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A dirlo erano stati in molti, a cominciare dalla Cgil per finire con Giuseppe, Busia presidente dell’Anac, l’Autorità nazionale anticorruzione: il Codice dei Contratti pubblici voluto dal ministro dei trasporti Salvini proprio non va. Oltre alla liberalizzazione di sub-appalti e al via libera al massimo ribasso, la norma che prevede l’assegnazione diretta di opere fino a 5 milioni di euro non solo viola la normativa europea ma – anche a non voler considerare i rischi di corruzione e di infiltrazioni criminali – non garantisce né economicità né qualità. Ma si sa, questo governo è refrattario a qualsiasi critica.
Interviene l’Europa
Eliminare lacci e laccioli e accelerare, questo il mantra governativo, soprattutto del leader leghista. A Bruxelles però non si sono fatti incantare e alla prima occasione hanno richiamato l’Italia al rispetto delle norme. Anzi, hanno fatto capire che il rispetto della concorrenza e della trasparenza è condizione sine qua non per ottenere il via libera ai fondi del Pnrr. Già, perché assegnare senza gara la realizzazione di infrastrutture significa violare i principi di trasparenza e libera concorrenza. Oltre che, in un Paese come il nostro, assegnare direttamente tutte le opere direttamente al realizzatore, visto che gli appalti che superano quella soglia sono davvero pochissimi. In Italia, dove la lotta alla corruzione e il contrasto all’infiltrazione delle mafie negli appalti pubblici dovrebbe essere imperativo categorico per chiunque abbia responsabilità di governo nazionale o locale.
Salvini la prende male
Accettare le critiche e correggere gli errori non è mai stata la principale virtù di Salvini: non ha ascoltato chi lo richiamava in patria ha cercato di non ascoltare l’Europa, ma stavolta ha dovuto cedere. Pare, infatti, che il via libera alla quarta rata del Pnrr e l’accettazione delle correzioni al Piano siano state subordinate alle modifiche del Codice salviniano. E infatti non sarà certo un caso che poco prima del disco verde europeo sia stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la circolare n. 298 del 20 novembre 2023, con la quale il ministero dei Trasporti fornisce l’interpretazione sull’articolo 50 del Codice: quello che si occupa, appunto, degli affidamenti sotto soglia. Certo, appare quanto meno strano che invece di una norma a correzione sia stato emanata una circolare interpretativa nemmeno tanto pubblicizzata, anzi quasi nascosta.
Serve una norma
Sono in molti a pensarlo, a cominciare proprio dal presidente dell’Anac Giuseppe Busia, che ha infatti commentato la circolare affermando: “La circolare con la quale il ministero dei Trasporti interviene sulle procedure sotto soglia è un’evidente marcia indietro del governo, e mostra che le nostre obiezioni erano fondate. Lo fanno con una circolare e non – come sarebbe stato necessario - con una legge, ma rappresenta comunque un importante passo avanti”.
Velocità fa rima con trasparenza e concorrenza
Avviso Pubblico, l’associazione degli enti locali contro le mafie e la corruzione, saluta con favore la circolare. Il presidente Roberto Montà ha così commentato la novità: “Come Avviso Pubblico riteniamo importante la sollecitazione europea e la successiva emanazione di questa circolare da parte del ministero. Una circolare che chiarisce e rettifica una normativa che, di fatto, riduceva e rendeva difficilissime le procedure competitive per gli enti locali con gravi rischi non solo riguardo alla possibilità di selezionare i migliori operatori sul mercato, ma soprattutto rischiava di lasciare ampi margini discrezionali alle stazioni appaltanti con conseguenti pericoli di infiltrazione mafiosa e corruttiva”. E aggiunge: “Il nostro impegno sarà quello di cercare di dimostrare che si può spendere bene e celermente il denaro pubblico, in particolare quello del Piano nazionale di ripresa e resilienza, in modo controllato, rispettando le norme e garantendo, al contempo, condizioni di concorrenza, legalità e trasparenza”.
Per la Cgil bene, ma occorre far di più
Fa una premessa Emilio Miceli, responsabile Legalità della Cgil nazionale, che afferma: “Trattandosi di Salvini è bene avere cautela, visto che ci ha abituati a ribaltoni continui”. In ogni caso il parere del dirigente sindacale è netto: “Una cosa è certa: come abbiamo sempre sostenuto l'idea di abolire le gare d'appalto, perché di questo si tratta, visto che in Italia sopra 5 milioni di euro praticamente non esistono opere, era sbagliata non solo sul piano della concorrenza e della trasparenza. Era una pratica criminogena. Siamo quindi soddisfatti che venga ripristinato un sistema di regole che favorisca concorrenza e trasparenza e, soprattutto, contrasti corruzione e infiltrazioni criminose”. Miceli tiene a sottolineare in conclusione: “Occorre un intervento legislativo, non si può affidare una questione così delicata a una circolare interpretativa. Ci auguriamo che in Parlamento si apra rapidamente una discussione e si predisponga un atto legislativo a correzione del Codice degli appalti voluto da Salvini”.