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A Forlì in una piazza Saffi incandescente si sta componendo proprio in questi minuti il presidio di protesta in concomitanza con la visita della Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e della Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen. Le due si sono ritrovate in tarda mattinata in una delle città simbolo dell’alluvione dello scorso maggio per parlare di Pnrr e del disastro che ha colpito la regione e in particolare proprio la Romagna. Non si è vista spesso, per usare un eufemismo, la donna a capo del governo da quando questo territorio è finito sott’acqua. Con l’aggravante che alle promesse che la Meloni affidò alla stampa in quei primi giorni – tra tutte quella di un rapido risarcimento del 100% dei danni a chi ne è stato colpito – è seguita una realtà ben diversa. E a otto mesi dall’alluvione sono pochi i soldi già erogati, più che altro anticipi di futuri saldi difficili da richiedere e ottenere. Per tacere della decisione per cui i beni mobili – auto, arredamento, elettrodomestici, insomma, tutto ciò che poteva e, spesso, purtroppo, è finito sott’acqua riportando danni fatali – a oggi non verranno rimborsati. Ce n’è abbastanza perché da queste parti i cittadini si sentano abbandonati dallo Stato e il territorio si senta distante anni luce da Roma. Lo dimostra proprio il sit in in corso, promosso dai comitati territoriali Appello per l’Appenino Romagnolo, FCA e Associazione La parola di Cesena, cui aderisce una lunga serie di soggetti tra cui non poteva mancare la Cgil Forlì Cesena.
La piazza
“Il clima è nero, le persone si sentono lasciate sole e senza risposte”. Sono chiare le parole con cui ci saluta al telefono la segretaria generale della Cgil Forlì Cesena, Maria Giorgini. “Sono arrivati solo i primi ristori, quelli delle domande fatte allora dalla Regione Emilia-Romagna. I primi 3mila euro, per intenderci, che per qualcuno si sono trasformati in 5mila. A otto mesi dal disastro, con una parte significativa della popolazione di questo territorio che ha perso tutto, la casa e ciò che c’era dentro, ritrovarsi un aiuto di 5mila euro da parte dello Stato ha il sapore di risposta tardiva e insufficiente. Per non parlare delle prospettive visto che le risorse stanziate, per ora, non sono sufficienti, le procedure sono farraginose e molte delle vittime non rientreranno comunque nel beneficio”.
I ristori
"Innanzitutto mancano i beni mobili che non verranno risarciti, che in realtà, per buona parte della popolazione, hanno rappresentato il grosso del danno”. Non facciamo fatica a crederlo. Molte case hanno retto o comunque non hanno riportato danni strutturali, ma tutto quello che era al loro interno, televisioni, lavatrici, cucine, divani, quadri e chi più ne ha più ne metta, finendo sott’acqua e melma per giorni e giorni, sono diventate rapidamente spazzatura. Costosissima spazzatura che è stato essenziale rimpiazzare velocemente. Per tutto questo non è previsto alcun ristoro. “A oggi vengono risarciti solo i danni strutturali alle case e, per il momento, solo con un acconto di 20mila euro massimo a famiglia e 40mila euro massimo a impresa. Altro che ristoro del danno al 100%. La copertura è calcolata sulle risorse disponibili che sono meno di quanto stimato dallo stesso Governo. Servono 8 miliardi e mezzo di euro e al momento sono stati stanziati 4 miliardi e mezzo più il miliardo e 200 milioni investiti nella ricostruzione dall’Unione Europea”. Insomma, se la matematica non è un’opinione, mancano all’appello almeno 2,9 miliardi di euro. Come verranno distribuiti questi soldi è un altro nodo al pettine della situazione. “Non è definito, semplicemente. Questi acconti verranno erogati a tutti i richiedenti. Fatto ciò – ci spiega Maria Giorgini – verificheranno se ci sono le coperture economiche per la restante parte da coprire”.
Buio pesto, insomma. Non soltanto per la prospettiva individuale di decine di migliaia di persone che hanno perso tutto e hanno bisogno di aiuto. Ma anche a dare uno sguardo al quadro generale sembra si navighi a vista. “Non vediamo un piano per la ricostruzione immediato, effettivo ed efficace, che possa far pensare che alle prossime piogge si riesca a evitare nuovi disastri. Gli argini ricostruiti – ci spiega la sindacalista – non tengono, le persone sono in grande difficoltà non avendo avuto risposte convincenti. Per questo ci è sembrato doveroso aderire alla richiesta di alcuni comitati locali ed essere a questo presidio. Per testimoniare quanto le persone si sentano sole e senza risposte e per chiedere che tutte le istituzioni, a partire dal Governo e dalla Presidente Meloni, che aveva promesso ristori al 100%, si impegnino e lo facciano rapidamente”.
La rabbia delle persone monta. “Ti leggo un messaggio dalle tante chat che riceviamo. Il signor Sergio ci scrive: ‘ci sono persone come me e mia moglie che pur avendo avuto oltre un metro di acqua in casa, pur avendo perso tutto ciò che possedevamo, comprese due automobili, non hanno avuto accesso ad alcun ristoro poiché eravamo in affitto e le risorse sono destinate solo ai danni strutturali, solo ai proprietari di casa’. La gente è arrabbiata e non dimentica che quando la Meloni andò in provincia di Ravenna disse che i risarcimenti sarebbero stati del 100%. Non è vero e la realtà colpisce la parte più fragile della popolazione”.
Emergenza quotidiana
In questo Paese l’emergenza, ormai da anni, non è più tale. Alluvioni, esondazioni, terremoti. Possibile che sembri sempre impreparato? “Questo è un punto essenziale della questione. Serve una legge nazionale sull’emergenza. Non è possibile che tutte le volte che siamo vittime di un disastro si debba ricominciare da capo. Occorre stabilire una volta per tutte le procedure – come risarcire –, la gestione delle persone sfollate, l’iter burocratico per distribuire i primi contributi. E invece non esiste una legge nazionale che definisca a monte un protocollo d’azione. Si deve fare sempre tutto da capo, come in Toscana, come nei recenti terremoti, come a Ischia, come in Sicilia, come nelle Marche. Sarebbe molto importante ci fosse questa legge. E sarebbe importante che prevedesse che tutta la cabina di regia post evento venga condivisa con le parti sociali, sindacati e associazioni di categoria, perché noi qui oggi siamo fuori da tutto, non sappiamo dare risposte alle persone, non siamo intermediari nelle domande. Non esiste un rapporto vero tra chi gestisce e il territorio. Al commissario Figliuolo riconosciamo tutta la serietà e l’impegno, ma è evidente lo scollamento con il territorio, la poca conoscenza di queste zone. Invece di dare la nomina di commissario al presidente della Regione si perde del tempo prezioso nominando una figura che non conosce perfettamente la situazione, creando ulteriori difficoltà alla ricerca di soluzioni efficaci e condivise”.
Proverete, almeno in delegazione, a parlare con Giorgia Meloni e Ursula von der Leyen? “Temiamo che questo evento, come spesso è accaduto in passato in situazioni simili e a rischio contestazioni, sia blindato. Ma devo dire che se non ci fosse offerta la possibilità di rappresentare il nostro disagio ci troveremmo davanti a una scelta profondamente sbagliata. Non tenere conto di ciò che le persone esprimono qui oggi, del dramma che hanno vissuto, non fermarsi a parlare con noi sarebbe uno schiaffo alle persone”.