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Nel giro di pochi giorni il carcere di Capanne (Perugia) è stato teatro di un sequestro di un agente di polizia penitenziaria, minacciato con una lametta al collo per oltre 30 minuti, poi di un suicidio di un detenuto, seguito da un tentativo di rivolta interna ai reparti, con materassi bruciati e altri atti di insubordinazione. Una situazione ricondotta alla calma solo grazie al pronto intervento del personale e della dirigenza del carcere, ma che ha messo in evidenza una serie di criticità che gravano sull'istituto perugino, da sempre considerato al contrario un modello all’interno del sistema penitenziario italiano.
Oggi, 10 settembre, una delegazione della Cgil, guidata da Stefano Branchi, coordinatore della polizia penitenziaria per la Fp Cgil nazionale, affiancato da Filippo Ciavaglia, segretario generale della Cgil di Perugia, Fabrizio Fratini, della segreteria regionale Cgil Umbria, Tatiana Cazzaniga, segretaria generale della Fp Cgil di Perugia, e Claine Montecchiani, coordinatore polizia penitenziaria Fp Cgil Umbria, ha visitato l’istituto. La delegazione sindacale è stata accolta dal commissario capo Fulvio Brillo e dalla direttrice dell'istituto Bernardina Di Mario che hanno illustrato le maggiori criticità, ma anche i tanti progetti e sforzi messi in campo all'interno della casa circondariale. I sindacalisti hanno poi effettuato una visita all'interno della struttura, che ha dato modo di toccare con mano le grandi difficoltà che il personale di polizia penitenziaria, ma anche quello sanitario, così come gli educatori, si trovano quotidianamente ad affrontare.
“In una delle sezioni che abbiamo visitato oggi – racconta Claine Montecchiani, della Fp polizia penitenziaria dell'Umbria – un solo agente aveva in custodia 74 detenuti. Una situazione imbarazzante. Chiediamo all'amministrazione un intervento serio, in termine di risorse umane. Perché oggi è solo grazie alla professionalità dei colleghi se si riesce ad affrontare quotidianamente la situazione”.
L'altro nodo emerso con chiarezza dalla visita della Cgil nel carcere perugino è quello del lavoro per i ristretti: “Ci è stato esposto con grande chiarezza come la possibilità per i detenuti di lavorare sia una condizione fondamentale anche per mantenere un clima migliore all'interno dell'istituto – afferma Tatiana Cazzaniga, della Fp di Perugia – ma ultimamente le risorse destinate a questo fondamentale pezzo della riabilitazione attraverso la pena sono venute meno e anche progetti interessanti, come quello annunciato dalla Cucinelli, un laboratorio di sartoria artigianale all'interno della casa circondariale, sono fermi al palo. Su questo serve senz'altro un cambio di passo”.
Infine, c'è il grave problema legato ai trasferimenti di detenuti da altri istituti, spesso fatti senza tenere nella giusta considerazione le tipologie di ristretti che si vanno a trasferire (c'è ad esempio un alto tasso di problemi psichici all'interno della popolazione carceraria di Perugia). “Rivolgiamo quindi l'invito all'amministrazione penitenziaria – conclude Stefano Branchi, della Fp Cgil nazionale – non solo a rivalutare complessivamente la pianta organica di tutta l'Umbria, perché i problemi di mancanza di personale sussistono anche a Terni e Spoleto, ma anche a valutare meglio i trasferimenti che vengono effettuati: non si possono mescolare tipologie di detenuti completamente diverse, perché così si mette a rischio quello che è il mandato costituzionale affidato agli istituti penitenziari e il pieno rispetto dei diritti dei ristretti e dei lavoratori”.