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Tante chiacchiere pochi fatti: la scuola riparte con troppe cattedre scoperte, 200 mila supplenze previste e classi pollaio. In una situazione sanitaria legata al covid non ancora del tutto risolta, mentre poco o nulla è stato fatto per “recuperare” il disagio psicologico delle studentesse e degli studenti dopo due anni di pandemia. Questa mattina (12 settembre) davanti a più di 50 scuole in tutta Italia studenti e studentesse si sono mobilitati per lanciare un segnale forte: il futuro del paese deve ripartire da istruzione, ambiente, lavoro e diritti.
Ma la protesta era già iniziata ieri: Un “cento” a caratteri cubitali è stato innalzato dagli studenti sotto il ministero dell’Istruzione. Cento come le richieste che la Rete degli studenti medi e l’Unione degli universitari presentano nel loro Manifesto “da 0 a 100”: un segnale ai partiti in vista delle consultazioni politiche.
Ragazzi e ragazze, insomma, tornano nelle classi in piena campagna elettorale senza sentire alcuna risposta dalla politica per la loro generazione. Per questo la Rete degli studenti medi e l’Unione degli universitari hanno raccolto più di 100 proposte su cui chiedono l’impegno di candidati e candidate alle elezioni del 25 Settembre. Tra i tanti temi, la richiesta di arrivare al 5% del Pil in istruzione, l’abolizione della tassazione universitaria, l’abolizione dei Pcto (la vecchia alternanza scuola-lavoro), ma anche la creazione di sportelli di assistenza psicologica in scuole e università e il trasporto pubblico gratuito per studenti.
“Ci hanno fatti sentire uno Zero, nessuna considerazione o attenzione ai temi della nostra generazione - spiegano le due organizzazioni in una nota - per questo abbiamo costruito cento proposte per il futuro della scuola, del nostro Paese. Vogliamo tutto e siamo pronti a ottenerlo. Porteremo il Manifesto con le 100 proposte a tutti i candidati. Vogliamo la politica si occupi di noi e ci faremo sentire”.
Quest'anno poi, ai soliti nodi che non si riesce mai a sciogliere, si è aggiunto un aumento cospicuo dei costi dell'istruzione. Come spiegato dal coordinatore della Rete, Tommaso Biancuzzi, in un'intervista su Collettiva, “la spesa che una famiglia deve sostenere per la scuola dei propri figli è una questione storica. Ma con gli effetti della guerra, e il conseguente aumento delle materie prime, siamo ben oltre. Libri, zaini, materiali di cartoleria costano di più”. Il risultato è che tutto ciò ricade sulle famiglie poiché, attacca, Biancuzzi, “in Italia manca un’idea di diritto allo studio, non c’è una legge quadro nazionale. Quello che c’è dipende dall’iniziativa delle singole Regioni o addirittura delle scuole.