I lavoratori dello sport, un’industria che macina 4 miliardi di euro di fatturato annuo nel nostro Paese, sono una categoria penalizzata da sempre. Un milione di persone, in crisi perenne e perennemente senza tutele. Poiché il collaboratore sportivo, per via di una normativa scellerata, non ha diritto ad assicurazione, previdenza e indennità di disoccupazione e adesso rischia di essere la vittima predestinata del contagio economico.
“Per te lo sport è un lavoro?”, recitava un vecchio slogan del Nidil Cgil, per ricordare a tutti che quell’esercito di istruttori di palestra, allenatori di squadre giovanili, personal trainer e chi più ne ha più ne metta, non è lì a giocare, ma a lavorare. “Per la prima volta – spiega in questo video Sabina Di Marco, segretaria nazionale della categoria della Cgil che li rappresenta, il Nidil, appunto – il decreto Cura Italia ha riconosciuto anche a loro le indennità dovute all’emergenza sanitaria”. Una novità assoluta, riconfermata dal decreto Agosto (che non era stato ancora emanato al tempo in cui è stato girato questo video, ndr). C’è voluto il covid, con il suo carico di terrore che ha rapidamente svuotato le palestre già prima del lockdown e ne sta rallentando la ripartenza adesso, per dare dignità a un settore che appassiona milioni di italiani e pure riserva a chi lo manda avanti e spesso ha la responsabilità di sorvegliare i nostri figli solo le briciole della torta.
“Un passo avanti dal quale non si torna indietro”, afferma la sindacalista, pur con tutte le difficoltà dovute alla crisi. Perché lo sport, vittima privilegiata del distanziamento fisico, non riparte. Palestre e piscine fanno fatica, con il calo degli ingressi, a pagare gli affitti e a restare in piedi. E ai lavoratori vengono offerti compensi più bassi per il calo delle ore imposto dalle regole e per il fatto che hanno percepito l’indennità prevista dal governo. “Il percorso sarà lungo”, afferma Sabina Di Marco. “Si trovano in una sorta di limbo del lavoro dal quale noi cerchiamo di tirarli fuori ormai da molti anni”.
Ed è anche grazie alla pressione del Nidil e della Cgil che proprio in queste settimane è in discussione la riforma del lavoro sportivo che “se venissero approvati gli emendamenti da noi proposti al testo presentato dal ministro Spatafora, consentirebbe ai collaboratori sportivi di rientrare, finalmente, nel sistema giuslavoristico ordinario. Significherebbe riconoscergli i diritti di previdenza, malattia, maternità e assicurazione – spiega Sabina Di Marco –. Noi non rinunciamo all’idea che queste persone possano avere una dimensione strutturata del proprio lavoro e che gli vengano garantiti diritti al pari di tutti gli altri”.