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Il 15 aprile 1919 la sede de l'Avanti! viene devastata, vengono distrutti i macchinari e i locali incendiati, alcuni cimeli frutto del saccheggio sono portati in dono a Mussolini presso la sede de Il Popolo d’Italia.
Intervistato pochi giorni dopo da Il Giornale d’Italia, Mussolini attribuirà l’iniziativa agli arditi e ai futuristi, assumendone comunque a nome dei fascisti la responsabilità morale:
Tutto quello che avvenne all’Avanti! fu spontaneo, movimento di folla, movimento di combattenti e di popolo stufi del ricatto leninista. Si era fatta un’atmosfera irrespirabile. Milano vuol lavorare. Vuole vivere. La ripresa formidabile dell’attività economica era aduggiata da questo stato d’animo di aspettazione e di paura specialmente visibile in quella parte di borghesia che passa i pomeriggi ai caffè invece che alle officine. Tutto ciò doveva finire. Doveva scoppiare. È stato uno scoppio climaterico, temporalesco. A furia di soffiare l’uragano si è scatenato. Il primo episodio della guerra civile ci è stato. Doveva esserci in questa città dalle fiere impetuosissime passioni. Noi dei fasci non abbiamo preparato l’attacco al giornale socialista, ma accettiamo tutta la responsabilità morale dell’episodio.
A Milano il giornale verrà assalito e incendiato più volte tra il 1919 e il 1922, ma ogni volta risorgerà dalle ceneri.
Continuerà ad esistere e a resistere fino a che, per le leggi eccezionali del fascismo, nell’ottobre 1926 chiuderà (solo nel 1923 l’Avanti! fu sequestrato sessantadue volte).
Costretto a sospendere le pubblicazioni in Italia, continuerà ad essere pubblicato clandestinamente ed in esilio su impulso di Pietro Nenni fino al 26 aprile 1945 quando la prima libera edizione del quotidiano titolerà trionfalmente "Milano è insorta".
Il giorno successivo, mentre nell’Italia settentrionale va completando la liberazione dei territori dall’occupazione tedesca, appare sul giornale un articolo a firma di Pietro Nenni il cui titolo diventerà famoso: Vento del Nord.