Progettiamo il rilancio, ambizioso come titolo e come progetto. Il governo ha presentato ieri ai sindacati un lungo elenco di temi su cui giocarsi tutto: la ricostruzione del Paese, le ingenti risorse a disposizione, la sua credibilità. Una lista d’intenti in cui accanto a generici titoli da trasformare in qualcosa di davvero concreto – piano nazionale per l’acciaio, riforma fiscale, salario minimo - si trovano proposte persin troppo dettagliate – e-book guida per le Pmi, la centralizzazione degli acquisti di forniture per l’amministrazione pubblica, un centro di produzione di batterie elettriche a Torino. Alla fine dell’incontro con Cgil, Cisl e Uil, dopo gli interventi di Conte, Patuanelli, Gualtieri, De Micheli e altri ministri, il presidente del Consiglio ha chiesto a Landini, Furlan e Barbagallo di “spedire al governo” i loro appunti per contribuire a rendere concreto quelle che sono ancora solo intenzioni.
I leader sindacali hanno apprezzato il metodo, chiesto di discutere prima che le decisioni siano prese e non dopo, dato disponibilità al confronto e fatto le loro osservazioni, ciascuno a modo suo: Landini proponendo di affrontare i singoli capitoli, per arrivare – dove possibile – a “protocolli d’intesa”; Furlan arrivando a perorare un patto sociale; Barbagallo chiedendo di unificare il Paese, oltre le divisioni della politica.
Il segretario generale della Cgil ha dato un’impostazione tutta contrattuale al suo intervento. Ha iniziando sottolineando che “bisogna fare i conti con gli errori del passato”, con esplicito riferimento alla diffusione della precarietà, all’assenza di un ruolo d’indirizzo pubblico dell’economia e chiedendo su questo “una chiara cesura, cancellando le leggi sbagliate sul lavoro, perché i diritti e le tutele devono essere uguali per tutti”, per impedire che la competizione venga fatta “scegliendo tra chi costa meno”. Oggi, di fronte all’emergenza post-Covid è necessario “usare le risorse che avremo a disposizione per far sì che lo Stato possa indirizzare le scelte e abbia anche una presenza diretta sui terreni principali su cui ricostruire il Paese”.
Politiche industriali, salute e formazione, infrastrutture, turismo e cultura, questi i terreni su cui l’attore pubblico dovrebbe concentrare risorse e attenzioni, e in tutti i campi con due “parametri imprescindibili” quello del rispetto dell’ambiente con le sue risorse limitate da non sprecare e quello dell’innovazione tecnologica con la digitalizzazione. Un piano per la mobilità che intrecci tutti i comparti produttivi e di servizio del trasporto pubblico e privato e una modernizzazione della pubblica amministrazione sono due “traduzioni urgenti di quest’impostazione” che il sindacato propone al governo.
Landini ha poi elencato altre centralità sul terreno delle tutele del lavoro: dal blocco dei licenziamenti alla riforma in chiave universale degli ammortizzatori sociali; dalla riduzione degli orari di lavoro individuali al rinnovo dei contratti nazionali come strumento per gestire le nuove forme di lavoro (a partire dallo smart working) – con annessa cancellazione per legge dei contratti pirata attraverso una norma sulla rappresentanza e il valore erga omnes dei contratti; dall’investire sulla sanità - non solo come tutela sociale ma anche come fattore di sviluppo in una logica di “cura” del lavoro – a una vera riforma delle pensioni, fino ai nodi strategici di scuola e formazione.
Infine, l’affondo sulle infrastrutture: sono urgenti per creare posti di lavoro, ma bisogna sapere scegliere e privilegiare la tutela del territorio e delle persone. Una critica non troppo velata alla logica delle grandi opere ed estremamente esplicita alle ipotesi – sempre negate ma mai sepolte – di cancellare il codice degli appalti. A chiudere un pro-memoria sui diritti fondamentali e le regolarizzazioni dei lavoratori stranieri, perché ci sono due leggi da cancellare, per rendere cittadini i lavoratori migranti: i decreti sicurezza e la Bossi-Fini. Meglio non dimenticarsene.