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“Zero Discrimination Day”. Questo il titolo originale, per così dire, della Giornata mondiale contro le discriminazioni, che ricade oggi sabato 1° marzo. La ricorrenza è stata istituita dall’Onu insieme ad altre organizzazioni internazionali, celebrata per la prima volta nel 2014 e giunta quindi all’undicesimo anno. È l’occasione per dire no alla discriminazione in ogni sua forma: razziale, etnica, sessuale, di genere, di età, sul luogo di lavoro. Sia nel mondo reale che online.
Lo slogan scelto per quest’anno è “We Stand Together”. Un messaggio che gli organizzatori hanno voluto lanciare, per suggerire che ogni discriminazione non “cammina” da sola, ma vanno combattute tutte insieme, all’insegna dell’unione e della solidarietà tra le fasce più deboli per arrivare al pieno rispetto dei diritti.
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Tre le più colpite donne e persone LGBTQ+
In prima fila, come sempre, tra i promotori c’è l’Unaids, ossia l’organizzazione contro la discriminazione contro le persone affette da HIV/Aids. È proprio la sigla che riassume il senso della giornata: “Gli attacchi ai diritti delle donne, delle persone LGBTQ+ e di altre comunità emarginate o minoritarie sono sempre più frequenti – affermano -. Leggi e pratiche discriminatorie basate su genere, orientamento sessuale, status migratorio, uso di droghe o status HIV possono ostacolare l’accesso di queste comunità a servizi sanitari e sociali fondamentali, compromettendo i loro diritti”.
Lotta all’HIV, bisogna fare di più
Unaids ha poi ricordato gli ostacoli significativi che ancora oggi esistono nella lotta all’HIV: ovviamente le discriminazioni, ma anche i tagli ai finanziamenti, l’ostilità politica e la tendenza a criminalizzare.
L’organizzazione “esorta governi, donatori e partner a rispettare gli impegni assunti per sostenere le organizzazioni comunitarie e costruire risposte sostenibili all’HIV, assicurandosi che: i servizi vengano forniti senza discriminazioni; le organizzazioni possano registrarsi e ricevere finanziamenti adeguati e sostenibili; venga garantito il supporto alla fornitura di servizi sanitari rivolti a gruppi vulnerabili ed emarginati; siano sostenuti e finanziati i programmi di monitoraggio del rispetto dei diritti umani”.
Discriminazione e come riconoscerla
Da parte sua, la Croce Rossa ha riassunto le principali forme di discriminazione e come riconoscerle. “A scuola, al lavoro, in ospedale, ancora oggi la discriminazione colpisce un incredibile numero di persone – ha spiegato -. L’obiettivo della giornata è quello di valorizzare le diversità. Se da un lato il mondo sta diventando sempre più ‘unito0 grazie allo sviluppo della tecnologia e delle comunicazioni – infatti -, dall’altro il timore del diverso e la conseguente discriminazione rimangono assai diffusi”.
Lavoro, una persona su due discriminata al colloquio
La discriminazione, purtroppo, si consuma anche ogni giorno sul lavoro. E ancora prima, nel momento del colloquio. Lo ha ricordato nei giorni scorsi un sondaggio pubblicato da People Management. Secondo il poll del magazine britannico condotto su 4.000 adulti, infatti, una persona su due dichiara di aver subito discriminazione sul posto di lavoro o durante la selezione. I principali fattori di esclusione sono età, genitorialità e disabilità.
Anche qui sono particolarmente discriminate le donne. Un’intervistata su dieci ritiene di aver perso un ruolo a causa del proprio genere, rispetto al 5,2% dei colleghi. Il “problema” più diffuso riguarda comunque l’ageismo, ovvero la discriminazione di persone in base all’età: il 15% ritiene infatti che la data di nascita impedisca loro di assicurarsi un lavoro.
Risulta inoltre rilevante la discriminazione nei confronti di genitori o caregiver: tra coloro che hanno figli o figlie a carico o che si prendono cura di parenti anziani o disabili, quasi un terzo (30%) ritiene di aver subito discriminazioni. Insomma, la Giornata mondiale è anche la data giusta per ricordare che c’è ancora molto da fare.