Poco più della metà degli immobili in affitto turistico si è dotato dell’obbligatorio Cin, il Codice identificativo nazionale previsto alla legge. E sul piano della sicurezza la situazione è anche peggiore: gli alloggi in regola contemporaneamente sia con il Cin che con tutti e tre gli elementi di sicurezza sono solo l’8,5 per cento, cioè 1 su 12.

È quanto emerge dall’indagine “L’Italia in affitto breve” per misurare il livello di legalità degli affitti turistici nel nostro Paese, realizzata dalla Fondazione Isscon e dall’Osservatorio nazionale Federconsumatori, con il contributo del Sunia. Il risultato? Nei quasi mille immobili monitorati in dieci città campione, gestiti sia da host privati che da professionisti, presenti sulle principali piattaforme di settore, la situazione ancora lontana dal pieno adempimento della normativa.

Da Napoli a Milano

Quanto alla distribuzione territoriale delle irregolarità, i dati peggiori si rilevano a Napoli, dove solo per il 32 per cento degli immobili in affitto breve è stato richiesto e ottenuto il Cin. A seguire ci sono Firenze (37 per cento), Bologna (48) e Torino (51). Poco distanti Alghero (53), Roma (54), Venezia (57). Milano è la città che ha il miglior dato, con il 67 per cento dei Cin rilasciati.

Sul fronte degli immobili in regola con Cin e altri elementi di sicurezza a Torino sono a posto appena il 2,2 per cento degli alloggi in affitto breve, seguita da Bologna, Napoli e Firenze, con il 5,6 per cento. Catania registra il 6,7, Lecce il 7,8 e Venezia il 10. Milano registra il 17,7 e Roma il 19, il miglior dato in assoluto, ma dentro un triste quadro di dati così fortemente negativi.

Turismo più sicuro e sostenbile

“È una situazione gravissima, che richiede provvedimenti mirati, per rendere più sicuro e sostenibile il turismo nel nostro Paese – scrivono Federconsuamtori, Isscon e Sunia in una nota -. È necessario ripensare un modello che limiti il fenomeno dell’overtourism che sta snaturando le nostre città, con impatti negativi rilevanti sull’andamento dei canoni di locazione per le famiglie e per gli studenti, e con eccessivi carichi sui servizi pubblici locali. Al contempo serve sottoporre a obblighi stringenti i gestori delle strutture e le piattaforme, riportando una vasta parte di questo settore a comportamenti corretti, pienamente rispettosi delle norme di legge”.

Soluzioni alla portata

Per le organizzazioni sarebbe necessario imporre a tutti i portali web e canali di vendita che veicolano affitti brevi l’obbligo di escludere le strutture prive del Cin e delle dotazioni essenziali di sicurezza. Poi bisognerebbe rendere obbligatoria l’indicazione dell’esatto indirizzo dell’immobile, anche come strumento di controllo sociale sugli affitti brevi.

“ Introdurre l’obbligo di indicare, nelle inserzioni in rete, nome e cognome o ragione sociale di chi affitta – prosegue la nota -, e comunque di renderli visibili durante la visita della pagina. Prevedere la sospensione della possibilità di affittare in forma breve appartamenti e camere per chi non rispetta le regole e persino la revoca definitiva dell'autorizzazione, in caso di non ottemperanza e recidiva. Potenziare tutte le attività di controllo, coinvolgendo appieno le amministrazioni locali, e rafforzare le prescrizioni e le misure di controllo anche sulla qualità e regolarità del lavoro in queste attività e in tutte quelle connesse”.

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