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Il Parlamento vara a colpi di fiducia il decreto sulle carceri, soffocate dal sovraffollamento e dove i suicidi tra i detenuti aumentano di giorno in giorno, arrivati ieri a 64 in soli sette mesi. Un provvedimento che, secondo il governo, vorrebbe porre rimedio a un’emergenza che è in realtà un problema strutturale, il sovraffollamento e la carenza di personale all’interno degli istituti. Norme valutate più che insufficienti dal mondo dell’associazionismo, dagli operatori, dalla Conferenza nazionale dei garanti territoriali delle persone sottoposte a misure restrittive, anche perché non pongono rimedio alla disperata vita nelle carceri.
Disagio aggravato
Nelle carceri italiane, in questi mesi, a incidere fortemente sul numero dei suicidi ci sono anche il caldo e la riduzione del personale a causa delle ferie estive, ma non solo: “Io aggiungerei il fatto che il carcere attuale è molto più chiuso che non nel passato per situazioni convergenti – ci dice Mauro Palma, già Garante nazionale delle persone carcerate –. La prima è che una circolare emanata circa due anni fa tendente a stimolare nei direttori carcerari la progettazione e a diminuire incidenti, e la cui ratio è far stare i detenuti fuori dalle stanze di pernottamento per partecipare a iniziative come i corsi di istruzione o la formazione, ha avuto in realtà l’esito di determinare maggiori chiusure, perché i progetti non vengono fatti”.
I motivi, per Palma, sono l’inerzia, ma anche la circostanza secondo la quale “quando le persone sono tante, troppe, il direttore non riesce a progettare perché non ha gli spazi, perché deve pensare innanzitutto alla sussistenza. Quindi la progettazione è minore e maggiore la chiusura. Se io dovessi definire il carcere attuale con tre aggettivi direi affollato, chiuso e teso. È quindi comprensibile anche il malessere degli operatori del personale di polizia penitenziaria”, tra il quale, ricordiamo, si sono verificati 6 casi di suicidi.
Il decreto del governo
Davanti a situazioni che comunque si reiterano nel tempo e si aggravano arriva un provvedimento dell’esecutivo sulle carceri che Palma definisce “inadeguato, con alcune norme che sono frutto della non conoscenza del sistema penitenziario e dell’esecuzione penale. Ad esempio, ora il magistrato di sorveglianza, laddove funziona, non è solamente un magistrato che alla scadenza dei 6 mesi va a verificare i giorni di beneficio da dare o non dare, ma è un magistrato di accompagnamento".
Invece, continua, “avere introdotto quella norma procedurale per cui al detenuto inizialmente gli si dice l’entità della sua pena, ma che, se si prende tutti i semestri, viene ridotta, e aver chiesto al magistrato di sorveglianza di verificare solo a tali scadenze, toglie quella linea di accompagnamento che prima esisteva e l’elemento di prossimità col detenuto. Norme come queste non c'entrano proprio niente con l'urgenza attuale. Poi ci sono norme ininfluenti e ‘complicanti’ e anche queste non hanno il requisito della necessità d’urgenza per affrontare il problema di oggi".
Male anche per il personale carcerario
In testa al provvedimento ci sono le norme per aumentare il personale, e, anche in questo caso, Palma ci spiega che se si va a leggere nel dettaglio “quel personale che viene incrementato di mille unità per la metà entrerà in servizio nel 2025 e per l’altra nel 2026. C’è anche l'aumento dei direttori fino a un massimo di 20 nuove figure, ma questa era già nell’accordo per l'ultimo concorso, per il quale sono rimasti in 19 a non avere avuto la nomina. Insomma è robetta”.
“Viene poi riesumato il commissario per le carceri – prosegue –, quello che fu introdotto da un precedente governo di centro-destra, un mito che non ha funzionato in passato e non si capisce come possa funzionare oggi. Sull'immediato il detenuto disperato in carcere ottiene il messaggio culturale che non si vuole deflazionare, non si vuole agire per ridurre, nemmeno con un provvedimento di durata definita” che affronti le criticità attuali.
Privazione affettiva
Dopo tanto tempo sono state aumentate il numero delle telefonate che passano da 4 a 6 al mese: “Una presa in giro – dice Palma –, se si vuole davvero ristabilire il legame con gli affetti perché possa diminuire la disperazione. La norma dice che questo avverrà entro sei mesi, ma che nel contempo i direttori possono cominciare a incrementare le telefonate, tuttavia non in maniera generalizzata, ma solamente se vengono richieste per casi particolari”.
C'è poi una norma di forte segno culturale che, attacca l’ex Garante, “trovo sgradevolissima e che riguarda il 41 bis, terreno sul quale diventa difficile intervenire e io non ho nessuna inclinazione a essere buonista; però se il governo decide che alla giustizia riparativa non possono accedere i detenuti sottoposti al 41 bis, vuole dire che non ha capito proprio niente”.
Probabilmente “nessuno di loro avrebbe accesso perché deve esserci anche il consenso della vittima, ma è una questione di norma simbolica e quello che si vuole dire è chiaro: ‘Guardate che noi vogliamo essere tosti, facciamo un provvedimento sulle urgenze di un sistema malato, però lo facciamo aumentando i poliziotti, dando due telefonate in più. E, comunque, faremo più carceri e ci interessa il percorso soggettivo, e dare il messaggio che voi siete fuori da tutto’”.
Per Palma si tratta dunque di “un provvedimento da buttare, o comunque da cambiare, ma senza illudersi che il governo abbia risolto il problema carcerario. È un provvedimento fatto per non fare, per non portare avanti quella che era la proposta Giachetti (la proposta di legge sostenuta da Nessuno tocchi Caino per elevare la detrazione di pena per la liberazione anticipata, ndr) e, votandolo ponendo la questione di fiducia, fanno in modo che non ci sia qualcuno all'interno della stessa maggioranza, per esempio in Forza Italia, che possa dare aperture diverse”.
Insomma, conclude, “intervengono per annullare qualunque speranza” di una legge migliorativa.