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I camion e gli autobus di Iveco potrebbero essere venduti al gruppo cinese Faw. Cnh Industrial ha una trattativa preliminare in corso, ma sono ancora da definire il perimetro e le modalità dell’operazione, che può essere di natura societaria o industriale. La conferma delle notizie stampa è arrivata nell’incontro che i sindacali hanno avuto ieri (7 gennaio) con la controllata da Exor, holding della famiglia Agnelli, chiesto da Fim, Fiom, Uilm, Fismic, Uglm, Associazione Quadri proprio per avere chiarimenti sui contatti tra le due case automobilistiche.
“Data l’importanza della vicenda e le preoccupazioni emerse, abbiamo chiesto di essere pienamente informati e coinvolti in modo tempestivo – spiegano le organizzazioni metalmeccaniche in una nota -. Le aziende che hanno profonde radici nel tessuto industriale ed economico del nostro Paese e che rappresentano un’eccellenza in settori strategici come la mobilità e le motorizzazioni, sono oggetto sempre più spesso di acquisizioni straniere”. Da queste operazioni nascono le preoccupazioni: un’eventuale acquisizione implica potenziali rischi occupazionali e industriali e un conseguente impoverimento dell’Italia.
“Al responsabile delle relazioni industriali del gruppo abbiamo detto che i sindacati non possono e non devono apprendere queste notizie dalla stampa – spiega Simone Marinelli, coordinatore Fca, Cnh e Marelli per Fiom Cgil -, abbiamo chiesto che ci sia un confronto nelle prossime settimane e che questo confronto sia spostato in una sede istituzionale, al ministero dello Sviluppo economico”. Proprio al Mise a marzo scorso i sindacati hanno sottoscritto un accordo quadro che nasce dalla riorganizzazione che Cnh Industrial intende realizzare e che coinvolge anche alcuni stabilimenti Iveco. Come quello di Pregnana Milanese, oggetto di reindustrializzazione, che con molta probabilità sarà chiuso e ceduto, quello di San Mauro, alle porte di Torino, riconvertito a polo logistico, il sito di Brescia dove si fanno veicoli commerciali pesanti, che diventerà il centro produttivo dei motori e dei componenti elettrici, con l’applicazione di nuove tecnologie destinate a essere la punta di diamante a livello europeo. L’accordo mette in sicurezza gli stabilimenti in Italia, fissa garanzie occupazionali, prevede investimenti.
“Questa intesa è scritta nero su bianco – precisa Marinelli – ed è la base di partenza per qualsiasi scelta che Cnh farà rispetto alle interlocuzioni con la casa cinese. Riguarda gli stabilimenti di assemblaggio ma anche quelli che fanno motori per tutto il gruppo. E se la società Fwa Jiefang dovesse acquisire anche la divisione motori, la Fpt, questo potrebbe avere ripercussioni su tutte le attività. Sul lungo periodo si può quindi porre un problema di prospettive di sviluppo e occupazionali, che deve interessare non solo il sindacato ma tutto il sistema Paese. L’impatto di qualunque tratattiva, che porti a una joint venture o a cessione di quote, va quindi verificata in sede istituzionale”.