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Mai come negli ultimi mesi, complice la pandemia, ma anche i contenuti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che lo citano, il 5G è stato al centro del dibattito nazionale. Oggi questa attenzione si rende ancora più evidente dopo l’avvio, da parte dell’Agcom di un’indagine conoscitiva sull’uso privato di frequenze locali 5G (aperta soprattutto alle associazioni di imprese di settori diversi dalle Tlc, dall’automotive alla chimica, gestori elettrici, innovatori, start up o ospedali) per verificare la praticabilità di nuovi approcci che vadano al di là, in maniera complementare, dell’assegnazione su licenza agli operatori Tlc delle risorse spettrali. Nel documento messo in consultazione, “viene sottolineata altresì la possibilità di prendere in considerazione vari aspetti, tra cui la previsione di riservare/designare porzioni di spettro ad uso 5G per reti locali, reti private e settori verticali come componente importante nell’ecosistema 5G”.
Ecco dunque che la prospettiva di una gestione autonoma del cosiddetto IoT (l’Internet of Things), ovvero la capacità di collegare in rete oggetti e di trasferire informazioni, e dunque dati, di varia natura sia inviandoli che ricevendoli, prende sempre più forma e apre scenari e prospettive importanti per il sistema produttivo italiano e non solo. L'indagine conoscitiva relativa all'uso delle licenze per il servizio ai settori industriali che possono avere interesse a controllare in modo diretto e più sicuro tutti i dispositivi collegati in rete in logica Internet of Things, funzionali al processo produttivo o logistico, servirà dunque a sondare interessi e prospettive, ma è già evidente che la direzione intrapresa dal governo va dritta verso un uso locale dello spettro, previsto e caldeggiato anche nel Digital Compass 2030.
In particolare, il Digital Compass “evidenzia il potenziale della trasformazione digitale per cinque settori chiave, ossia manifatturiero (anche grazie alla connettività 5G che permetterà ai dispositivi nelle fabbriche di essere sempre più connessi e raccogliere dati industriali), edilizio, della salute, dell’agricoltura e della mobilità (con particolare riguardo alle soluzioni digitali per la mobilità connessa e automatizzata). In tale ambito, appare meritevole di approfondimento sempre il tema del local licensing delle risorse spettrali per la realizzazione di reti private/locali, in quanto possibile strumento utile al raggiungimento degli obiettivi fissati”.
La Strategia per la banda ultralarga, approvata il 25 maggio dal Comitato interministeriale per il digitale coordinato dal ministro per l'Innovazione tecnologica Vittorio Colao, ha aperto infatti in modo chiaro alla “possibilità di mettere a disposizione degli operatori radiomobili ulteriori risorse spettrali” per il 5G, introducendo la possibilità di valutare “la condivisione delle infrastrutture di rete mobile e dello spettro radio”. Si tratterebbe di avere un uso più dinamico dello spettro radio, il che ci porterebbe ad allineare il nostro Paese a quanto sta avvenendo in altri paesi europei, come Germania, Regno Unito e Svezia. In Svezia in particolare la consultazione appena conclusasi ha riguardato la possibilità di assegnare alcune risorse di banda in via esclusiva o con meccanismi di condivisione per i settori dei trasporti, per i magazzini, la logistica e gli ospedali.
Mentre gli operatori guardano con attenzione a quello che accadrà per l’assegnazione delle frequenze, con un occhio alla World Radiocommunication Conference del 2023 che potrebbe destinare al 5G una fetta importante della "mid-band" dei 6 Gigahertz (considerata particolarmente efficiente per il sistema) e un altro al processo di migrazione delle frequenze in banda 700 megahertz che devono essere cedute alle Telco dalle emittenti televisive, governo e Authority sembrerebbero dunque spingere in direzione di nuovi usi del 5G nei mercati "verticali". L’apertura dello spettro radio ad eventuali approcci nuovi ed alternativi a quelli attualmente in vigore è sostenuta anche dall’Antitrust, favorevole ad un possibile abbassamento delle barriere all’ingresso nei nuovi mercati legati ai Verticals del 5G.
L’uso privato delle frequenze 5G è comunque già previsto per quanto riguarda le bande assegnate in sede di asta (3.6-3.8 Ghz e 26 Ghz) per lo sviluppo di nuovi casi d’uso da parte di nuovi soggetti: “Tali meccanismi offrono varie opportunità ai soggetti non Telco, che possono sia collaborare con gli operatori di rete mobile aggiudicatari dei predetti diritti d’uso per offrire applicazioni 5G innovative, sia accedere direttamente all’uso delle frequenze per realizzare le proprie reti locali in opportuni scenari” (testo della consultazione Agcom).
Tradotto in parole più semplici, significa che anche in Italia potrebbe essere consentito a fabbriche, grandi utilities, porti, di vedersi assegnate piccole porzioni di spettro, entro aree circoscritte, affidandosi a provider o gestori solo per la fornitura del servizio. Ma l’elenco dei possibili beneficiari non si esaurisce nell’ambito industriale. Anche altri settori, dalla sanità all'agricoltura, passando per le università, potrebbero servirsi di coperture locali per connettere comunità specifiche e delimitate di utenti.
Ora, che lo sviluppo del 5G sia determinante per imprimere una accelerazione al processo di digitalizzazione del Paese è oggi più che mai evidente. Comprendere come l’esito della consultazione indicherà come si intende procedere, anche nell’interazione con le Telco diventa importante, anche per capire quale sarà nel dettaglio il rapporto fra le reti locali e il resto della rete. Quello che è noto è che saranno vagliati nell’indagine dell’Autorità “meccanismi di assegnazione diretta dello spettro per usi locali che vanno generalmente sotto il nome di local licensing, leasing, spectrum sharing, forme di light licensing, uso dello spettro unlicensed”.
Al momento sul tema abbiamo i titoli, che sono promettenti. Speriamo lo sia altrettanto lo svolgimento. Quel che è certo è che non possiamo rinunciare all’idea che tutto il Paese sia servito da un sistema di comunicazioni efficace ed efficiente. Per questo, avremmo forse prioritariamente bisogno di dare un assetto ordinario al sistema di telecomunicazioni, utilizzando anche il 5G per raggiungere quelle aree in cui la copertura non viene garantita dalla rete fissa, per poi pensare ad utilizzi di diversa natura. Quello che intravediamo è il rischio che le risorse messe a disposizione per il 5G (in ultimo dal Pnrr) e le scelte che verranno adottate si concentrino su singoli punti di innovazione, implementando così nel resto del Paese quel digital divide che ci pone già agli ultimi posti della classifica europea.
Questo non possiamo più permettercelo. Per questa ragione crediamo sia utile promuovere una discussione sul tema anche sui nostri territori, presidiando quel diritto alla connessione che consideriamo ormai universale e che dovrà una volta per tutte eliminare quelle odiose definizioni di aree bianche, grigie e nere.
Barbara Apuzzo è la responsabile delle Politiche e sistemi integrati di telecomunicazioni della Confederazione