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La definizione di sviluppo, legata al concetto di Benessere equo e sostenibile, e non solo alle quantità di crescita economica, rappresenta una fotografia più vera dello stato della società italiana. I dati del 2022 indicano che i livelli e le condizioni di benessere in Italia devono decisamente aumentare ed essere più e meglio distribuite per territorio, genere, età.
Questo rapporto Istat sul Bes è particolarmente importante e significativo perché –fra l’altro – mette a confronto la situazione pre-pandemica (2019) con quella attuale, e le differenze con l’Europa.
Il confronto con l’Europa
Se il risultato complessivo vede un leggero miglioramento della metà degli indicatori, un terzo sono peggiorati e il resto è stabile. Ma dentro queste percentuali le differenze sono significative e, soprattutto, nella maggioranza dei casi, i miglioramenti sono troppo tenui rispetto alla base di partenza, mantenendo una palese insufficienza di fondo. Anche il confronto con la realtà europea conferma e anzi allarga le differenze: la grande maggioranza degli indicatori è peggiore della media di quelli europei.
Lavoro e sanità punti dolenti
Solo per fare alcuni esempi, se si è registrata una lieve crescita di occupati, permangono le criticità sulla qualità del lavoro, con ulteriori peggioramenti legati alla sovra-istruzione degli occupati e al part time involontario; così come, sul versante sanitario aumenta l’indicatore della rinuncia a prestazioni necessarie.
L’impoverimento degli italiani
In particolare, è bene segnalare che aumentano il deterioramento delle condizioni economiche e la fatica ad arrivare a fine mese. Così come non ci sono miglioramenti sul versante dell’istruzione e della formazione e aumentano le preoccupazioni per le condizioni climatiche legate ad eventi sempre più estremi come la siccità.
I divari territoriali
Il paragrafo sulle differenze territoriali motiva in modo del tutto oggettivo la pericolosità del provvedimento sull’autonomia differenziata. Nel 2022 i parametri di livello medio basso sono al Sud del 60%, mentre al Nord la stessa percentuale riguarda quelli medio alti.
Disparità di genere, un problema italiano
Le differenze fra donne e uomini restano una delle principali diversità fra Italia ed Europa. È tanta la differenza accumulata, tanto che anche il lieve miglioramento che si registra fra il 2019 e il 2022 non cambia la situazione degli squilibri di genere. Ad esempio, la partecipazione al sistema di formazione delle donne è più alta, così come la percentuale di chi ha conseguito un diploma o una laurea, ma questo importante risultato viene svalutato quando lo si connette ai dati sul lavoro, riproponendo una condizione di forte svantaggio.
Non solo è molto più basso il tasso di occupazione femminile, ma neanche gli altri aspetti qualitativi della condizione occupazionale rispecchiano la differenza positiva nel campo dell’istruzione per le donne: è più alto il numero di lavori precari o in part-time involontario, più alta la percentuale fra i dipendenti con basse retribuzioni e più alto il numero di donne occupate sovra-istruite.
La condizione dei giovani
Altro aspetto di fondamentale differenza con l’Europa riguarda la condizione dei giovani, sia con meno di 24 anni che nella classe di età 25/34 anni (i cosiddetti “giovani adulti”): i segnali di ripresa rispetto al periodo pandemico sono inferiori rispetto a quelli dei più anziani e, ancora una volta, sono i dati sul lavoro (che si vuole ulteriormente precarizzare) che creano le principali differenze.
Un indicatore fondamentale
I dati sul Benessere equo e sostenibile rappresentano dunque un indicatore fondamentale per intervenire sia sulle difficoltà materiali e sociali che sulle tante diseguaglianze in ulteriore aumento fra il 2019 e il 2022. È utile analizzarli non solo nei dibattiti ma per intervenire in modo concreto sulla situazione economica e sociale del nostro Paese, ma le attuali proposte del governo non vanno in questa direzione.
Fulvio Fammoni, presidente della Fondazione Di Vittorio