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L’anno scolastico che verrà dovrà essere “sicuro” e garantire un livello di istruzione per le nostre ragazze e i nostri ragazzi adeguato alle sfide del futuro. Insomma, una risposta alla pandemia, ma non solo: bisogna guardare avanti e risolvere nodi antichi del nostro sistema di formazione, a partire dal precariato e della “classi pollaio”, elementi essenziali per un’offerta didattica di qualità. Alla vigilia della ripresa – che il ministro Bianchi ha garantito in presenza – incontriamo la vice segretaria generale della Cgil, Gianna Fracassi, che ha la delega per istruzione e formazione, per fare il punto sulla situazione che presumibilmente ci aspetta per i prossimi mesi. “Il protocollo che abbiamo siglato e di cui chiediamo un’applicazione rigorosa – ci dice – ribadisce la necessità del distanziamento, dei dispositivi di protezione e dell’igienizzazione degli ambienti. Per noi si tratta di aspetti imprescindibili per una scuola in presenza, anche alla luce della contagiosità della variante delta e, aggiungo, senza interpretazioni unilaterali ”.
L’estate ha visto l’ennesima polemica sul personale della scuola rispetto ai vaccini...
Già a luglio era evidente come questa polemica fosse del tutto priva di fondamento, visto che il suddetto personale era già praticamente tutto vaccinato e i dati di questi giorni ( 92% del personale vaccinato) ce lo confermano. Insomma: aver fatto passare la scuola come un covo di no-vax è stato veramente, a dir poco, ingeneroso, oltre a non aver riconosciuto il grande senso responsabilità e l'impegno di tutto il personale dai docenti ai dirigenti al personale Ata nei mesi più difficili della pandemia.
Con la firma del protocollo sulla sicurezza possiamo dire che è stato fatto tutto ciò che si doveva fare?
Non proprio. Sulla sicurezza nella scuola pesano fattori esterni e su questo purtroppo continuiamo a registrare forti ritardi. Penso in particolare al tema del trasporto pubblico locale, soprattutto nelle grande città: misureremo presto gli impegni presi dal governo su questo terreno.
Classi pollaio: difficile garantire un’effettiva sicurezza in aule con troppi alunni...
Anche questo è un tema cruciale e che non riguarda solo quello fondamentale della sicurezza. Che qualità didattica posso offrire in una classe in cui ci sono 30 alunni? Pure in questo caso sono stati annunciati provvedimenti che non si sono mai concretizzati. L’emergenza sanitaria poteva essere l'occasione per intervenire, ma non è stata sfruttata. Uno strumento per intervenire lo abbiamo, il Pnrr, che mette parecchie risorse su questo capitolo e anche sul cosiddetto dimensionamento scolastico.
E poi i precari: i sindacati ne stimano ancora 200.000, nonostante si siano banditi vari concorsi.
Un po’ di immissioni in ruolo ci sono state, ma in quantità totalmente inadeguata rispetto alle necessità. Stiamo parlando di poco più della metà dei posti disponibili. Se non si parte dal personale docente e Ata, assunto stabilmente e adeguatamente valorizzato, si possono avere aule meravigliose e digitalizzate, ma scarse possibilità di qualificare realmente il sistema dell’istruzione e della formazione. In totale il prossimo anno scolastico avremmo ad esempio almeno il 20% del personale docente precario. Non è questo il primo problema da risolvere?
Prima citavi il Pnrr. A che punto siamo rispetto alla scuola?
C’è una questione seria che riguarda la governance: i sindacati vogliono dire la loro sulle risorse e sul modo in cui verranno utilizzate. Nel decreto semplificazioni e governance il Parlamento ha previsto, modificando il testo precedente, un protocollo nazionale che dovrà definire i livelli di partecipazione, cioè il confronto preventivo con le parti, appunto, su investimenti e riforme sia a livello nazionale che territoriale. Nei giorni scorsi i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil hanno inviato una lettera al presidente del Consiglio per sollecitare l'avvio di un confronto su questo protocollo. È un tema molto importante per la Cgil: per affrontare le sfide economiche che abbiamo davanti, l’innovazione, la transizione ambientale, servono livelli di istruzione più elevati di quelli che abbiamo – in Italia registriamo il 28 per cento di laureati contro un media europea del 44 – per questo chiediamo l'innalzamento dell'obbligo a 18 anni e - aggiungo - è strategico un sistema di formazione permanente che renda possibile una costante riqualificazione del lavoro in vista dei continui mutamenti. Inutile specificare che questo sistema per noi deve essere pubblico. Per tutto questo, il Pnrr se adeguatamente “governato” e indirizzato può essere uno strumento fondamentale, anche soprattutto per ridurre i divari territoriali e sociali.
Talvolta si ha l’impressione che in questa situazione così complessa e piena di rivolgimenti – quale è quella prodotta dalla pandemia – riemergano vecchie tentazioni. Qualche giornale riportava il riaffiorare di un tema fortemente osteggiato e sconfitto nei mesi scorsi dai sindacati: quello dell’autonomia differenziata...
Sarebbe una iattura e come tale da respingere drasticamente. La pandemia ha dimostrato proprio il contrario, e cioè che su versanti come sanità e scuola occorre ridefinire un forte ruolo centrale dello Stato. Quindi ribadiamo il nostro “no” netto a ogni forma di regionalizzazione della scuola. Purtroppo però le tentazioni non si fermano a questa.
Cosa intendi?
Nella bozza del Family Act è presente l’ipotesi di un finanziamento indiretto alle scuole private attraverso detrazioni fiscali per chi, avendone la possibilità, decide di mandare i propri figli a frequentare scuole medie e superiori in istituti privati. Attenzione: non stiamo parlando della scuola dell’infanzia – dove il sistema è misto – ma di tutto il sistema. Così facendo si farebbe un’operazione che non aiuta affatto le famiglie più bisognose, che invece hanno bisogno non di detrazioni ma di più servizi. È un’operazione neoclassista che va respinta con forza. E mi pare neanche in linea con le previsioni costituzionali.
Quali sono, per il sindacato, i prossimi impegni?
Direi due. Oltre al Pnrr con gli investimenti e le riforme previste, l’attuazione del Patto per la scuola, che va nella giusta direzione di un rafforzamento dell’istruzione pubblica e poi, naturalmente, il rinnovo del contratto di lavoro che per noi è fondamentale per la valorizzazione effettiva – aldilà delle parole – del personale della scuola. Soprattutto dal punto di vista salariale, visto che i nostri insegnanti come è ormai stranoto sono tra i meno pagati in Europa. Dalla legge di bilancio su questo ci aspettiamo delle risposte.