PHOTO
Le bozze del decreto Agosto sotto la lente d’ingrandimento della Cgil. Non si tratta ancora del testo ufficiale, per quello si deve attendere la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, ma è sufficiente, salvo le consuete "intese", a delineare un impianto di tutele, già definito con i precedenti provvedimenti, in un sistema che si regge su ammortizzatori con criteri di utilizzo in deroga alle regole definite e indennità una tantum. L’Area Contrattazione e mercato del lavoro del sindacato ha distribuito a tutte le sue strutture un documento nel quale si riconosce l’utilità delle soluzioni individuate dal governo, sottolineandone però l’estemporaneità e l’inserimento in “un quadro problematico che necessita da subito di una ipotesi di riforma organica del sistema degli ammortizzatori e delle protezioni sociali”.
Vediamo nel dettaglio i commenti ai diversi capitoli.
Cassa integrazione guadagni, Cassa in deroga e Assegno ordinario. Si tratta di norme fortemente auspicate dalla Cgil, in quanto necessarie alla luce dell’incertezza economica che determina la difficoltà perdurante di numerosi settori e utili “a sostenere i cambiamenti all’organizzazione del lavoro dovuti alle misure di contenimento della pandemia”. Anche l’introduzione di contributi addizionali per l’accesso alle ulteriori nove settimane, come spiegato dal governo, serve a contrastare gli abusi e “sancisce un percorso prioritario di accesso alle risorse per imprese in reale difficoltà economica”. La criticità consiste invece nella data di inizio individuata per la fruizione del nuovo periodo di ammortizzatori sociali, perché “lascia scoperta almeno una settimana per quelle aziende che hanno usufruito, senza soluzione di continuità, degli ammortizzatori dalla fine del mese di febbraio o nelle prime settimane del mese di marzo”.
Fondi di bilateralità alternativi dei settori artigianato e somministrazione. Il rifinanziamento “è quanto mai necessario per poter continuare a garantire sostegno al reddito a questi lavoratori”, viste le difficoltà in cui versano i settori coperti da questi fondi. E’ però auspicabile “un intervento sulle pratiche di rendicontazione e monitoraggio” e l’eliminazione degli “insopportabili ritardi” nell’emanazione dei decreti per il trasferimento delle risorse dal Bilancio dello Stato a quello dei fondi.
Indennità Covid-19. La Cgil riconosce “lo sforzo profuso dall’Esecutivo nel cercare soluzioni a tutte le tipologie di lavoratori” danneggiati dalle misure per contenere la pandemia, frutto anche delle sollecitazioni del sindacato, ma individua anche gli aspetti problematici, già evidenziati nel decreto rilancio, “in particolare rispetto all’esclusione delle collaborazioni autonome occasionali e all’impossibilità di accedere alle indennità per le collaborazioni sospese, cui resta precluso, in alternativa, il ricorso alla DisColl”. Bene anche “le nuove misure introdotte, come quelle riferite ai lavoratori marittimi”, perché si rivolgono a settori finora trascurati, ma non corrispondono pienamente alle richieste delle categorie interessate. In ogni caso risulta evidente “come non sia più rinviabile una organica riforma degli ammortizzatori sociali improntata a criteri di inclusione, solidarietà, equità e soprattutto universalità”.
Blocco dei licenziamenti. La proroga sino al 15 novembre viene giudicata positiva perché “in continuità con l’originaria finalità solidaristica del blocco, ispirato al secondo comma dell’Art.41 della Costituzione”, secondo la quale la legge deve determinare i programmi e i controlli affinché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata a fini sociali. Il sindacato inquadra anche politicamente la travagliata genesi della norma: “ha visto il susseguirsi di diverse versioni del testo che hanno testimoniato lo scontro politico in atto all’interno della maggioranza, nonché le costanti pressioni del mondo datoriale sul governo”, “con l’esplicito intento di indebolire e addirittura cancellare una disposizione di grande valenza politica”. Viene poi ricordato che Cgil, Cisl e Uil hanno “sempre propugnato la necessità di prorogare il divieto di licenziamento fino a fine anno”, vista “la nebulosità” delle dinamiche della ripresa. Il sindacato si assume quindi il compito di “monitorare la norma per evitare interpretazioni difformi” e “modifiche peggiorative in sede di conversione in legge”.
Decontribuzioni per il sostegno al sistema delle imprese. Il giudizio, in questo caso, non può essere positivo, perché la Cgil ha sempre definito “sbagliata l’idea di sostenere mediante sgravi contributivi le aziende che possono non usufruire della cassa” soprattutto perché “orientata a sostenere anche aziende che sono in grado da sole di affrontare la ripresa”. Inoltre “nelle dichiarazioni della ministra del lavoro, Nunzia Catalfo, (espresse in sede di confronto, ndr) la decontribuzione sui nuovi contratti a tempo indeterminato sarebbe dovuta essere solo sulle assunzioni incrementali, elemento che, dai testi in bozza, non si evince”. “In generale le politiche di decontribuzione se non accompagnate a vincoli finalizzati alla buona occupazione, al contrasto alla evasione e se non selettive, condizionate e monitorate, rischiano di erogare risorse a pioggia senza conseguire una finalità positiva nel medio lungo periodo”.
Proroghe/rinnovi tempi determinati. Si tratta di una misura richiesta da Cgil, Cisl e Uil, quindi l’intento “di impedire che il costo della crisi si scarichi esclusivamente sui contratti a tempo determinato, tenuto conto della proroga del blocco dei licenziamenti”, è “di certo positivo ma forse tardivo. “Poco comprensibile e dagli effetti non chiari e piuttosto problematici per le proroghe già determinatesi, appare l’abolizione della ulteriore tutela prevista in sede di conversione del DL 34/2020 in legge, che sterilizzava per apprendisti e contratti a termine, i periodi di sospensione dovuti al ricorso ad ammortizzatori Covid19, sancendone de facto il prolungamento”.
Naspi/Discoll. Un provvedimento “condivisibile e importante” che dà continuità a quello già previsto dai precedenti decreti a favore dei lavoratori che stanno per terminare il periodo di fruizione. Rimangono però da sciogliere alcune criticità sollevate dal sindacato, “come il riferimento alla ultima mensilità (la più bassa) per determinare gli importi di quelle aggiuntive e il fatto che non venga prevista la facoltà in capo al lavoratore se scegliere o meno di rimanere in Naspi. Quest’ultimo aspetto diventa penalizzante qualora il lavoratore destinatario della tutela debba entrare in quiescenza”.