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Le mobilitazioni in Amazon stanno portando la sicurezza ai lavoratori in due stabilimenti su tre. Dopo la sospensione dalle attività nei siti di Torrazza Piemonte (Torino) e di Passo Corese (Rieti), l’azienda sta prendendo provvedimenti. “Qui da noi sono stati riorganizzati i turni di lavoro per ridurre il personale presente contemporaneamente nel magazzino e rispettare così le misure di sicurezza anticontagio – racconta Mihai Popescu, Nidil Cgil Rieti Roma Est Valle dell’Aniene –. Le pause sono state scaglionate ogni quarto d’ora per diminuire l’afflusso dei lavoratori e delle lavoratrici nelle aree comuni e chiuso il bar esterno, troppo piccolo per poter rispettare le disposizioni”.
Inoltre, nel reparto Afe le postazioni sono state distanziate fino a 3 metri e mezzo, sono stati definiti percorsi per far defluire i dipendenti a fine turno e anche nella mensa. Tutti accorgimenti che consentiranno di mantenere il metro di sicurezza sia durante l’attività lavorativa che nell’uso degli spazi comuni. “Un grande risultato, frutto della mobilitazione dei lavoratori, della Filt e di Nidil Cgil – spiega Massimo Pedretti, Filt Cgil Roma e Lazio –. Continueremo a vigilare sul rispetto delle misure previste dal Dpcm e ribadiamo la richiesta che venga costituito il comitato previsto dall’articolo 13 del Protocollo firmato da governo e parti sociali”.
Comitato di monitoraggio composto da rappresentanti dell’azienda e da quelli dei lavoratori, Rsl e Rsa, che invece è stato costituito nello stabilimento di Torrazza Piemonte, e che si è già riunito una volta proprio per fare un punto della situazione, porre domande, avanzare richieste, con l’obiettivo di attuare i cambiamenti imposti dal Protocollo. Dal verbale del primo incontro risulta che cosa è stato fatto finora: tra le misure adottate, razionalizzazione dei tavoli e riduzione del numero di sedie in mensa; sospensione di tutti i briefing prima dei turni; revisione dei flussi di ingresso; distanziamento delle postazioni. E cosa c’è ancora da fare: sanificazione di scanner e strumenti manuali; implementazione dello smart working e del lavoro agile; misurazione della temperatura dei lavoratori e delle lavoratrici prima dell’ingresso nello stabilimento.
“Dopo queste prime misure e il confronto, Amazon ha richiamato i lavoratori somministrati, che cresceranno anche di numero – spiega Lucia Santangelo, Nidil Cgil Torino –. A questo proposito all’agenzia di somministrazione abbiamo ricordato che sono loro i responsabili della sicurezza dei dipendenti. Tra le questioni aperte c’è ancora quella dello smart working per coloro i quali non sono obbligati a stare nello stabilimento: va incentivato anche per ridurre le presenze”.
Nessuna novità invece per il sito di Castel San Giovanni, in provincia di Piacenza, dove è tuttora in atto lo sciopero indetto unitariamente da Filcams Cgil, Fisascat Cisl, Uiltucs Uil, Ugl Terziario. Qui il comitato non è stato costituito, l’azienda non ha risposto alle richieste dei sindacati, ma si è limitata ad appendere fuori dai cancelli un cartello in cui afferma che corrisponderà ai lavoratori 2 euro in più, non si sa se all’ora o al giorno. “Ci stanno arrivando segnalazioni che sono stati attivati contratti di somministrazione, notizie che stiamo verificando – dice Elisa Barbieri, Filcams Cgil Piacenza –. Se fossero confermate, saremmo in presenza di una condotta antisindacale. È difficile dire quanti lavoratori stanno scioperando anche perché in questo territorio siamo già alla quarta settimana dall’esplosione del contagio e ci sono molte persone a casa per altri motivi. Ben venga la decisione, presa a livello centrale, di limitare le lavorazioni ai beni di primaria necessità fino al 5 aprile, un escamotage utile per ridurre il volume delle spedizioni. Peccato che tra questi sia stato inserito di tutto, anche prodotti che non sono certamente essenziali, come i libri e i giocattoli”.