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“Fatevene una ragione: avete governato il mondo per tanti anni, adesso è il nostro turno”. È con queste parole che Susanna Camusso, ex segretario generale e ora responsabile delle politiche di genere della Cgil nazionale, ha chiuso tra gli applausi il suo intervento all'assemblea “Si chiamerà Futura”, iniziativa dedicata alla contrattazione di genere, organizzata assieme a Cisl e Uil, che si è svolta oggi (venerdì 8 marzo) a Roma presso l’aula magna del Policlinico Umberto I. Assemblea che ha visto interventi di diverse donne lavoratrici, oltre che della segretaria generale della Cisl Annamaria Furlan e della segretaria confederale della Uil Ivana Veronese.
“Oggi la nostra iniziativa è all'insegna del futuro, perché il futuro è delle donne”, ha detto in apertura dell’intervento, rilevando come siano sempre le donne “alla guida dei grandi movimenti che stanno cambiando la faccia di questo mondo”. E ha fatto alcuni esempi: quello della “ragazza adolescente che in un Paese del Nord ha deciso di stare tutte le mattine fuori al freddo, davanti al Parlamento, per dire che non stiamo facendo nulla per il clima, trascinando con sé gli studenti di tutto il pianeta”, oppure al movimento delle donne “che in America è alla guida di una rivolta necessaria contro l'uso delle armi, una rivolta che forse dovremmo presto organizzare anche qui in Italia”.
Venendo al nostro Paese, Camusso ha evidenziato come alle donne ormai ci si rivolga “con un linguaggio che ha perso il senso delle parole, con una modalità che è quotidianamente discriminatoria e offensiva: un atteggiamento che non siamo disposti ad accettare, pretendiamo rispetto nel linguaggio e nei modi”. E sempre per rimanere nell’attualità, ha dedicato un passaggio all’audizione dei sindacati in Parlamento sul ddl Pillon, un provvedimento che “cancella i diritti delle donne, non tutela i minori, vìola la convenzione di Istanbul, che è figlia della nostra lotta di tutti questi anni alla violenza contro le donne”.
Susanna Camusso è poi entrata nel merito del tema della giornata. “In questi anni di crisi ci siamo difesi, abbiamo lottato affinché non ci fosse la riduzione dell'occupazione, affinché le fabbriche, gli uffici, i call center restassero aperti. Ma quando ci si difende, spesso degli spazi si perdono. E noi abbiamo perso il vedere le differenze, le diversità”, ha spiega l’esponente sindacale: “La contrattazione di genere non è una cosa in più, ma è necessaria anche per affrontare con qualità la crisi che ci attraversa. Le prossime piattaforme devono avere tutte la contrattazione di genere non come ultimo punto, che viene abbandonato alla fine della prima trattativa, ma come elemento fondamentale per intervenire sulle condizioni di lavoro, per cambiare cose molto profonde, a partire dall’idea che il lavoro è quello maschile e poi c'è anche il lavoro delle donne”.
Continuando ad approfondire la contrattazione di genere, Camusso si è concentrata sullo specifico aspetto della conciliazione. “Non può essere considerata nella contrattazione come un elemento che determina che le donne sono un costo maggiore, perché se continuiamo a vederla così alimentiamo il pregiudizio sulle donne al lavoro”, ha illustrato la responsabile delle Pari opportunità della Cgil nazionale, sottolineando che “bisogna cominciare a dire che le politiche di conciliazione sono innanzitutto politiche di responsabilità genitoriale, in cui tutto il carico della cura nel senso generale del termine, che va dalla famiglia ai figli, agli anziani, non può essere solo sulle donne. Gli uomini debbono iniziare a pensare che una parte del loro tempo va dedicata alla cura, e che questo tempo va retribuito, come abbiamo sempre indicato per le donne”.
Il tema della conciliazione porta con sé anche quello del tempo di lavoro, che Camusso coniuga in relazione alle nuove tecnologie. “Il tempo di lavoro oggi è aumentato, chi lavora oggi lavora di più di quanto lavorasse prima della crisi. Ed è un tempo che non è misurato, non sta nel cartellino, perché è il tempo della connessione, dell'essere comunque in linea, del continuare a pensare e fare”, ha argomentato l’ex segretario generale della Cgil: “Quello però è un tempo maschile, perché è il tempo della disponibilità. Quello che fa dire agli uomini: ‘se ritardo nell’arrivare a casa comunque c'è chi ha preparato la cena, se non posso andare a prendere i bambini ci penserà la mia compagna o la nonna, comunque una donna’. Ma se questa disponibilità diventa il metro di misura della carriera, della professionalità, dei livelli di inquadramento, della retribuzione, allora questa è una discriminazione”.
Questa è una grande battaglia da fare, ha aggiunto, perché “noi possiamo avere tutta la qualità, l'istruzione, gli strumenti, l'impegno possibile, ma la questione poi cade sul fatto che il mio tempo va diviso tra tantissime attività, e non c'è la soluzione di scaricare tutto su qualcun altro”. Senza dimenticare, ha così concluso Camusso, che “una delle nostre diversità è anche quella che vorremmo avere del tempo per noi, per la nostra famiglia, per stare con i figli. Ed è una cosa di benessere avere del tempo diverso da quello in cui siamo online per la propria azienda o la propria attività. Noi dobbiamo rivendicare questa qualità della vita, e farla divenire il cuore della contrattazione di genere”.