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In situazioni di emergenza le persone fragili sono le più esposte, quelle che rischiano di più. L’alluvione che ha colpito l’Emilia Romagna non fa eccezione: la maggior parte delle vittime sono anziani. “Questo è successo perché chi ha una certa età ha una maggiore resistenza a lasciare la propria casa, un maggiore attaccamento alle cose” spiega Raffaele Atti, segretario generale dello Spi Cgil Emilia Romagna. Così, nella tragedia generale se ne consuma un’altra. Come è successo a Castel Bolognese dove un uomo di 79 anni per mettere in salvo l’animale da compagnia si è trattenuto più del dovuto e ha perso la vita. O a Faenza: un anziano per mettere in sicurezza il suo frigorifero, è morto folgorato.
Serve una mappa
Spesso, poi, sono persone che abitano al piano terra per ovvi motivi legati alla mobilità, e che sono state raggiunte dall’acqua velocemente. Inoltre, molte vivono da sole: l’Emilia Romagna vanta una popolazione longeva e per la prima volta ha registrato un calo demografico. “È necessario che ogni Comune abbia una mappa precisa delle persone sole, in modo che in caso di allerta preventiva si possano contattare tutti i cittadini – aggiunge Atti -. E anche dopo un evento tragico come quello attuale si deve avere conoscenza di quanti anziani ci sono ancora nelle case per poterli soccorrere”.
“Quando iniziano a saltare le comunicazioni, quando non funzionano i telefonini, diventa tutto drammatico – dice ancora il rappresentante del sindacato dei pensionati -. Alcune istituzioni locali hanno queste mappe, altre no. Anche noi le abbiamo, nel periodo del Covid ci sono servite per tenere i contatti con gli anziani soli, ma non bastano. Ci vuole un censimento più dettagliato, anche per fare sensibilizzazione e informazione sui rischi che si corrono in caso di calamità”.
Anziani sotto shock
Oggi tra i 37 mila sfollati per l’alluvione ci sono anche tanti over 65: alcuni sono andati a casa di figli o di parenti, altri sono stati sistemati in alloggi di fortuna, come a Faenza dove il Pala Bubani è stato allestito per affrontare l’emergenza: “I nostri anziani che non sapevano dove andare sono ricoverati nel palazzetto dello sport, con tutte le comodità che è possibile avere in una situazione del genere – afferma Carlo Prudente della Lega Spi di Faenza –. C’è anche il supporto psicologico per affrontare lo shock, ma la gente alla lunga si stanca”.
“Gli anziani sono molto disorientati, fuori dalle loro case fanno più fatica degli altri – racconta Marzia Abbonizio, segretaria dello Spi Cgil Forlì -. La città sembra bombardata, in alcune zone sembra di essere in un altro pianeta. La macchina degli aiuti funziona, ma adesso c’è il problema delle frane che si stanno muovendo: ci sono posti che sono completamente isolati, c’è bisogno di acqua, luce, medicinali, cibo”.
Fenomeno spopolamento
Mentre le vallate sono state inondate da una massa d’acqua che non si era mai vista, sugli Appennini le frane mettono a rischio il territorio. “Molte zone collinari e montane sono rimaste isolate a causa delle frane – rimarca Fabrizio Foschi, dello Spi Cgil Forlì -. A Santa Sofia, Rocca San Casciano e Modigliana agli anziani manca tutto. Già prima queste località erano state abbandonate, le condizioni erano precarie anche prima dell’alluvione: l’unico sportello bancario aveva chiuso, la farmacia faceva il part time, mancava il medico di medicina generale. Figuriamoci adesso che non è possibile neppure raggiungerli. Molti sono preoccupati perché devono fare delle cure salvavita come quelle contro il cancro, e non possono muoversi da casa”.
Quello dello spopolamento è un fenomeno che era già visibile e che si è ulteriormente accentuato. Nelle aree interne dell’Appennino romagnolo sono rimasti quasi esclusivamente anziani e il livello dei servizi che viene garantito è basso perché saltano i parametri tra servizio e numero di abitanti. “Già è stato difficile contenere questo processo, adesso l’alluvione rischia di peggiorarlo – conclude Atti -. Quindi bisogna attuare politiche in grado di rispondere a queste esigenze e a questa realtà”.