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Alle ore 17.00 del 24 luglio 1943 i 28 membri del Gran consiglio del fascismo che non si riuniscono dal 1939 si incontrano a Palazzo Venezia per votare l’ordine del giorno che porrà fine al ventennio fascista mettendo in moto il meccanismo che avrebbe portato all’uscita dell'Italia dalla Seconda guerra mondiale e all’inizio della Resistenza.
Per tutta la giornata del 25 luglio verrà mantenuto uno strettissimo riserbo su quanto accaduto; solo alle 22:45 sarà data dalla radio la notizia della sostituzione del capo del governo. “Sua maestà il re e imperatore - verrà ufficialmente comunicato - ha accettato le dimissioni dalla carica di capo del governo, primo ministro, segretario di Stato di sua eccellenza il cavaliere Benito Mussolini, ed ha nominato capo del governo, primo ministro, segretario di Stato, il cavaliere, maresciallo d’Italia, Pietro Badoglio”.
Meno di due mesi più tardi, il 3 settembre, viene stipulato l’armistizio con gli alleati divulgato cinque giorni dopo.
Le parole pronunciate con voce ferma dal maresciallo Badoglio alle 19 e 42 dell’8 settembre 1943 dalla sede dell’Eiar, l’allora radio di Stato, sono ormai consegnate ai libri di storia: “Il governo italiano riconosciuta l’impossibilità di continuare un’impari lotta contro le forze soverchianti avversarie e nell’intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla nazione, ha chiesto l’armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze anglo-americane. La richiesta è stata accettata. Conseguentemente, ogni atto di ostilità da parte delle forze italiane contro gli eserciti alleati deve cessare in ogni luogo. Le forze italiane però reagiranno agli attacchi di qualsiasi altra provenienza”.
Comincia per l’Italia la Resistenza al nazifascismo.
“L’8 settembre - annotava sul proprio journal de guerre un giovanissimo Bruno Trentin - mio padre era a casa dei suoceri, mio fratello a casa di amici. Io passeggiavo per caso sulla piazza principale di Treviso. Si era radunata una folla confusa e incerta. Corrono delle voci: la Pace… la Pace!… Voci, ma nessuno ne sa niente. Tutto a un tratto, un uomo compare a un balcone e urla: ‘Italiani! Una grande notizia… Armistizio!… la guerra del fascismo è finita!… Vendetta contro quelli che vi ci hanno trascinato!’. La gente grida di gioia, i soldati si abbracciano, si corre per le strade, si canta. Io, tremante, tesissimo, mi precipito attraverso il dedalo delle viuzze sporche della città bassa e in cinque minuti sono a casa di nonno. Irrompo nella stanza in cui mio padre sta discutendo con alcuni amici; grido: ‘Badoglio ha firmato l’armistizio!’. Mio padre si alza in piedi, grave, senza inutili esplosioni di gioia; si guardano tutti tra loro… È la guerra che comincia!…. La guerra vera per l’Italia vera”.
Con l’8 settembre ha avvio la rinascita dell’Italia. Sarà grazie al sacrificio di decine di migliaia di partigiani e partigiane, di militari deportati o uccisi dai tedeschi, che il nostro Paese tornerà ad essere libero.
“L’insurrezione vittoriosa di tutto il popolo dell’Italia del Nord, il 25 aprile 1945 - affermava Giuseppe Di Vittorio in occasione del primo anniversario della Liberazione - realizzò la premessa essenziale della rinascita e del rinnovamento democratico e progressivo dell’Italia, come della sua piena indipendenza nazionale. È per noi motivo di grande soddisfazione ricordare che a questo movimento di riscossa nazionale, il contributo più forte e decisivo fu portato dai lavoratori italiani. Furono gli operai, i contadini, gli impiegati ed i tecnici che costituirono la massa ed il cervello delle gloriose formazioni partigiane e di tutti i focolai di resistenza attiva all’invasore tedesco. Chi può dire se la clamorosa vittoria del 25 aprile sarebbe stata possibile, senza gli scioperi generali grandiosi che, dal marzo 1943, si susseguirono, a breve distanza, sino al 1945? Quegli scioperi, che contribuirono fortemente a paralizzare l’efficienza bellica del nemico ed a sviluppare la resistenza armata, costituiscono un esempio unico e glorioso di lotta decisa dalla classe operaia sotto il terrore fascista, sotto l’occupazione nazista ed in piena guerra. È un esempio che additava il proletariato italiano all’ammirazione del mondo civile! I lavoratori italiani, manuali ed intellettuali, non dimenticano. Essi hanno piena coscienza di essere stati il fattore determinante della liberazione dell’Italia, per opera degli italiani; della salvezza. Dell’onore dell’Italia e dell’attrezzatura industriale del Nord. Essi sono consapevoli dell’obbligo che si sono assunti di essere un pilastro basilare della nuova Italia democratica”.
Un obbligo che continuiamo a sentire nostro. Oggi come ieri.