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La morte a Venezia sono piazza San Marco deserta, la laguna immobile, i “bacari” vuoti. Ma se Parigi non è la Francia, Venezia invece sì, è l’Italia e tutte le sue città d’arte, i piccoli borghi, i musei e le biblioteche chiusi. A un mese dallo stop per decreto, i tour virtuali e le visite guidate da remoto alle opere d’arte lasciano il posto alla preoccupazione per il futuro prossimo del turismo e dei suoi lavoratori. Se in Italia il settore rappresenta, secondo le stime del World Travel & Tourism Council, il 13,1% del Pil, solo a Venezia il turismo corrisponde all’11,5% del fatturato di tutto il terziario veneto e al 14,3% rispetto all’intera manifattura (dati del Centro Internazionale di studi sull’economia turistica). Una catastrofe economica, le cui conseguenze a lungo termine saranno forti anche quando di casa si potrà uscire. Già nell’immediato, l’emergenza coronavirus lascerà senza alcun reddito centinaia di persone impiegate nel turismo e nei beni culturali.
Sono oltre 600 in tutto il Veneto i lavoratori in appalto di musei e biblioteche che non percepiranno un euro nelle prossime settimane. Coopculture e Socioculturale, due grandi imprese che gestiscono servizi in biblioteche, musei e aziende turistiche, tra cui i Musei civici veneziani, hanno tradito in corsa le promesse fatte. Le due aziende, attive non solo nel Veneto, ma in molte città italiane, i primi di marzo avevano fatto richiesta di ricorso al Fis, impegnandosi però ad anticipare le somme, visti i lunghi tempi di erogazione da parte dell’Inps. Ma in un secondo momento “si sono rimangiate quanto sottoscritto all'attivazione dell'ammortizzatore - racconta Margherita Grigolato della Filcams Veneto - senza alcun confronto sindacale e senza rendere conto della violazione dei patti”. La cosa più grave, secondo quanto denunciato dal sindacato, è che i lavoratori sono stati contattati singolarmente per avvertirli che non avranno alcun anticipo. “Ma l’accordo - sottolinea Grigolato - era stato sottoscritto su base nazionale” e, dunque, un precedente simile fa temere analoghe situazioni per i lavoratori di diversi musei e biblioteche nel resto d’Italia. La motivazione addotta dalle due aziende per il passo indietro è la mancanza di liquidità: Coopculture e Socioculturale avevano i soldi in cassa, ma hanno dovuto ridarli indietro con i rimborsi dei biglietti acquistati precedentemente alla chiusura per decreto.
Il sindacato chiede che si eroghino almeno le somme sufficienti a pagare il primo mese di stipendio in regime di Fis, anche perché il settore del turismo e dei beni culturali sarà tra gli ultimi a ripartire. Il destino di città d’arte e località turistiche per la prossima estate è ancora molto nebuloso, ma sembra abbastanza chiaro che di riapertura di musei, biblioteche e gallerie se ne riparlerà a partire da settembre. La situazione si fa ancora più preoccupante se si considera che queste mete sono preferite soprattutto dal turismo straniero. Il timore, infatti, è che dovrà passare un periodo di tempo piuttosto lungo, prima che i visitatori dall’estero tornino a Venezia e in Italia. Per aziende come Coopculture e Socioculturale, il calo dei proventi potrebbe sfiorare il 90 percento e sarebbe in ballo la loro stessa vita. Tuttavia la messa in sicurezza dei lavoratori, ora disattesa, era stata in un primo momento garantita nero su bianco. Visto il prolungarsi della crisi, hanno comunicato ai lavoratori (ma non alle organizzazioni sindacali) di essere “dispiaciuti, ma costretti a disattendere l’accordo e chiedere che sia Inps a pagare direttamente l’ammortizzatore”.
I sindacati hanno avuto con Coopculture un incontro nazionale per via telematica, per tentare di ritornare al primo accordo sottoscritto, ma l’azienda ha confermato la posizione di chiusura. “Un atteggiamento non coerente - commenta Grigolato - con l’assunzione di responsabilità che in un momento inedito come questo è richiesta a tutte le imprese verso i propri dipendenti, che per mesi potrebbero non vedere alcun introito”. E se il buongiorno si vede dal mattino, quello che è successo ai musei civici veneziani e in Veneto potrebbe essere il tuono che annuncia l’arrivo della tempesta su un territorio ben più ampio di quello regionale. Alla prova dei fatti, ci si interroga sulla sostenibilità di un modello turistico come quello veneziano, una città museo sovraffollata di turisti di lusso, turisti mordi e fuggi e vicoletti, in cui ogni singola casa privata è diventata un b&b. “La domanda da porsi – conclude Grigolato – è cosa vorrà diventare Venezia”? E forse vale per il