PHOTO
“Promesse finite nel fango”. Così Massimo Bussandri, segretario generale della Cgil Emilia-Romagna, il 22 settembre scorso in conferenza stampa, ha definito gli annunci del Governo sull’alluvione. A quelle parole non sono seguiti i fatti e resta incerto il futuro delle popolazioni colpite dal disastro. L’incontro con i giornalisti era stato convocato e trasmesso in diretta social per presentare la manifestazione che si sarebbe dovuta tenere oggi, martedì 26 settembre, a Roma, a due passi dal Parlamento. Era tutto pronto per la Cgil, centinaia di cittadini avevano già il viaggio organizzato, con l’obiettivo di arrivare a due passi dai palazzi del potere e far sentire la propria voce. Poi la morte del Presidente emerito Giorgio Napolitano e i funerali di stato previsti proprio per questa mattina hanno fatto slittare la protesta a data da destinarsi. “La manifestazione di martedì 26 a Roma – si legge nella nota diffusa anche sui social - è stata annullata a causa della concomitanza dei funerali di stato del presidente emerito Giorgio Napolitano. La mobilitazione non si ferma, ma proseguirà in altre forme e modi che saranno comunicati presto!”
I temi restano tutti lì sul tavolo. “La promessa della Presidente del Consiglio, quella fatta subito dopo l’alluvione, di assicurare il 100% dei risarcimenti a famiglie e imprese e le risorse necessarie alla ricostruzione, è una promessa mancata – ha detto Massimo Bussandri in conferenza stampa –. Oggi la situazione è questa: i danni stimati in linea di massima subito dopo il disastro secondo la Regione ammontavano a 8,8 miliardi di euro, 8,5 per il governo. Sono dunque fonti istituzionali ad aver fatto questi calcoli. Rispetto a queste cifre il governo dice di aver stanziato già 4 miliardi e mezzo, ma in realtà siamo a 3,7”.
Le priorità della Cgil
La linea espressa dalla Cgil è chiara. Le obiezioni si declinano su tre priorità: le risorse per risarcire i danni e far partire la ricostruzione. Le assunzioni del personale amministrativo necessario a velocizzare il processo di verifica e controllo. La partecipazione del territorio inteso come cittadini, parti sociali, istituzioni e società civile alle decisioni.
(Un momento della conferenza stampa dello scorso 22 settembre)
“Mancano 3,5 miliardi di euro per la ricostruzione privata – denuncia il segretario della Cgil regionale –. Sommando gli stanziamenti della Legge 100 del 31 luglio e quelli del cosiddetto decreto balneare di fine agosto siamo a 600 milioni di euro a disposizione di imprese e famiglie. I danni stimati ammontano a 4 miliardi. E questa carenza di risorse secondo noi rischia di non essere colmata neanche in legge di bilancio, stando alle voci che circolano. Del resto questo quadro è confermato anche dai primi provvedimenti attuativi rispetto ai risarcimenti che stanno per essere messi in campo dalla struttura commissariale. È già uscita la bozza dell’ordinanza per i risarcimenti alle imprese, si parla di una copertura del 100% dei danni, ma solo entro il limite di 40mila euro. Esclusi i risarcimenti per i beni mobili. Se questa traccia vale anche per le famiglie c’è molto poco da stare allegri perché le risorse non coprono il 100% ed escludono i danni a mobilio e arredi che in molti casi sono i più ingenti. Inoltre l’ordinanza rivolta alle famiglie non è nemmeno disponibile in bozza e rischia di essere una ordinanza senza le coperture necessarie”.
L’altro punto grave, sottolinea Massimo Bussandri, è che “non è stato attivato il credito di imposta per ottenere le somme dei risarcimenti. I primi soldi arriveranno ragionevolmente nel 2024 e saranno pochi, insufficienti. Se questa resta la situazione, il rischio che la rabbia sociale esploda nei territori sarà più alto rispetto al momento attuale in cui c’è ancora un clima di attesa”.
“Altro aspetto su cui porre l’accento – dice il segretario della Cgil Emilia-Romagna – è quello che riguarda il personale. È necessario sbloccare i vincoli per le assunzioni delle figure che servono a velocizzare il pagamento dei risarcimenti e la ricostruzione. Personale da mettere in campo per gli enti attuatori, per tutte le strutture pubbliche che esercitano un ruolo. Personale per la verifica e il controllo necessari allo sblocco dei risarcimenti. Perché non si fa la ricostruzione derogando ai vincoli, ai controlli o addirittura alle normative antimafia, si assume il personale che occorre per sbloccare le pratiche”.
Un tema che sta particolarmente a cuore al sindacato è quello della partecipazione. “Abbiamo già scontato i ritardi connessi all’individuazione della struttura commissariale. Adesso cominciamo a scontare i danni derivanti da un modello verticistico. Non è in discussione la struttura commissariale in sé o il commissario Figliuolo, ma la decisione di operare una scelta slegata dal territorio. La scelta del commissario, di non nominare una persona che vive e agisce sul territorio, rischia di estromettere dal processo decisionale le parti sociali, la società civile, i cittadini colpiti. Avremmo avuto bisogno dell’opposto, di suscitare partecipazione e protagonismo dei cittadini, anche per ricostruire ripensando il modello di sviluppo”.
Forlì Cesena
“La nostra mobilitazione - ha detto in conferenza stampa Maria Giorgini, segretaria generale della Cgil Forlì Cesena - è iniziata subito dopo quel terribile 16 di maggio – ha detto Maria Giorgini, segretaria generale della Cgil Forlì Cesena –. La Cgil da allora è sempre stata nei quartieri alluvionati dove la situazione è drammatica ed è persino peggiorata in questi ultimi giorni sulla zona collinare alluvionata colpita da varie frane. La condivisione di questa esperienza dolorosa con le persone ha lasciato una traccia profonda nel sentimento dei nostri dirigenti, funzionari, militanti e iscritti. La nostra Camera del Lavoro si trova nella zona colpita dal disastro, anche noi abbiamo avuto danni e ci sentiamo parte della protesta. C’è una rabbia crescente. Ognuno deve portare il proprio contributo. 4800 persone nel territorio hanno ottenuto un piccolo acconto sul risarcimento, gli sfollati sono oltre 1400 e non c’è un censimento completo, molti si sono appoggiati ai familiari. Dobbiamo urgentemente permettere a tutti di ripristinare le proprie abitazioni e riprendere la propria vita. Il governo ci ascolti, mantenga le promesse. La Presidente del Consiglio è venuta sul nostro territorio e ha annunciato l’intenzione di coprire il 100% dei danni, ma qui non abbiamo visto ancora un euro. Il governo deve lavorare alla messa in sicurezza del territorio. I comuni sono in grande difficoltà, molte strade sono interrotte, le persone non devono avere più paura per quello che succederà all’arrivo delle piogge dell’inverno. Quando il 15 settembre sono arrivate le prime piogge in alcuni quartieri alluvionati si sono allagate di nuovo molte abitazioni, garage, cantine, le persone hanno dovuto ripulire tutto. Il sistema fognario non regge. Tutto è nelle mani del governo che può stanziare le risorse. Noi ci siamo rimboccati le maniche, abbiamo spalato il fango, ma questa è un’emergenza, il governo deve dare delle risposte”.
(QUI la nascita della Cgil Forlì Cesena)
Ravenna
“La nostra provincia - ha detto Marilena Melandri, segretaria generale Cgil Ravenna - è stata interessata per una parte enorme. Abbiamo interi comuni allagati per il 60%, situazioni in cui il 50% delle persone ha subito danni. Non abbiamo ancora una mappatura precisa, ma le famiglie colpite e che al momento hanno fatto domanda per i risarcimenti sono 18mila. Sono numeri importanti, si sta mettendo in crisi un intero territorio, le persone sono stremate, stanche, iniziano ad arrabbiarsi, le risorse non arrivano, le condizioni di vita sono di estrema precarietà. In molti temono che non riusciranno a rimettere a posto la propria casa. Per questo sarebbe importante attivare un meccanismo come il credito di imposta, che consenta intanto di avviare i lavori di ripristino. Resta il fatto che l’idea di impegnare migliaia di euro per ricostruire la propria casa senza avere certezze su ciò che accadrà alle prime piogge ovviamente è terribile e genera panico e incertezza per il futuro.
Ci sono danni alle case popolari per oltre 9 milioni di euro, i soldi per ora bastano appena per una settantina di alloggi su un totale di 700. Poi c’è il tema dell’economia del territorio. Gli allagamenti hanno prodotto danni a colture e terre i cui effetti si protrarranno per anni. Braccianti e lavoratori hanno contribuito a salvare i centri abitati scegliendo in quelle ore drammatiche di allagare la loro terra. Mettergli a disposizione solo 40mila euro non è sufficiente e non ripaga il loro sacrificio. Già questa estate abbiamo rilevato una riduzione del 50% delle giornate di lavoro e una riduzione consistente della produzione. Questa crisi del lavoro agricolo si ripercuote su tutta la filiera del prodotto e sul reddito delle famiglie. Abbiamo aziende del manufatturiero duramente colpite. A Cervia, tanto per fare un esempio, un’azienda con 95 dipendenti ha fermato la propria attività nei giorni dell’alluvione e a oggi non ha ancora riacceso le macchine. Noi ci siamo impegnati fin dall’inizio come Cgil, siamo noi stessi coinvolti con le nostre sedi, abbiamo svolto incontri con le persone, fatto assemblee, sit-in. Il governo deve dimostrare di esserci mettendo le risorse necessarie nei tempi più stretti possibili perché la variabile tempo è fondamentale, da tutti i punti di vista, anche quello psicologico, per gli abitanti di questo territorio”.
(QUI l'iniziativa di mobilitazione a Faenza del 15 settembre scorso)
Imola
“I danni subiti da noi sono importanti - ha detto Mirella Collina, segretaria generale della Cgil Imola -. I sindaci hanno stimato una cifra che si aggira intorno ai 66 milioni di euro. Quasi tutti i comuni sono stati coinvolti. 49 milioni di euro sono solo i danni registrati nella valle del Santerno, la più colpita dagli eventi franosi. In questi comuni le frane sono state oltre 190, un numero incredibile in un territorio così piccolo. Nell’ultima assemblea cittadina che abbiamo fatto pochi giorni fa risultano 83 nuclei familiari ancora sfollati, circa 200 persone, una quota rilevante degli abitanti del territorio. I cittadini sono davvero infuriati perché non si sta facendo nulla. Subito dopo l’alluvione si è partiti con urgenza per poter ripristinare con le risorse dei comuni la viabilità. Poi si è fermato tutto. Anche i cittadini non hanno le risorse per poter proseguire i lavori di ripristino delle loro case. In molti casi le abitazioni sono rimaste in piedi, non hanno subito danni, ma i proprietari non riescono ad accedervi per via delle strade interrotte e delle continue frane. E poi c’è forte preoccupazione per ciò che può succedere nella stagione autunnale e invernale. La ricostruzione doveva ripartire subito, non si doveva aspettare tanto tempo, adesso con le piogge e poi la neve non si sa come si riuscirà a fare”.
(QUI l'intervista video a Mirella Collina)
Bologna
“La situazione nel bolognese è ancora preoccupante - ha detto Mirto Bassoli, della segreteria della Cgil Bologna -. Più di 750 nuclei familiari hanno richiesto il contributo per la sistemazione. Sono persone che hanno subito danni alle abitazioni e chiedono risarcimenti. E sono dati ancora parziali. A questo va aggiunto che il famoso allegato A del primo decreto ricomprendeva specificamente solo alcuni comuni o frazioni e poche aree marginali della città, lasciando fuori una parte del territorio comunque coinvolto da frane, allagamenti e interruzioni stradali. E si è scelto dal governo di non aggiornare quell’allegato, tagliando di fatto fuori dalla possibilità di risarcimenti centri abitati come Marzabotto, per fare solo un esempio. Questi centri non hanno potuto accedere a benefici come quelli previsti per il pagamento dei mutui, delle utenze, che riguardano la fiscalità, pensati per alleggerire chi era stato colpito ed era in difficoltà. Decine di interruzioni della viabilità, centinaia di frane, alcune situazioni gravi. Siamo molto preoccupati perché questa situazione ha riportato indietro le lancette dell’orologio rispetto a lavori importanti fatti nel recente passato per rispondere alla fragilità del territorio appenninico, una fragilità non solo idrogeologica, ma anche economica e sociale, che portava a una tendenza cronica di spopolamento delle aree montuose, nonostante il lavoro fatto su alcune grandi vertenze come quella vinta dal sindacato alla Saga Coffee. Tutto ora rischia di essere compromesso dalle conseguenze dell’alluvione”.