“È una grande ingiustizia oltre che una pericolosa forma di sottovalutazione del fenomeno mafioso. Ci batteremo con tutte le nostre forze affinché questa beffa giudiziaria nei confronti delle persone oneste che combattono ogni giorno contro la malavita organizzata e contro le mafie sia corretta”. Lo scrivono in una nota congiunta la Cgil di Palermo, quella siciliana e quella nazionale, commentando la notizia della revoca della confisca di Casa Felicia.

“Sono molto amareggiato - ci dice Giovanni Impastato, responsabile dell’Associazione Casa memoria Felicia e Peppino Impastato -, è una cosa terribile che non dovrebbe mai accadere. Cose come queste rischiano di far perdere la fiducia nelle istituzioni ai giovani”. E già, ci domandiamo come mai sia possibile che per un errore burocratico o poco più, un bene confiscato a Tano Badalamenti rischi di tornare nelle mani del figlio del capo mafia. Nel 2010 l’Agenzia per i beni sequestrati e confiscati assegnò al Comune di Cinisi un casolare diroccato sequestrato al boss mandante dell’assassinio di Peppino Impastato, l’Ente locale stanziò 400 mila euro per restaurarlo e ripristinarlo e lo diede – nel gennaio del 2021 - in gestione all’Associazione di Giovanni Impastato che investì ulteriori risorse per farlo diventare un luogo di attività sociali e culturali per costruire legalità con giovani e giovanissimi. Non solo, l’idea è quella di cominciare a produrre bioagricoltura sulla terra che circonda il manufatto.

Da allora sono state allestite mostra fotografiche e di pittura, il giardino fiorisce, ragazzi e ragazze cominciano a frequentare i locali di casa Felicia. Un altro tassello nella costruzione della legalità e della giustizia sembra andare a posto. E invece no, il 25 febbraio scorso un ufficiale giudiziario “va a trovare” Giovanni Impastato e gli comunica che secondo il tribunale che ha emesso sentenza a seguito di un ricorso promosso da Leonardo Badalamenti figlio di don Tano deve tornare ai vecchi proprietari. Insomma, pare ci sia stato un errore nella individuazione delle particelle catastali, l’erede del mandante dell’omicidio Impastato, poi, sostiene che il casolare non potesse essere assegnato ad altri visto che faceva parte di una eredità. Quale che sia la realtà, ciò che appare insopportabile è che il figlio di un boss mafioso, anche lui colpito da mandato di cattura internazionale emesso nel 2017 dall’autorità giudiziaria di Barra Funda (Brasile) per traffico di stupefacenti e falsità ideologica - nel maggio 2021 gli fu negata l’estradizione in Brasile, poi seguì la scarcerazione -, torni in possesso di un bene che dal gennaio del 2021 è divenuto presidio di legalità e visitato da centinaia di giovani.


Moltissime voci si sono alzate per esprimere sconcerto: “Adesso, dopo più di dieci anni, la confisca è stata revocata”. affermano l’Associazione Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato. Il Centro Impastato – No mafia memorial, l’associazione Peppino Impastato, se c’è stato un ‘errore’ vogliamo capire chi ne ha la responsabilità, anche perché – aggiunge la nota – questo ha determinato la spesa di molti soldi pubblici”.

“È incredibile che, per un errore nelle procedure, il prossimo 26 aprile si dovrà restituire al figlio di don Tano il casolare confiscato al boss Badalamenti”, dicono il segretario generale Cgil Palermo Mario Ridulfo e il responsabile del dipartimento legalità della Cgil Palermo Dino Paternostro, che esprimono solidarietà e sostegno alla famiglia Impastato affinché venga individuata una soluzione diversa. E poi il mondo del giornalismo a cui Peppino Impastato apparteneva: “La sola idea che Casa Felicia possa tornare nelle mani dei Badalamenti è aberrante e non ci sono errori procedurali che tengano contro il valore negativo che una simile prospettiva potrebbe avere”. Lo afferma Giuseppe Giulietti, presidente della Fnsi che insieme ad Articolo 21 lancia un appello perché l’Agenzia nazionale dei beni confiscati e il ministero dell’Interno intervengano per scongiurare l’ipotesi, purtroppo non remota, che l’immobile torni ai suoi “proprietari originari”, cui è stato tolto non solo perché frutto di proventi mafiosi ma anche per trasformarlo in ciò che è diventato oggi, un luogo della speranza dove si tengono iniziative di promozione di legalità, insomma un simbolo della lotta alla mafia oltre che di memoria di Peppino Impastato. “Vogliamo essere accanto a Giovanni Impastato e a tutte le donne e gli uomini che si impegnano per combattere la mafia che sono i veri proprietari della casa”.

Ovviamente, in difesa di Casa Felicia si è subito schierata Libera che afferma: “Non possiamo permetterci di cedere a un errore formale concedendo un regalo inaspettato alle mafie. Alziamo la voce: nessun passo indietro per il riutilizzo sociale di “Casa Felicia”, bene confiscato alla famiglia Badalamenti che rischia di essere restituito per un errore formale al figlio del capomafia. È la storia di un impegno civile ed etico che non può interrompersi per un vizio di forma. Sarebbe una grande sconfitta e un regalo alle mafie. Facciamo quindi un forte appello affinché le Istituzioni trovino al più presto le soluzioni per permettere che il riutilizzo sociale di Casa Felicia possa continuare ad essere motore e luogo di cambiamento e speranza”.

Giovanni Impastato non si arrende, ha dato mandato agli avvocati dell’Associazione di presentare una istanza: “Forti della legge antimafia che afferma che in caso di errori nella confisca si può dare al vecchio proprietario un risarcimento”. E attende con fiducia che la giustizia si pronunci. “Certo, se l’istanza avrà esito positivo occorrerà corrispondere a Leonardo Badalamenti il valore del rudere prima del restauro, un po’ paradossale, ma - conclude Giovanni Impastato - questo posso accettarlo, che gli torni il bene proprio no. Sarebbe una sconfitta delle istituzioni e del movimento antimafia. Aspettiamo la sentenza e siamo fiduciosi”. Ora non rimane che attendere sperando che il prossimo 26 aprile Giovanni Impastato non debba restituire le chiavi di Casa Felicia.