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Il 10 gennaio l’agenzia Redattore sociale chiude. Dopo due anni di crisi aziendale e una pesante cassa integrazione, sette dipendenti, di cui cinque giornalisti e due poligrafici, vanno a casa, licenziati. Il tutto avviene con decisione inderogabile dell’editore Comunità di Capodarco e del suo presidente don Vinicio Albanesi, senza che sia tentata una reale strada alternativa.
“Quando l’agenzia ha iniziato ad avere difficoltà, le abbiamo affrontate subito – spiega Antonella Patete, rappresentante del comitato di redazione -: abbiamo ridotto le spese, perso colleghi, fatto sacrifici, ma abbiamo continuato ad assicurare il notiziario. Insomma, abbiamo fatto tutto il necessario, compatibilmente con la cassa integrazione, per far sopravvivere il quotidiano e i servizi nel migliore dei modi possibili”.
Due anni di crisi
La crisi della prima testata giornalistica specializzata in temi sociali e capace di trattarli in maniera professionale, con uno sguardo laterale sugli ultimi e sulle persone vulnerabili, è iniziata due anni fa, quando alcune commesse e contratti sono venuti meno.
“Da due anni, nonostante le sollecitazioni della redazione, l’editore non ha cercato nessun’altra soluzione per tenere in piedi un progetto che considerava ormai concluso – scrivono Il comitato di redazione e l’assemblea dei dipendenti in un comunicato -. Poco importa che quel progetto in questi anni abbia raccontato per primo il disagio, economico e sociale, sempre crescenti nel nostro Paese. Che abbia dato voce agli emarginati, ai disoccupati, ai lavoratori poveri e a tutte quelle categorie di persone che, nella convinzione dei giornalisti di Redattore sociale, erano i primi a dover essere ascoltati, rilanciati e protetti”.
Spettanze decurtate
“Viviamo una situazione di crisi dell’editoria e nessuno ha mai pensato che fosse facile – prosegue Patete -. In questa fase finale in cui sono stati annunciati i licenziamenti, però, ci siamo anche ritrovati una proposta di accordo inaccettabile: non avremmo avuto tutte le spettanze. A parte Tfr e ferie, il contratto prevede 8 mensilità in caso di licenziamento più 4 legate alla cassa integrazione. Non solo è stata proposta una significativa decurtazione, ma non ci sono state garantite perché vincolate alla riscossione di alcuni crediti, cioè soldi che l’agenzia dovrebbe ricevere. Il problema è che in questo modo il rischio è scaricato sui dipendenti. Nell’immediato le spettanze ci avrebbero dato maggiore tranquillità, a noi e alle nostre famiglie”.
Sulle spalle dei lavoratori
Ancora una volta una crisi aziendale ricade sulle spalle dei lavoratori, che dopo almeno 10 anni se non anche 15 di “onorato servizio”, oggi sono anche difficilmente ricollocabili, data l’età: tra i 45 e i 58 anni. Ancora una volta pagano i lavoratori.
“Come giornalisti di Redattore sociale ci sentiamo di dover denunciare questa situazione nello stesso modo in cui nel tempo ne abbiamo denunciate di analoghe – scrivono ancora Cdr e assemblea dei dipendenti -. In questi anni, nonostante le condizioni sempre più precarie del nostro lavoro, abbiamo cercato di portare avanti l’impegno giornalistico quotidiano, assicurando il notiziario, nella convinzione che c’era un mondo fuori dall’informazione mainstream che andava (e va) raccontato. L’impegno con i nostri lettori lo abbiamo sempre onorato, ci saremmo aspettati la stessa correttezza e affidabilità da parte dell’editore”.
Tavolo sindacale
In questi anni Redattore sociale ha contribuito a formare professionisti del mondo dell’informazione e della comunicazione con seminari e corsi sui temi che gli sono propri, aprendo un confronto e una riflessione su come trattare quegli argomenti.
“Siamo davvero dispiaciuti, non ce l’aspettavamo, perché nel corso del tempo siamo stati rassicurati che avremmo avuto ciò che ci spettava - conclude Patete -. Abbiamo ricevuto molti attestati di solidarietà, anche dichiarazioni di rammarico per la chiusura della testata e siamo disponibili a sederci di nuovo al tavolo di trattativa con l’editore. Anche se i primi tavoli sindacali non sono andati bene, abbiamo la speranza che si riesca ad arrivare a un accordo”.