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Quattro metri di acqua e fango dentro la banca, una filiale del Ravennate in una delle zone più colpite dall’alluvione. Solamente la Cassa di Ravenna, per fare un esempio, ha dovuto chiudere una ventina di filiali su 45 chiuse per quasi una settimana, perché allagate oppure irraggiungibili, vista anche l’impraticabilità di diversi ponti che portano in città. Due sedi rimarranno chiuse per un periodo perché colpite dalle frane e altre due è già previsto che rimarranno chiuse per mesi.
Anche i lavoratori del settore bancario sono alle prese con la chiusura dei loro luoghi di lavoro e “ogni istituto ha affrontato l’emergenza in modo diverso”, ci spiega Glaviano Giunchedi, rls Fisac Cgil e segretario provinciale del sindacato. Per tutti la riapertura sarà graduale, ma intanto “è stato raggiunto un accordo sindacale che prevede, per i giorni di assenza effettuati dai lavoratori, l’utilizzo di permessi retribuiti non previsti dai contratti di primo e secondo livello”.
Giunchedi ci conferma quanto abbiamo potuto vedere dalle immagini che ci sono giunte in questi giorni: “Giovani e meno giovani, in una corsa contro il tempo, stanno spalando per rimuovere il fango intanto che è ancora bagnato, poiché, dal momento in cui si seccherà, diverrà duro come il cemento e quindi impossibile da rimuovere.
Il vantaggio delle banche, in questa situazione di emergenza, starebbe anche nell’utilizzo dello smart working, al quale sono già avvezze anche in seguito alla pandemia da Covid. I sindacati di categoria Fabi, First Cisl, Fisac Cgil, Uilca e Unisin hanno chiesto con una lettera all’Abi di “garantire alle lavoratrici e ai lavoratori il lavoro agile”, oltre alla possibilità di fruire di permessi retribuiti per calamità e quella di rateizzazioni e/o sospensioni di mutui e prestiti per gli stessi motivi.
Giunchedi spiega però che lo smart working è attualmente bene organizzato negli uffici dirigenziali, meno invece nelle filiali perché applicato principalmente al lavoro di gestione del credito. Inoltre consiste in un ostacolo “la mentalità dei dirigenti, con un approccio antico che li porta a sostenere che stando a casa si lavora poco. Affermazione che non ha invece fondamento perché, anzi, il lavoro a distanza porta a dilatare i tempi di impegno lavorativo”. Passata la pandemia, ha incontrato alcuni ostacoli un auspicabile ragionamento approfondito su questa modalità di lavoro per metterla a sistema.
Infine, e torniamo agli ingenti danni fatti dall’alluvione, Giunchedi fa presente che “quando un’abitazione va sott’acqua, viene allagata, la prima cosa da staccare sono le linee elettriche, quindi anche chi avrebbe potuto lavorare da casa non ha potuto farlo per la mancanza di qualsiasi collegamento. Molti sono coloro rimasti completamente isolati senza corrente”.