrre politiche in grado di assicurare l'occupazione, la crescita e maggiore coesione sociale. Le sfide ambientali e quelle sociali vanno di pari passo. Le prime infatti possono essere risolte solo se mettiamo la riduzione delle diseguaglianze sociali al centro dell'azione politica. 

Vi è un grande problema sociale in Europa che ci chiede di lavorare per ridurre le distanze. Vi è troppa distanza tra il nord e il sud, fra est e ovest, tra il centro e le periferie. Ridurre le distanze è fondamentale per affrontare le prossime sfide comuni.

Un grande sforzo dovrà essere fatto nel rafforzamento dello stato sociale. Non partiamo da zero. Pensate ai milioni di disoccupati negli Stati Uniti che da un giorno all’altro si sono trovati licenziati e senza l’assicurazione sanitaria abbandonati a loro stessi. Da noi la sanità pubblica è un aiuto fondamentale, insieme a molteplici meccanismi di sostegno utili a proteggere la vita dei nostri cittadini. Non partiamo da zero ma sentiamo adesso più di prima la necessità di rafforzare il nostro modello sociale come un bene primario prezioso da difendere per non lasciare indietro nessuno.

Oggi, sulla base del lavoro fatto in questi mesi, avremmo dovuto lanciare la Conferenza sul futuro dell'Europa. Una iniziativa che avrebbe dovuto delineare la nuova Europa.

È l’ambizione di questa legislatura e non vogliamo rinunciarvi.

Ma ci troviamo in una situazione che solamente 2 mesi fa non avremmo nemmeno potuto immaginare. Ma con la crisi del Covid possiamo davvero considerare aperto il processo di discussione perché dalle decisioni che prenderemo in questi mesi sull’uscita da questa emergenza dipenderà anche il futuro del progetto europeo, di quella Unione che la Dichiarazione Schuman sosteneva essere il moto continuo della nostra integrazione. L’Europa si costruisce con le difficoltà, con le crisi che aiutano i paesi e le opinioni pubbliche a capire quanto sia necessaria la loro operazione e la loro unità.

È nelle difficoltà che va imbracciato il coraggio e vanno trovate le risorse per ripartire. E alla nostra generazione è adesso richiesto di trovare il coraggio che fu dei nostri fondatori, di gettare lo sguardo verso l’ignoto per rafforzare un progetto a cui molti nel mondo guardano come a un esempio di pace, solidarietà e prosperità.

Nonostante a volte ci siano state delle incertezze, passi indietro, anche errori, in questi 70 anni abbiamo costruito un monumento che dobbiamo proteggere. È il diritto europeo, garanzia del rispetto della democrazia e dei nostri valori, nonché tutela dei diritti dei cittadini europei. É il diritto europeo il più grande investimento sulla nostra libertà.

E la difesa del diritto europeo passa innanzitutto per il rispetto degli organi giurisdizionali, prima tra tutti la Corte di Giustizia, le cui decisioni sono vincolanti per tutti e che tutti devono impegnarsi ad osservare.

Se c’è una cosa che questa crisi sanitaria ha mostrato agli occhi dei cittadini è che l'Europa ha già dentro una grande risorsa. Parlo della società civile. Donne e uomini che si sono rimboccati le maniche mettendosi a disposizione per sostenere chi era in difficoltà. E con loro, i nostri giovani, che in questi mesi difficili sono stati l’anima delle nostre famiglie e il motore della macchina della solidarietà che ha prodotto coesione, vicinanza, amicizia, legami di straordinaria umanità.

Persone che hanno messo davanti a tutto l'interesse comune e il coraggio di aiutare e mettersi a disposizione dei cittadini europei e non europei, nella terraferma e nel mare dove tant’è persone continuano a morire.  70 anni fa siamo partiti dicendo “mai più la guerra”; 70 anni dopo dobbiamo dire “mai più morti per fame e mai più morti nel Mediterraneo”.

Le persone e la società civile sono il motore del progetto europeo. Solo ripartendo dal basso potremo riformare l´Unione mettendo al centro gli interessi dei cittadini europei.

È nostro compito rilanciare il principio della democrazia partecipativa, come previsto dal Trattato, per consentire sempre più a organizzazioni e associazioni di cittadini di prendere parte al processo decisionale portando all'attenzione della politica le istanze che sono maggiormente sentite dalle persone e per creare quell'Europa, più giusta, solidale, inclusiva, immaginata il 9 maggio 1950.

Questi sono i valori da cui l´Europa deve ripartire.

E dal punto più alto di questa crisi, dovremo davvero rilanciare una grande riflessione sul Futuro dell’Europa, una Conferenza che sia ascolto e che sia anche occasione per cambiare e modernizzare i nostri strumenti, per renderli più adatti ad affrontare le sfide che ci presenterà il mondo globale.

La democrazia non è passata di moda, ma deve aggiornarsi per continuare ad essere strumento per migliorare la vita delle persone. La nostra conferenza dovrà vivere di un dibattito intenso e dal basso, non nel chiuso di un circolo accademico o di un semplice dibattito istituzionale.

Riformare la democrazia, questo é l'obiettivo da perseguire. E dobbiamo farlo mettendo in campo strumenti utili che prevedano meccanismi rapidi di decisione. Il diritto di veto, nel funzionamento del processo decisionale europeo, é uno strumento anacronistico e questa crisi, con la necessità di misure urgenti e tempestive, ne é una dimostrazione lampante.

Nella giornata di oggi voglio rivolgermi ai parlamentari e ai presidenti delle altre istituzioni dell’Unione, augurando a tutti che fra 70 anni si possa dire che, dopo Schumann, Adenauer, De Gasperi, Monnet, Spaak, anche altri politici hanno avuto coraggio nell’affrontare sfide difficili... e hanno avuto la forza di non cedere al conformismo e di rafforzare la più straordinaria avventura politica dell’età contemporanea.

Cari compatrioti europei, Viva la democrazia e viva l’Europa!

Discorso pubblicato sul sito del Parlamento Europeo