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Per il ministro Valditara non ci sono motivazioni o difficoltà che tengano: la filiera tecnologico-professionale deve diventare realtà a partire dall’anno scolastico 2024/25.
E dunque: decretazione della sperimentazione quadriennale, in presenza di un disegno di legge ancora in discussione in Parlamento e nonostante il parere contrario e chiarissimo del Consiglio superiore della pubblica istruzione (Cspi); riunioni ministeriali con i direttori regionali; slittamento di scadenze fissate al 30 dicembre, poi portate al 12 gennaio; forzature dei dirigenti scolastici sui collegi dei docenti…
Meno scuola pubblica
Insomma: tutto si può fare per aprire la strada ad uno scellerato progetto di diminuzione della scuola pubblica in quantità e in qualità. Dietro questa ostinata volontà che sta mettendo in crisi anche il funzionamento del meccanismo delle iscrizioni, c’è un progetto ideologico chiaro: mettere la scuola a servizio dei “bisogni formativi dell’impresa”: così viene detto esplicitamente nella legge ancora in discussione.
La scuola non è più l’organo costituzionale che descriveva Calamandrei, ma uno strumento, a basso costo, nelle mani dei privati che diventano “co-progettatori” dell’offerta formativa”. Forse, per chi legge velocemente, queste parole non hanno un grande impatto, ma chi lavora nella scuola sa che progettare l’offerta formativa è l’atto principale delle istituzioni scolastiche, che costruiscono, con specifiche e formali delibere dei collegi docenti, le attività curriculari e non curriculari, a partire dalle Indicazioni nazionali e dagli ordinamenti previsti per i vari indirizzi.
Autonomia differenziata dal basso
Si tratta dell’atto fondamentale che dà senso alle professionalità del sistema di istruzione. È come se, per decidere le strategie di un intervento chirurgico, si chiamasse a co-progettare anche l’informatore scientifico che vende i bisturi e l’anestetico. Siamo al totale svilimento dei ruoli, con riguardo ai docenti, e delle funzioni, con riguardo all’intera istituzione scuola.
Mettere la scuola a servizio dei “bisogni formativi dell’impresa”, oltre che determinare i contenuti della formazione e i soggetti formatori (sono previsti esperti esterni provenienti dalle aziende), significa frammentare i saperi sulla base dell’ambito di riferimento della scuola: un istituto tecnico di Salerno sarà tenuto a non poter più progettare lo stesso curriculo di un istituto di Prato anche se con il medesimo indirizzo: è la fine del sistema nazionale.
Che peso potrà avere il diploma finale? Si va verso la fine del valore legale del titolo di studio. Una frammentazione della formazione scolastica che apre nei fatti all’autonomia differenziata dal basso, proprio dalle scuole, dal sistema di istruzione che tanto ha combattuto e combatterà contro il disegno di legge Calderoli.
Meno ore di scuola
La diminuzione pensata per la scuola non sarà solo qualitativa, ma anche quantitativa perché il primo step pensato dal ministro Valditara è la sperimentazione quadriennale. Una proposta che parla ai ragazzi del nostro Paese, in un momento storico in cui sempre maggiori sono le necessità di approfondimento, cura, riflessione, dicendo loro che sicuramente è meglio restare un anno in meno a scuola, meglio andare a lavorare che perder tempo a studiare!
Non sappiamo più che farcene di una scuola che possa “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
Lo sviluppo della persona umana in quattro anni anziché in cinque, con più Pcto (l’alternanza scuola lavoro, in un mondo del lavoro che è tutto tranne che un luogo sicuro per quindicenni, giovani e inesperti) e più apprendistato e un minor numero di ore da dedicare alla parte generale. E, ancora, nessuna possibilità di dare più insegnanti (magari in compresenza per agevolare gli apprendimenti), più personale e più stabile alle scuole, nessuna idea di un aumento del tempo scuola, con servizi e strutture che consentano alle ragazze e ai ragazzi momenti di studio distesi e arricchenti, nessun incremento dei laboratori, interni alle scuole, sicuri, orientati a imparare facendo, nessuna vera sperimentazione pedagogico-didattica che possa sostenere il difficile mestiere dell’educazione. No, la filiera è solo l’ennesimo spot del ministro di turno che smantella ancora un po’.
La scuola che resiste
Eppure, questo ministro ha la necessità di forzare, di insistere, di rinviare scadenze perché la scuola resiste, anche se non sappiamo quanto potrà farlo con le pressioni che si fanno più forti ogni giorno. È notizia del 9 gennaio una ulteriore forzatura dell’amministrazione: di fronte al flop delle richieste di attivazione del liceo del Made in Italy (altra invenzione del governo Meloni), secondo indiscrezioni di agenzia, pare che il ministero voglia rinviare l’apertura delle iscrizioni dal 18 al 23 gennaio e quindi dare più tempo ai collegi che vorranno attivare questo nuovo liceo.
Caro Valditara, non sarà facile: se la scuola e i docenti sapranno di nuovo guardare alla propria funzione e al proprio ruolo, non potranno ancora che resistere, resistere, resistere!
Graziamaria Pistorino, segretaria nazionale Flc Cgil