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Innanzitutto andiamo a votare. Non farlo sarebbe non solo moralmente sbagliato, ma alimenterebbe una deriva a cui ci stiamo pericolosamente abituando. L’assuefazione all’astensionismo è l’anticamera del declino civico e civile di una nazione. È una frattura sociale pericolosa, danneggia la democrazia e le nostre vite. Non ce lo possiamo permettere, perciò documento in tasca e tutti in fila al seggio. Sole o pioggia: niente scuse. Poi, una volta chiusi nella cabina elettorale, viene il bello. Con la matita a molestare la tempia in cerca dell’illuminazione. Ma stavolta, nonostante tutto, potrebbe essere più semplice del previsto.
Senza scomodare il nonno partigiano, il papà militante di sezione o lo zio che colorava di rosso piazza San Giovanni, il segreto per non cadere nel juke-box dei ricordi è non metterci le 100 lire. Non far partire la musica del tempo che fu. Purtroppo quello spartito è rinchiuso nel nostro Pantheon affettivo e se dovessimo oggi rispolverarlo nell’esercizio del voto il magone ci farebbe piombare in un loop malinconico senza via d’uscita. Meglio evitare, meglio tuffarci in un sano pragmatismo per salvare almeno la pelle. Dunque pensiamoci bene prima di mettere quella benedetta X. Pensiamo alle conseguenze.
Gli indizi ci sono tutti. La scuola la vogliamo davvero mantenere pubblica o la apriamo ai manager in cerca di stagisti permanenti? La sanità deve essere un diritto costituzionalmente garantito o solo un privilegio per i possessori di carta di credito? Le tasse vanno pagate con progressività oppure l’operaio e il suo padrone dividono in parti uguali i loro risparmi? La giusta transizione ecologica è uno slogan per fare il brillante durante un’apericena o l’undicesimo comandamento per scongiurare la fine del mondo?
E sui diritti civili vogliamo tornare all'età della pietra? Tutte le battaglie faticosamente conquistate le buttiamo alle ortiche? Abbiamo così tanta nostalgia dell’Italietta dei condoni? E di quella delle marcette e delle mani tese? Vogliamo continuare ad accanirci contro i poveri togliendogli ogni sussidio? Cittadini europei ci sentiamo sempre o a giorni alterni? La pace è una bandiera da sventolare in base al vento o un obiettivo da perseguire tutti i giorni? Barchini e barconi li prendiamo beatamente a cannonate? Il Covid lo trattiamo alla pari di un raffreddore?
E poi il lavoro, il nostro pallino fisso. Lotta alla precarietà, sicurezza, dignità, salari più alti: dovrebbero essere il minimo sindacale per giustificare il primo articolo della nostra Costituzione, tanto apprezzato quanto ignorato. Ed invece, si torna ai voucher? Al caporalato legalizzato? Costringiamo i pensionati a fare gli equilibristi sulle impalcature? Ai nostri ragazzi regaliamo un briciolo di futuro oppure uno zaino giallo in spalla, una bici e pedalare?
Come vedete sono tanti i motivi per decidere da che parte stare. O, male che vada, non stare. E non mi scandalizzerei neanche troppo visto la posta in gioco. Per una volta tutti al seggio dunque, con la Costituzione nel cuore e, all'occorrenza, una molletta sul naso. Buon voto.