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Un anno fa, dopo giorni pieni di preoccupazione per le sue condizioni di salute sempre più gravi, ci lasciava Andrea Camilleri. Nato a Porto Empedocle il 6 settembre del 1925 dal 1939 al 1943 - dopo una breve esperienza in un collegio vescovile - studia al Liceo classico Empedocle di Agrigento dove, nel 1943, ottiene la maturità senza fare gli esami a causa dei bombardamenti e in previsione dell’imminente sbarco in Sicilia delle forze alleate (“Non abbiamo fatto gli esami di maturità perché gli inglesi ormai erano a Lampedusa”, raccontava nel 2012 a Saverio Lodato il papà di Montalbano. “Allora arrivò l’ordine dal provveditorato - o come si chiamava allora - che gli studenti di terza liceo fossero promossi o bocciati a scrutinio, d’ufficio. Ottenni la promozione. Fine del discorso. In altre parole non ho sostenuto gli esami di maturità”).
Scrittore, intellettuale di fama internazionale, sceneggiatore e regista, è noto al grande pubblico soprattutto per aver creato il commissario Salvo Montalbano (i suoi romanzi hanno venduto oltre 30 milioni di copie e sono stati tradotti in decine di lingue). Impegnato politicamente, ma sempre e solo "da cittadino" (“Mi sono sempre rifiutato. La prima volta, quando il Pci mi offrì una candidatura blindata, la seconda quando dei vescovi siciliani, non so perché proprio i vescovi, si misero in mente di chiedere all’allora presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi di farmi senatore a vita. Li ho pregati quasi in ginocchio per evitare una cosa simile. La politica è una cosa seria, bisogna dedicarsi davvero e io sapevo che avrebbe portato via troppo tempo alla scrittura”, raccontava lui stesso in una intervista di qualche anno fa), ha più volte cercato di spiegare soprattutto ai giovani cosa fosse realmente il fascismo, di ieri e di oggi.
Eppure Benito Mussolini, da giovane, aveva affascinato anche lui che a quattordici anni gli scriveva per chiedergli di farlo partire volontario nella guerra in Abissinia. Della lettera scritta dal giovane Andrea Camilleri non ci sono più tracce (“Purtroppo quella lettera se la tenne il professor Innocenzo Pirandello, perché io oggi l’avrei appesa incorniciata in salotto, tanto la trovo divertente”), ma rimane la testimonianza diretta dell’autore che più volte ha parlato dell’episodio e della sua successiva emancipazione (in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera dirà "Ho detto no, ma tardi, dopo averci creduto come tutti. A guardarmi indietro ora ai miei occhi appaio come uno che ci è cascato e questo mi fa tanta rabbia" ).
“Io sono nato nel ’25, cioè a dire tre anni dopo che il fascismo in Italia aveva preso il potere. Quindi sono stato un bambino allevato in pieno regime fascista (...) Non mi vergogno di essere stato fascista. Sono orgoglioso di essere stato e di essere un uomo di sinistra”, dirà specificando: “Ero fascista, ma subii una prima crisi nel 1942 quando andai a Firenze al convegno internazionale della gioventù fascista. Il tema era 'L'Europa di domani' e parlò Baldur Von Schirach che era il capo della Hitler-Jugend e man a mano che lui parlava mi venivano dei sudori freddi. L’Europa che avevano in mente era un casermone grigio, con tutti in divisa a leggere un unico libro: il Mein Kampf di Hitler, una cosa terrorizzante. Cominciai a temere che vincessimo la guerra. Poi poco tempo dopo, mentre avevo questi grossi dubbi, mi capitò di leggere il libro La condizione umana dove si parlava di comunisti e scoprii che, al contrario di ciò che mi veniva detto, anche loro erano gente come gli altri, con ideali, amori e patria. E io inconsciamente mi ritrovai a essere comunista, era il modo per mettere ordine alle idee di giustizia che avevo fin da bambino. Mi iscrissi al Pci immediatamente dopo la Liberazione della Sicilia e ovviamente mio padre non la prese bene”.
Alla domanda se ancora oggi si sentisse comunista Camilleri era solito rispondere: “Sì, lo sono sempre, credo di essere un dinosauro a riguardo. Bisogna intendersi, io sono sempre stato un comunista all'italiana, cosa che significa molte cose ... Quando c’era il Pci con il centralismo democratico, vi erano Togliatti, Amendola e Ingrao che avevano fra loro idee diverse, ma coesistevano e poi ci si piegava alle idee della maggioranza. Invece oggi a sinistra accade che difficilmente ci si piega alle idee di maggioranza e ognuno vuol essere leader di se stesso”.
“Forse io sono stato abituato male - diceva - perché quando ero giovane gli uomini politici si chiamavano De Gasperi, Togliatti, Parri, Sforza, Nenni e Pertini. I quali sembrano nomi preistorici rispetto all'altezza minima dei politici di oggi. Sono molto intristito perché io ho un’idea altissima della politica, ma essa in Italia ha iniziato a finire con la scomparsa di Aldo Moro e di Berlinguer: oggi non abbiamo persone di quel livello” ma persone e personaggi ai quali Camilleri non le ha mai mandate a dire.
A Berlusconi ha dedicato una poesia letta in piazza Navona a una manifestazione dei girotondi: "Ha più scheletri dentro l’armadio lui/ che la cripta dei cappuccini a Palermo/ Ogni tanto di notte, quando passa il tram/ le ossa vibrano leggermente, e a quel suono/ gli si rizzano i capelli sintetici/ Teme che le ante dell’armadio si aprano/ e che torme non di fantasmi ma di giudici in toga/ balzino fuori agitando come nacchere/ tintinnanti manette…". Pare che D’Alema gli abbia ispirato il personaggio del diavolo Delamaz, "un bruco coi baffetti che pilotava ‘na varca sia pure fatta di foglie… Dicivano macari che era ‘ntelligenti, ma grevio e scostante…". Alla vigilia del referendum voluto da Matteo Renzi diceva che si sarebbe fatto portare in braccio al seggio pur di votare No. Prodi? "Dovrebbe fare un corso di dizione. Tra una sua parola e l’altra passano due treni accelerati di una volta" . I Cinque stelle? "Non mi interessano. Non ci credo. Mi ricordano l’Uomo Qualunque: Grillo è Guglielmo Giannini con Internet. Nascono dal discredito della politica, ma non hanno retto alla prova dei fatti" . Salvini?: "Un ignorante con mentalità fascista. Vederlo con il rosario in mano è vomitevole". (“Scrivi Camilleri, scrivi che ti passa…”, sarà la risposta del ‘capitano’).
“Il fascismo va fermato a tempo - dichiarava a Carta Bianca, qualche mese prima del malore - Il fascismo è un vacillo mutante, può tornare. La strategia della paura fa il suo effetto, ogni giorno, il momento è molto pericoloso. C’è una voglia di fascismo in tutta Europa e bisogna stare molto attenti”. "Voglio morire - affermava - con la speranza che miei figli, nipoti e pronipoti vivano in un mondo di pace”. Figli, nipoti e pronipoti che il maestro identificava nei giovani, in generale, nei quali riponeva tutte le sue speranze per il futuro. "Voglio darvi un consiglio - diceva loro nel 2017 - rifate la politica che è diventata quasi sinonimo di disonestà. Ricordatevi Pericle, il discorso che fa sulla democrazia. Applicatelo. Voi giovani siete in condizioni di farlo”. "Per il nostro futuro - avrebbe aggiunto di lì a poco - mi piacerebbe prevedere il rispetto reciproco. Un mondo dove fosse possibile discutere di tutto senza aver bisogno di ricorrere all’insulto. Se potessi lanciare un messaggio alla nazione, sarebbe solo quello di non aver paura”.
Non avere paura sarebbe più facile se fosse ancora qui, maestro, di persona personalmente.