PHOTO
Quell’aereo volava sicuro, su una rotta del tutto ufficiale, ma nell’ombra di quelle sue ali un conflitto tra stati scoppiò. Alle 20 e 59 del 27 giugno 1980 sopra il braccio di mare compreso tra le isole italiane di Ponza e Ustica un incidente aereo causa la morte di ottantuno persone. È la strage di Ustica, uno dei più grandi misteri ancora irrisolti della storia italiana. Dalla pista francese a quella americana, passando per l’attentato terroristico, varie ipotesi sono state formulate nel corso degli anni riguardo alla natura, alla dinamica e alle cause dell’incidente. Le vittime del disastro saranno ottantuno (64 adulti, 11 bambini tra i due e i dodici anni, due bambini di età inferiore ai 24 mesi, oltre ai 4 uomini dell’equipaggio) ma saranno ritrovate e recuperate solo trentotto salme. Tra le vittime anche Giuseppe Lachina e Giulia Reina, marito e moglie partiti insieme quel giorno, su quel volo, per una serie di diverse, incredibili coincidenze. Partiti e mai tornati lasciando quattro bambini orfani. “Ci siamo trovati come quattro bambini persi nel bosco”, sintetizza Elisabetta, che insieme a Ivano, Riccardo e Linda è diventata suo malgrado superstite della tragedia.
“Caro diario - scriveva quarant'anni fa Linda, la più piccola - sono felice, oggi è il 26 giugno 1980 e sono stata promossa. EVVIVA!!!!! (ho tredici anni) Mamma e Papà sono molto orgogliosi di me, mi hanno promesso da mesi che il loro regalo per la promozione sarà portarmi con loro in Sicilia. EVVIVA!! Ce l’ho fatta e non vedo l’ora di fare il mio primo viaggio in aereo, anche per i miei genitori è la prima volta. Oggi ho telefonato a mia cugina a Palermo, le ho detto che fra qualche giorno ci vedremo, anche la nonna è contentissima e non vede l’ora, ed anch’io sono impaziente di fare questo viaggio".
"Caro diario - scriveva più tardi - oggi 26 giugno 1980 c’è stato un cambiamento nel programma. La mamma ha detto che siccome non ha trovato posto in aereo, partono solo loro due con la speranza di poter trovare due biglietti, promettendomi un nuovo regalo al ritorno. UFFA!!! Non è giusto! Sono arrabbiatissima! Non voglio un altro regalo. Ho pianto tutto il pomeriggio, ma le mie lacrime sono servite solo a far partire la mamma molto triste. Le sue parole per consolarmi sono state: “tu devi badare alla famiglia perché sei la più giudiziosa”. UFFA! Mamma mi ha tradita, non è stata di parola. Non si fanno promesse se poi non si mantengono. Io voglio il regalo promesso. Voglio volare con Mamma e Papà".
"Oggi 27 sono partiti, - raccontava Linda ancora il giorno dopo - nel pomeriggio hanno telefonato per dire che l'aereo partiva in ritardo, volevano parlare con me, ero così arrabbiata che non sono andata al telefono. Caro diario oggi 28 giugno 1980 non crederai a quello che ti dirò ora: la Mamma e il Papà non hanno ancora telefonato per dire che sono arrivati. Qui sono tutti agitati. Non credo a quello che sento, dicono che l’aereo è scomparso!! NO! Non è possibile, non può succedere niente di brutto ai miei genitori. Io sono la piccola di casa. Ma perché a casa nostra c’è sempre il dottore e mi mandano sempre a comprare la camomilla? Perché i miei fratelli e mia sorella piangono sempre? Perché la TV fa vedere sempre quelle immagini nel mare? Sono tutte finte, come dice sempre la Mamma! Se potessi sentirla al telefono la Mamma mi tranquillizzerebbe. Mi sento morire. I miei fratelli sono partiti a cercare Mamma e Papà. Sono due giorni che tengo le dita incrociate, qui sono tutti disperati, ma io no, perché so che Mamma e Papà torneranno molto presto. C’è un via vai di parenti, amici che ci opprimono, piangono. Non sanno che lo fanno inutilmente, perché non è vero niente. Mamma e Papà torneranno da me, perché non lascerebbero mai la propria piccola qui sola. I miei genitori mi vogliono troppo bene per abbandonarmi. Tornate presto vi prego”.
Giuseppe e Giulia non torneranno più, così come Vincenzo, Concetta, Marianna e tutti gli altri. 81 nomi, 81 storie, 81 vite che terminavano, tragicamente e ancora senza un perché, 40 anni fa. “Cercare la verità è sempre un obiettivo primario della democrazia. La verità è inseparabile dalla libertà. Tante verità sono state ricostruite e conquistate, grazie anche all’impegno e al sacrificio di servitori dello Stato, mentre altre non sono ancora del tutto chiarite, o sono rimaste oscure. Non rinunceremo a cercarle con gli strumenti della legge, e con un impegno che deve essere corale”, diceva due anni fa il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Sono passati quarant'anni esatti dalla strage. Ma la morte delle ottantuno persone a bordo del DC-9 Itavia rimane senza responsabili. “Qualche giorno fa - racconta un lettore a la Repubblica - mi sono trovato a Bologna dalle parti di via Giorgio Vasari per incontrare alcune persone. Dopo aver parcheggiato, mi sono reso conto di essere a pochi passi dal Museo della memoria di Ustica. Non ho resistito e sono entrato. Ero poco più che ventenne nel giugno 1980 quando accadde la tragedia. Sono cresciuto attraverso anni di depistaggi e di verità intuibili, ma mai completamente acclarate. Durante questi anni ci si è quasi dimenticati del dramma che le persone a bordo possano avere vissuto e del dolore insanabile che ha colpito i familiari. Ho osservato a lungo quel puzzle di pezzi pazientemente ricomposti rimanendo scosso, ma allo stesso tempo felice che la memoria di quel disastro non sia stata cancellata. Mi ha molto colpito la vista di uno dei finestrini della cabina di pilotaggio, fuso per effetto del calore generato dall’esplosione. Poco dopo sono uscito in lacrime ringraziando Bologna, l’Associazione dei famigliari delle vittime ed il fatto che non tutti abbiano la memoria del pesce rosso. Un momento importante per riflettere. Bologna non dimentica i suoi morti nemmeno il 2 agosto, quando con un sole che spacca, il piazzale della stazione è pieno di gente, in memoria di quella sporca strage fascista. Stiamo inoltre assistendo ad una grande mobilitazione per Patrick, lo studente egiziano in Erasmus a Bologna, arrestato al suo ritorno in Egitto, per presunti reati di opinione. La forse più blasonata Università di Cambridge non mosse un dito, anzi dietro quel dito si è nascosta, per chiarire la propria posizione su Giulio Regeni. Per fortuna Bologna c’è”.