“Serve una produzione straordinaria per rispondere alla domanda mondiale di vaccini. Perché la pandemia cambia le regole, e se un'azienda detentrice del brevetto si rifiutasse, potrebbe addirittura essere perseguita per abuso di posizione dominante”. È l'opinione espressa recentemente sulla produzione di sieri anti-covid da due economisti italiani: Antonio Nicita e Ugo Pagano.
“Di fronte a una carenza di vaccini a livello globale, c'è da chiedersi quali siano le cause – dice a Collettiva Pagano, docente di politica economica all'Università di Siena, dove è anche direttore del dottorato in economia e presidente della Santa Chiara Graduate School -. Oltre alle cause più scontate, come il tempo minimo necessario alla produzione, ci sono infatti anche motivi legati al sistema produttivo e alle istituzioni. Innanzitutto c'è un problema di segretezza nell'elaborazione del farmaco, che oggi ci mette in una situazione di sostanziale monopolio brevettuale, rafforzato dalla regolamentazione vigente. Questo implica che chi prima arriva alla formulazione e ai test positivi sul siero, in qualche modo blocca tutti gli altri.
Un'azienda che volesse mettere a disposizione pezzi di filiera per collaborare alla produzione di vaccini e anticorpi monoclonali cosa dovrebbe fare?
Oggi le aziende che hanno dei brevetti stanno guadagnando moltissimo, anche grazie ai fondi pubblici che sono stati erogati per per produrli. Facendo sperimentazione per primi, hanno però bloccato lo sviluppo dei prodotti degli altri. E ora godono, in Europa e negli Stati Uniti, di una situazione di sostanziale monopolio.
Cosa fare, quindi?
Agire solo sui brevetti non è sufficiente. Si prenda per esempio i vaccini mRNA. La piattaforma si avvale anche di un monopolio tecnologico e produttivo, ed esistono pochi impianti adeguati a produrli, mentre numerose caratteristiche del processo costituiscono segreto industriale. La loro presenza, poi, finisce con lo scoraggiare e rendere difficile la sperimentazione di altri vaccini. Le strade percorribili sono quindi molte. Alcune sono previste semplicemente dal Wto, per il quale in situazioni di emergenza è possibile sospendere i brevetti. Ma potrebbe intervenire persino l'antitrust italiano. Perché in una situazione di eccesso di domanda, quando il detentore della licenza non riesce a soddisfarla e non la condivide, c'è un abuso di posizione dominante.
Data l'emergenza sanitaria, insomma, il diritto di ogni cittadino alla cura confligge oggi con il legittimo profitto delle aziende con la tutela della concorrenza?
Non è nemmeno una questione di concorrenza o di diritto alla salute. A questo punto, se vogliamo, possiamo parlare addirittura di una questione di sicurezza nazionale. In fondo le società farmaceutiche hanno finora mostrato di investire solo in tecnologie proprietarie, che poi magari gli servono per produrre altri farmaci. Su altre cose un po' più rischiose, come le malattie rare, non lo fanno. Così come non investono su farmaci poco redditizi. Per questo l'intervento pubblico oggi è fondamentale. Quello che serve è una condivisione attiva delle conoscenze. Con adeguati incentivi pubblici bisogna indurre chi sa produrre i vaccini innovativi a insegnare ad altri come farlo. Solo così potremo affrontare l'emergenza.
Per risolvere la carenza di vaccini, insomma, serve produrli su licenza. E farlo in fretta.