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“Siamo convinti da sempre che vaccinarsi sia un dovere civico, a maggior ragione se si lavora in una qualunque struttura dedicata all’istruzione”. Non è un caso che già a novembre del 2020 avevamo chiesto una corsia preferenziale per il personale che opera in questi contesti. Così Francesco Sinopoli, segretario generale Flc Cgil, commentando la circolare della ministra Messa che sta arrivando negli atenei, in applicazione al recente decreto legge che ha deciso di estendere il green pass anche all’università, non solo al personale degli atenei ma anche a tutti gli studenti e le studentesse.
“In questa scelta, però, vediamo alcune incongruenze. Dall’inizio della pandemia, i diversi Dpcm hanno infatti lasciato sempre amplissima libertà agli atenei, assegnandoli la facoltà di predisporre liberamente i propri piani di organizzazione della attività in presenza e a distanza. Di più: diversamente da tutti gli altri settori (dalla scuola alle spiagge, dalle aziende ai ristoranti), il governo ha deciso di non prevedere per le università un protocollo nazionale di sicurezza. Così, ogni ateneo ha scelto proprie regole, spesso diverse dagli altri, su limiti e modalità di accesso alle aule, distanze da mantenere, persino i tempi di quarantena dei libri. Se una scelta nazionale deve esser fatta, e da tempo lo chiediamo ritenendo questa diversificazione pericolosa per la tenuta del sistema universitario, allora ci sarebbe parso naturale partire dalla costruzione di protocolli di sicurezza comuni, oltre che da indicazioni uniformi sulle modalità didattiche dei corsi e degli esami a distanza”.
Crediamo che aver introdotto un provvedimento come il green pass per le università come per le scuole che ha pesanti ricadute sulla gestione amministrativa e sul rapporto di lavoro senza alcun confronto sia stato un errore. “Il personale dell’università ha riposto subito alla campagna di vaccinazione ed è sbagliato dare l’idea che senza un provvedimento specifico non si sarebbero raggiunti i risultati necessari a garantire la più alta copertura possibile. Peraltro, larga parte dei lavoratori e delle lavoratrici sono vaccinati, pur tenendo conto che spesso svolgono attività (in presenza e in smartworking) che non li portano a contatto con gli studenti o con il pubblico - prosegue Sinopoli -. In ogni caso, non accetteremo penalizzazioni per i lavoratori e le lavoratrici, mentre i tamponi dovranno essere gratuiti per loro come per gli studenti.” Se lo chiedono le aziende ci mancherebbe che non lo fosse per chi lavora nel pubblico. Inoltre, vorrei evidenziare come la scelta di estendere il green pass anche per l’ingresso negli spazi universitari di studenti e studentesse a poche settimane dall’inizio della sessione di esami e dei corsi presenta diverse criticità, prioritariamente in ragione della necessità di garantire a tutti gli studenti la possibilità di vaccinarsi rapidamente anche in relazione ai ritardi della campagna vaccinale in molte regioni con ricadute sui fuori sede in particolare.
Lo ribadiamo – continua Sinopoli – “ questa norma in ogni caso produrrà dei problemi di gestione che ricadranno su tutti gli atenei: in uno spazio aperto e pubblico come quello dell’università, in cui ogni giorno transitano migliaia se non decine di migliaia di persone, spesso su diversi sedi, la gestione dei controlli comporterà problemi organizzativi e di personale: non a caso lo stesso governo è dovuto ricorrere (diversamente da altri contesti) alla previsione di verifiche a campione. Tutto questo avviene in una situazione di già grave sofferenza negli atenei, dopo un decennio di tagli e di blocco del turn over che ha diminuito gli organici di oltre il 15%, con bilanci ridotti all’osso e la difficoltà anche solo di coprire gli aumenti contrattuali degli ultimi anni, come recentemente segnalato persino dal Cun (Consiglio universitario nazionale). Come già abbiamo ripetuto in queste settimane, temiamo che si scambi la copertura vaccinale con la soluzione di tutti i problemi. Purtroppo, non è così. Con un virus in continuo mutamento e il nodo dei trasporti completamente trascurato, servono serietà e prontezza nell’affrontare tutti gli scenari possibili”.
“Per questa ragione”, conclude il segretario della Flc, “chiediamo al governo non solo che si arrivi a definire un protocollo di sicurezza per l’università, ma anche di prevedere risorse aggiuntive e specifiche per il personale e per la didattica universitaria. Per garantire la sicurezza a settembre nelle università, infatti, secondo noi vanno confermate (ed uniformate) a livello nazionale tutte le misure necessarie al contenimento dell’epidemia, a partire da distanziamento, dispositivi individuali, sicurezza sui trasporti, tracciamenti e screening periodici (gratuiti per gli studenti e per il personale). Inoltre, servono risorse straordinarie, in primo luogo per tornare finalmente a sviluppare gli organici (e riconoscerli uno stipendio dignitoso adeguato con il loro lavoro), per implementare queste misure di sicurezza e per duplicare dove necessario i corsi (e ridurre così la numerosità degli studenti nelle aule), senza affidarsi a una cosiddetta didattica blended che è problematica e che si sa esser scarsamente efficace”.