Paura della firma, immobilismo delle amministrazioni, strapotere della magistratura che limita la gestione di Comuni e Regioni. Potremmo continuare a lungo in questo elenco di motivazioni che nelle settimane scorse sono state usate per sostenere la bontà della “riforma” del ministro della Giustizia Nordio, appena approvata in via definitiva dal Parlamento, che abolisce il reato di abuso di ufficio. Siamo sicuri sia davvero così?

L’abuso di ufficio era, ormai bisogna definirlo al passato, una fattispecie di reato utile a evitare che chi detenesse un qualsivoglia potere lo usasse non per il bene collettivo ma per interessi di parte, qualsiasi essa sia la parte. Dal docente universitario che, pur non essendo corrotto, favorisce uno studente con pochi meriti a discapito di uno con meriti maggiori, al funzionario pubblico che rallenta alcune pratiche e ne velocizza altre, fino all’amministratore locale che assegna – ad esempio – un appalto a un proprio amico invece che a chi darebbe garanzie di economicità e professionalità maggiore.

Afferma a questo proposito Alessio Festi, responsabile Legalità della Cgil nazionale: “L’abrogazione del reato di abuso d’ufficio indebolisce le cittadine e i cittadini nella possibilità di difendersi dai soprusi delle pubbliche amministrazioni".

Ma c’è di più. Le cronache recenti, purtroppo, sono costellate di indagini e arresti di amministratori pubblici, da quelli regionali a quelli comunali, per corruzione e reati connessi. L’aver soppresso l’abuso d’ufficio indebolisce la capacità della magistratura di contrastare i reati commessi da pubblici ufficiali e regala impunità.

Il commento del presidente dell’Associazione nazionale magistrati è inevitabilmente assai duro. Giuseppe Santalucia, nel corso di Omnibus su La7 ha affermato: “Non vedo limiti alla gogna, ma un colpo di spugna: è l’abrogazione di un reato che ha un suo contenuto importante. Abrogare significa regalare uno spazio di impunità”. Rispetto all’abrogazione del reato ha aggiunto: “È illiberale, perché all’interno di uno Stato liberale i diritti del privato sono centrali. Mentre, in questo caso, siamo tutti soggetti agli abusi del pubblico potere senza poter resistere, senza poter denunciare”.

Se questo è il parere del presidente dell’Associazione nazionale magistrati, ci si aspetterebbe che gli amministratori locali festeggino. E invece no. Avviso pubblico, l’associazione degli enti locali e delle Regioni contro le mafie e la corruzione, all’indomani dell’approvazione definitiva della legge ha affermato in una nota: “Da tempo abbiamo espresso preoccupazione per la scelta di cancellare il reato di abuso d’ufficio perché in controtendenza rispetto alla Convenzione di Merida e alla proposta di Direttiva Ue sulla lotta contro la corruzione che indicano impegni precisi sul tema – come ha ricordato anche il procuratore nazionale antimafia in sede di Commissione parlamentare antimafia nel giugno 2023 – con l’effetto di creare un pericoloso vuoto normativo e di indebolire le indagini contro mafie e corruzione”.

Alessio Festi aggiunge: "Siamo in presenza di provvedimenti contro riformatori. Dietro la scusa del garantismo, si introducono norme che indeboliscono la possibilità di contrastare la corruzione e quindi l'esposizione delle pubbliche amministrazioni all'infiltrazione criminale, anche di stampo mafioso, ancora molto presenti nel Paese come recenti indagini sulla corruzione purtroppo dimostrano”.

Ciò che davvero sconcerta è che mentre nulla o quasi si fa per rendere più efficiente il sistema giudiziario, bisognerebbe - ad esempio - assumere personale amministrativo, cancellieri e magistrati; mentre il processo telematico – a detta di chi lo utilizza – rallenta invece che velocizzare le procedure; mentre si assiste a una proliferazione di norme securitarie ma solo nei confronti dei “poveri cristi” o di quanti protestano nei confronti dei potenti – pensiamo al decreto contro i rave, al decreto Caivano che vuole punire i genitori di ragazzi e ragazze che non frequentano la scuola senza curarsi delle ragioni della dispersione scolastica, o al carcere per chi protesta in strada – si cancellano i reati dei “colletti bianchi” e dei potenti. D’altra parte tutto ciò è assolutamente coerente con il modello di società che la destra al governo vuole strenuamente affermare.

Per il dirigente sindacale “le norme approvate, viste anche in relazione alla riforma costituzionale della giustizia, restituiscono un quadro grave e preoccupante di arretramento del nostro sistema giudiziario. Non servono a velocizzare i processi, non servono a rendere più efficace la pubblica amministrazione, ledono l'autonomia di magistrate e magistrati. Siamo sempre più di fronte a un sistema penale forte con le classi sociali più deboli e garante dell'impunità per i potenti”.

Conclude Festi: “Possiamo affermare che la legge non è più uguale per tutti, come invece sancisce la Costituzione. Come Cgil, proseguiremo la mobilitazione per contrastare queste norme e riaffermare i principi costituzionali”.

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