Dall’inizio del lockdown, ossia dal 9 marzo scorso, i contratti a tempo determinato hanno visto precipitare le relative posizioni lavorative nette di quasi 200 mila unità. A dirlo è l’Anpal in uno studio sugli effetti della crisi sanitaria sulla dinamica dei rapporti di lavoro, precisando che “non si tratta di licenziamenti ma di mancati rinnovi”. Il decreto legge del 17 marzo scorso ha infatti sospeso per 60 giorni le procedure di licenziamento collettivo, introducendo il divieto di licenziare i dipendenti per motivi economico/organizzativi, a prescindere dalla dimensione aziendale. “Tali misure - spiega l’Anpal - hanno indubbiamente calmierato l'andamento delle cessazioni, ma nulla hanno comunque potuto rispetto ai rapporti di lavoro a termine che, giunti alla fine del periodo contrattuale, sono 'naturalmente' cessati”.
Allo stesso modo crollano anche le attivazioni. A inizio anno l'andamento appare "sostanzialmente in linea con quanto rilevato nello stesso periodo dell'anno precedente", ma già dall'avvio delle prime misure di contenimento per isolare i focolai in alcune zone della Lombardia e del Veneto, le attivazioni hanno cominciato a peggiorare. La situazione è poi precipitata col decreto del 9 marzo. "Da quella data in poi - rileva ancora l'Anpal - la curva delle attivazioni si allontana sensibilmente dalla traiettoria mantenuta fino a quel momento e, in termini tendenziali le nuove attivazioni cumulate giornaliere si spostano progressivamente e stabilmente su valori negativi".
Nei dati che si fermano al 23 aprile scorso, in termini assoluti, il 2020 registra un deficit di circa 735 mila attivazioni rispetto al 2019, con variazioni tendenziali che nella seconda metà del mese di aprile superano il 20%. Al contempo, la dinamica delle cessazioni del 2020 risente parzialmente del blocco dei licenziamenti introdotto che ne riduce progressivamente il volume, ma tale contrazione non e' sufficiente a compensare il crollo delle attivazioni".
A causa dell'interruzione della coda della stagione turistica invernale, e per il mancato avvio delle assunzioni per la fase primaverile, "il settore turistico alberghiero si contrae di oltre il 52%". Questo un altro passaggio della ricerca. Si tratta, spiega il testo, "di un deficit prossimo alle 300 mila unità rispetto allo scorso anno, vale a dire quasi il 40% del totale della contrazione dei nuovi contratti rilevati nel periodo".