Partirà domani, presso il Tribunale di Cuneo, il processo sul caporalato nato da un’inchiesta della procura ribattezzata Momo. Così veniva chiamato il caporale originario del Burkina Faso che, secondo le indagini, svolgeva attività di reclutamento e intermediazione per conto di alcune aziende agricole del saluzzese, che poi impiegavano i lavoratori in condizioni di grave sfruttamento, approfittando del loro stato di bisogno. E anche se gli atti lasciano chiaramente intendere che la situazione è molto articolata e la prassi diffusa, questo è di fatto il primo fascicolo sul caporalato che, in Piemonte, arriva fino al processo. Anche per questo la vigilia per il sindacato ha un sapore amaro, dal momento che, nell'udienza preliminare, il giudice, la dottoressa Gaveglio, ha respinto la domanda della Cgil e della Flai di Cuneo di costituirsi parte civile. Una decisione in palese controtendenza rispetto alla giurisprudenza oramai pacifica, che invece riconosce le organizzazioni di rappresentanza come portatrici di un interesse specifico. Una decisione che il sindacato spera possa essere ribaltata. Per questo ha avanzato una nuova richiesta di partecipare al procedimento.

Lo spiega perfettamente nel video l’avvocato Valentina Sandroni, che elenca i reati contestati, reati che hanno a che fare con la ragion d'essere di un sindacato. "Violazioni della normativa in materia di igiene e sicurezza sui luoghi di lavoro; sistematica violazione delle norme relative all’orario di lavoro, ai periodi di riposo; corresponsione di retribuzioni inadeguate rispetto alle ore di lavoro effettivamente prestate; indebita richiesta ai lavoratori di restituire in  contanti una parte della retribuzione per l’emissione del modello CUD; rinunce e transazioni in frode alla legge come lettere di dimissioni in bianco e accordi sindacali di chiusura annuale. Queste sono alcune delle violazioni rilevate. A sufficienza e in evidenza per riconoscere l'interesse del sindacato a costituirsi parte civile in questo processo".

 

 

“Quest'anno – ha dichiarato il segretario generale della Cgil di Cuneo, Davide Masera – è partito un progetto finanziato dal Ministero del Lavoro con fondi Fami, che ci vede tra i partner e ha come obiettivi la lotta al caporalato e la riduzione della cosiddetta “zona grigia”. Se non ci fossero ragioni concrete o rischi potenziali, il ministero non avrebbe motivo di finanziare un progetto con questi obiettivi. Dobbiamo guardare in faccia la realtà. Senza vergogna, ma con il coraggio di chi vuole riconoscersi in valori condivisi, capaci di unire il territorio e contribuire al suo sviluppo: lavoro, legalità, sostenibilità economica per tutti i soggetti che contribuiscono alla produzione di ricchezza. “E’ un dovere civico di tutti: imprenditori, lavoratori, associazioni datoriali, sindacato, privati cittadini, aiutare le forze dell’ordine e la magistratura a individuare, isolare, e perseguire i responsabili di fenomeni odiosi e criminali che vanno sotto il nome di caporalato e che si sostanziano nello sfruttamento delle persone. Lavorare per la legalità è la miglior difesa della parte sana e onesta del sistema frutticolo saluzzese”.

“L'opinione pubblica del territorio, a vocazione agricola, fatica ad accettare le ragioni del processo – si legge in una nota della Cgil –. Da un lato è come se si sentisse colpita nell'orgoglio, dall'altro è già costretta ad assistere passivamente al fenomeno dei lavoratori stagionali senza fissa dimora, che tutte le estati arrivano nel saluzzese alla ricerca di un contratto di lavoro, restando all'addiaccio per giorni, creando inevitabili tensioni che diventano oggetto di facili strumentalizzazioni”. 

Per Andrea Basso, segretario della Flai di Cuneo, “non si può parlare di sistema diffuso, ma è chiaro che questi casi non possono essere archiviati come isolati. Conosciamo molto bene le dinamiche dato che siamo in trincea da sempre. Due anni fa abbiamo attivato un progetto di 'sindacato di strada' che sta raccogliendo risultati importanti. E i risultati dicono che le dinamiche da 'zona grigia' sono prassi molto diffusa. La sensazione è che si voglia far passare il processo in sordina e non possiamo permetterlo".

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