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È l’estate dell’orrore. L'orrore di una violenza efferata contro le donne, consumata in contesti diversi: tra questi il Parco Verde di Caivano, un contesto che deve indurci a riflettere sulle cause culturali che stanno alla base della violenza sulle donne, ma anche su cosa può significare lasciare aree delle città, delle regioni, abbandonate a sé stesse, al degrado sociale ed etico.
Perché il Parco Verde di Caivano è la risposta all’assenza dello Stato, delle istituzioni, della politica, del sociale. È questo vuoto che fa mettere poi radici all’antistato. Anche alle organizzazioni criminali che controllano il territorio.
E non basta una visita sporadica dei rappresentanti dello Stato, per risolvere il problema. Nemmeno se si tratta della presidente del Consiglio. Come non serve apporre un’etichetta per giustificare le brutture e sentirsi tutti un po' più assolti.
Questa violenza efferata è stata perpetuata da giovanissimi, adolescenti figli della marginalità, della disperazione e della rabbia, della noia e dell’insicurezza. Sono figli di una società maschilista e violenta che considera il corpo della donna un oggetto su cui sfogare le proprie pulsioni. Sono figli di social sempre più cruenti, di rapporti di forza e di emulazioni negative. Poi ci pensa il gruppo, il branco, a trasformare il tutto in violenza. Si credono forti, ma in realtà in tanti contro uno/due vincere è facile. È una guerra impari: scelta la vittima, la provocano e colpiscono.
Ragazzi che vivono in una sorta di deserto etico, dove il denaro e i like sono l'unico parametro per misurare il successo. Perfettamente omologati. Perché se la risposta alla domanda “chi sei” diventa “sono quello che ho e quello che appaio”, in un contesto di degrado è possibile che diventerò un pusher o assumerò un comportamento violento.
La presidente del Consiglio a Caivano, chiamata dalla disperazione e dalla solitudine di Don Patriciello, promette sicurezza. Ma come si ottiene sicurezza? Siamo veramente convinti che le telecamere nelle strade o l’esercito possano riportare alla normalità un quartiere dove è forte la povertà educativa e culturale?
È evidente che l’azione punitiva è indispensabile, ma da sola non basta. Occorre un profondo cambiamento culturale, educativo e sociale che abbia al centro, come proprio motore, la cultura del lavoro, della legalità, delle differenze, perché è da qui che nasce il rispetto verso l'altro.
È necessario offrire a questi giovani alternative reali, educarli all’affettività, creare occasioni di lavoro dignitoso, motivarli, aiutarli a diventare gli uomini e le donne di domani
È necessario creare un network sociale in grado di diffondere le buone pratiche, di parlare non solo con le parole ma anche con i fatti ai ragazzi, sdradicarli dalla camorra, far capire loro che la legalità non solo è giusta ma conviene. Occorrono educatori, tanti, che siano ovunque e che parlino al cuore, insegnando i sentimenti e la sessualità.
Solo se la narrazione diventa positiva, se a vincere ogni tanto è anche il buono, se a vincere è il coraggio di allontanarsi dall'oscurità, di scommettere sulla bellezza, sulla cultura, sul lavoro, sulla voglia di farcela, allora sì, potremo sperare nel cambiamento. Un cambiamento che ha necessariamente bisogno di un nuovo protagonismo dei ragazzi.
Reti, territorio, legalità, lavoro, socialità: sono queste le parole chiave che devono accompagnare il fare quotidiano di una grande metropoli come Napoli, delle donne, degli uomini, delle organizzazioni e delle istituzioni che la vivono e la popolano.
Ed è in questo fare quotidiano che la Cgil si muove, a partire dal territorio, perché il futuro delle nuove generazioni, ma non solo, non venga imprigionato in logiche propagandistiche fini a sé stesse.
Dobbiamo coinvolgere il mondo del lavoro, le delegate e i delegati, le associazioni, le istituzioni e i cittadini, tutte e tutti coloro che sui territori vivono e producono, perché solo insieme si può sconfiggere criminalità e degrado.
Monitoreremo che gli impegni presi a parole dalla presidente del Consiglio siano davvero rispettati, a Caivano come altrove ce ne sarà bisogno.