La Costituzione è oggi sotto attacco e Medicina Democratica partecipa convintamente a “La via maestra” e al percorso promosso da Cgil e dalle associazioni, iniziato con la manifestazione a Roma del 24 giugno scorso in difesa del servizio sanitario nazionale. Tuttavia deve essere chiaro che la Costituzione fu un compromesso tra il pensiero liberale, quello cattolico e quello del movimento operaio socialista e comunista, e che solo i rapporti di forza sociali fanno prevalere una visione sull’altra tra i vari articoli e nella loro concreta applicazione.

D’altronde Medicina Democratica e servizio sanitario sono coetanei: sono nati entrambi negli anni Settanta, dalle lotte di due decenni del movimento operaio e democratico: dei lavoratori contro la nocività in fabbrica, delle donne e delle femministe per la salute, degli ambientalisti e degli studenti per cambiare l’università. Md non è un centro studi, ma un movimento di lotta per la salute, come indicato da Giulio Alfredo Maccacaro, Giovanni Berlinguer, Franco Basaglia e L. Conti.

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Quel servizio sanitario oggi è oggetto di un attacco iniziato negli anni ‘90 e proseguito con governi di centrodestra e di centrosinistra, nazionali e regionali. Una vera controriforma, basata sull'aziendalizzazione, simboleggiata dalla figura monocratica, autoritaria e anacronistica del direttore generale, la regionalizzazione con 21 Ssr, con la modifica del titolo V della Costituzione e la scellerata autonomia regionale differenziata, la riduzione della spesa sanitaria e dei posti letto, in ossequio ai parametri di Maastricht, fino al pareggio di bilancio in Costituzione e infine il Pnrr e le case della comunità, che senza personale sono scatole vuote.

Questa situazione si può sintetizzare nel blocco delle assunzioni nelle aziende sanitarie, mentre non si è bloccata la spesa per beni e servizi che con esternalizzazioni, accreditamenti e convenzioni con i privati, oggi rappresenta il 50 per cento del Fondo Sanitario Nazionale, con punte del 90-95 pre cento per lungodegenza, riabilitazione, Rsa, hospice, assistenza domiciliare.

La mancata prevenzione negli ambienti di vita e di lavoro, in tutte le politiche, a iniziare da quelle ambientali, è alla base delle morti sul lavoro, del dissesto idrogeologico, delle patologie e morti evitabili causate dall’inquinamento.

Per questa ragione va detto che se è giusto chiedere l’aumento del Fondo sanitario nazionale, questo va destinato a un piano straordinario di assunzioni del personale delle aziende sanitarie e conseguentemente vanno bloccate esternalizzazioni, accreditamenti e convenzionamenti con i privati reinternalizzandoli. Va superato il numero chiuso nei corsi di laurea di medicina, delle professioni sanitarie e nelle specializzazioni, adeguando strutture e programmi, perché tra un po’ non ci saranno più operatori sanitari. 

Va realizzata una riforma radicale delle sanità territoriali con il passaggio alla dipendenza della medicina di base convenzionata: medici di medicina generale, pediatri di libera scelta e specialisti ambulatoriali. Il motivo è semplice: con una popolazione con sempre più anziani che per il 30 per cento è composta da malati cronici e per un 10 per cento di non autosufficienti, come può un medico di base con in media mille assistiti seguire 300 cronici e 100 non autosufficienti? La remunerazione del medico di famiglia non può più essere basata sul numero di assistiti.

Inoltre, chiediamo al sindacato un ripensamento sulle assicurazioni nei Ccnl, che con la deducibilità fiscale sottraggono ulteriori risorse al Ssn, foraggiando quel meccanismo iniquo che è l’intramoenia. E infine, vi è necessità di maggiore democrazia nelle aziende sanitarie attraverso la partecipazione alle decisioni, da parte dei lavoratori e dei cittadini.

In questo senso va il nostro percorso che cerca di connettere le realtà e le lotte che sul territorio nazionale sono impegnate per la salute e la sanità pubblica attraverso il percorso dei congressi e della rete per la salute con la loro specifica piattaforma.

Edoardo Turi, Medicina Democratica